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Inammissibilità ricorso detenuto: il caso analizzato

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un detenuto che contestava una circolare del DAP per il trasferimento di residenza. La Corte ha stabilito che la questione non riguarda diritti soggettivi azionabili davanti al Magistrato di Sorveglianza, condannando il ricorrente alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso detenuto: Quando la pretesa esula dalla competenza del Magistrato di Sorveglianza

L’ordinamento giuridico stabilisce con precisione le competenze di ogni organo giudiziario. Quando un’istanza viene presentata al giudice sbagliato, il risultato è inevitabilmente una declaratoria di inammissibilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di questo principio, confermando l’inammissibilità del ricorso di un detenuto che aveva adito il Magistrato di Sorveglianza per una questione non rientrante nella sua giurisdizione. Questo caso sottolinea l’importanza di individuare correttamente l’autorità competente prima di avviare un’azione legale.

Il Fatto: la richiesta di trasferimento di residenza

Un detenuto, ristretto presso il carcere di una città del nord Italia, presentava un reclamo al Magistrato di Sorveglianza di Novara. L’obiettivo del reclamo era ottenere una dichiarazione di illegittimità di una specifica norma interna, contenuta in una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP). In particolare, il detenuto mirava a ottenere un ordine diretto al suo comune di nascita, in Sicilia, affinché trasferisse la sua residenza anagrafica presso l’istituto di pena.

Il Magistrato di Sorveglianza, con un decreto del marzo 2022, dichiarava l’inammissibilità del reclamo. Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo le proprie ragioni con riferimenti a sentenze della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite, che tuttavia, come vedremo, sono stati ritenuti non pertinenti dalla Suprema Corte.

La Decisione della Cassazione e l’inammissibilità del ricorso del detenuto

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 20 febbraio 2025, ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale: la natura della richiesta avanzata dal ricorrente. La Suprema Corte ha stabilito che la questione sollevata non rientrava nella sfera di competenza del Magistrato di Sorveglianza, in quanto non attinente a diritti soggettivi che possono essere fatti valere in quella sede.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero escludere la sua colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte sono concise ma estremamente chiare. In primo luogo, i giudici di legittimità hanno qualificato le censure mosse dal ricorrente come “inconferenti e inammissibili”. I richiami a precedenti giurisprudenziali di alto livello (Corte Costituzionale e Sezioni Unite) sono stati considerati irrilevanti, poiché non affermavano nulla di decisivo riguardo al caso specifico.

Il punto centrale della motivazione, tuttavia, risiede nell’analisi dell’oggetto del reclamo originario. La Corte ha specificato che la richiesta di ordinare un trasferimento di residenza a un Comune è un provvedimento che non ha nulla a che vedere con i “diritti soggettivi azionabili nel procedimento davanti al Magistrato di sorveglianza”. La competenza di tale magistratura è infatti circoscritta alla supervisione delle modalità di esecuzione della pena e alla tutela dei diritti dei detenuti all’interno del contesto carcerario, non a questioni anagrafiche di competenza delle amministrazioni comunali.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: ogni domanda giudiziale deve essere rivolta all’organo competente a deciderla. L’errore nell’individuazione del giudice competente conduce inevitabilmente a una pronuncia di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo e risorse, oltre alla condanna al pagamento delle spese e di eventuali sanzioni. Per i detenuti e i loro difensori, ciò significa che le istanze relative a materie non strettamente connesse all’esecuzione penale e ai diritti intramurari devono essere indirizzate alle autorità amministrative o giudiziarie ordinarie competenti, e non al Magistrato di Sorveglianza, la cui giurisdizione è specificamente delineata dalla legge.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la questione sollevata – ottenere un ordine di trasferimento di residenza anagrafica – non riguarda diritti soggettivi azionabili davanti al Magistrato di Sorveglianza, esulando quindi dalla sua competenza giurisdizionale.

Qual era l’oggetto della richiesta del detenuto?
Il detenuto chiedeva che venisse dichiarata l’illegittimità di una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria al fine di ottenere un ordine, rivolto al suo Comune di origine, per il trasferimento della sua residenza anagrafica presso il carcere dove era detenuto.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, poiché non sono stati ravvisati elementi idonei a escludere la sua colpa nel promuovere un ricorso inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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