Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4899 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4899 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 04/10/1984
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del TRIBUNALE di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sei:a-4e le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME chiede dichiararsi l’inammissibil ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso il provvedimento del 12 settembre 2023 del Tribunale di Messina che, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen. l’inammissibilità della richiesta di applicazione disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo a reati giudicati con più sentenze di condanna.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che l’istanza era una m riproposizione di precedenti istanze già valutate dal medesimo Tribunale Messina, quale giudice dell’esecuzione, nell’ambito dei procedimenti esecut individuati con SIGE nn. 223/2022 e 144/2023.
Il ricorrente, dopo aver formulato istanza di rimessione in termini ex art. 175 cod. proc. pen. per proporre impugnazione, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 671 e 666, comm cod. proc. pen., e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, perché giudice di merito avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibilità della richie senza considerare che la nuova istanza aveva avuto a oggetto, per motivi differe rispetto a quelli già valutati, la richiesta di applicazione della discip continuazione tra tutti í reati oggetto delle sentenze di condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In tema di incidente di esecuzione, si sensi dell’art. 666, comma 2, cod. p pen., «se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condiz di legge ovvero costituisce una mera riproposizione di una richiesta già riget basata sui medesimi elementi, il giudice o il presidente del collegio, sen pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato, che è notifi entro cinque giorni all’interessato. Contro il decreto può essere proposto r per cassazione».
Nel caso di specie, il ricorrente non si confronta con il provvedime impugnato, nella parte in cui il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che la istanza ex art. 671 cod. proc. pen. fosse una mera rìproposizione di medesime istanze già valutate da precedenti giudici dell’esecuzione che si erano già es nei procedimenti n. 223/2022 Sige e n. 144/2023 Sige.
Il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto definitivo, infatti, preclude una nuova pronuncia sul medesimo petitum non già in maniera assoluta e definitiva, ma rebus sic stantibus, ossia finché non si prospettino nuovi dati di fatto (o nuove questioni giuridiche), per tali intendendosi non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto nella precedente decisione.
Sul punto, il ricorrente non indica quali sarebbero gli elementi nuovi, non presenti nelle precedenti istanze, non valutati dal giudice dell’esecuzione e astrattamente idonei a superare il c.d. giudicato esecutivo.
Pertanto, il ricorso rimane generico non avendo indicato gli elementi non considerati nelle ordinanze che hanno definito i precedenti incidenti di esecuzione in forza dei quali il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto rivalutare i presupposti per l’applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto dell’istanza.
Infatti, in tema di incidente di esecuzione, l’art. 666 comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui consente al giudice la pronuncia di inammissibilità qualora l’istanza costituisca una mera riproposizione di una richiesta già rigettata, configura una preclusione allo stato degli atti che, come tale, non opera quando vengano dedotti fatti o questioni che non hanno formato oggetto della precedente decisione (Sez. 1, n. 19358 del 05/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269841), circostanza non avvenuta nel caso in esame.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/11/2024