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Inammissibilità ricorso: Cassazione su impugnazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un condannato avverso un provvedimento del Procuratore Generale. Il ricorso, basato su considerazioni generiche relative all’ergastolo, è stato respinto perché la legge non prevede alcun mezzo di impugnazione per quel tipo di atto, rendendo la decisione del Procuratore definitiva.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando le regole procedurali prevalgono sul merito

L’ordinamento giuridico si fonda su un delicato equilibrio tra diritti sostanziali e regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 8470/2024, offre un chiaro esempio di come il rispetto delle procedure sia un presupposto imprescindibile per poter discutere il merito di una questione. Il caso in esame riguarda l’ inammissibilità del ricorso presentato contro un provvedimento non impugnabile per legge, evidenziando un principio fondamentale della giustizia penale: non ogni atto è soggetto a un riesame.

I fatti del caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un condannato, che aveva sollecitato la Procura Generale presso la Corte di Appello a ricalcolare la propria pena. Nello specifico, si chiedeva lo scioglimento del cumulo giuridico e una nuova determinazione della pena per ciascun reato ostativo. La Procura Generale, tuttavia, emetteva un provvedimento con cui dichiarava di non dover procedere sulla richiesta.

Contro questa decisione, la difesa del condannato proponeva istanza alla Corte di Appello, la quale la dichiarava inammissibile. Non pago, il condannato presentava ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge nazionale e internazionale. Le sue argomentazioni si concentravano sulla presunta “ingiusta afflittività” della pena dell’ergastolo, facendo paragoni con altri ordinamenti europei come quello britannico, portoghese, tedesco e spagnolo.

L’impugnazione e la questione sull’inammissibilità del ricorso

Il nucleo del problema portato all’attenzione della Suprema Corte non era tanto la questione sostanziale sulla compatibilità dell’ergastolo con i principi internazionali, quanto un ostacolo puramente procedurale. La Corte doveva innanzitutto stabilire se il ricorso fosse ammissibile, ovvero se l’atto originario della Procura Generale potesse essere legalmente impugnato.

La difesa ha tentato di sollevare una questione di principio sull’ergastolo, ma la Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato la natura generica e confusa delle argomentazioni, le quali non chiarivano quale fosse il nesso logico tra le osservazioni sulla pena e la richiesta originaria di ricalcolo del cumulo. Questo ha spostato il focus dalla sostanza alla forma, portando alla fatidica valutazione sull’ inammissibilità del ricorso.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con motivazione sintetica ma ineccepibile, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il ragionamento dei giudici si basa su un principio cardine della procedura penale: un provvedimento è impugnabile solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dalla legge.

Nel caso specifico, la pronuncia con cui la Procura Generale aveva dichiarato “non luogo a provvedere” non rientra tra gli atti per i quali l’ordinamento prevede un mezzo di impugnazione. In assenza di una norma specifica che consenta di appellare tale decisione, qualsiasi tentativo di ricorso è destinato a fallire per un vizio di inammissibilità. Questo vizio, essendo preliminare, impedisce al giudice di entrare nel merito delle questioni sollevate, anche se queste riguardano diritti fondamentali.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce con forza il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Non è sufficiente sentirsi lesi da una decisione per poterla contestare davanti a un giudice superiore; è necessario che la legge offra uno strumento specifico per farlo. La declaratoria di inammissibilità non solo ha posto fine al procedimento, ma ha anche comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro. Questo caso serve da monito: prima di intraprendere un’azione legale, è fondamentale verificare l’esistenza dei presupposti procedurali, la cui assenza può precludere ogni discussione sul merito e comportare conseguenze economiche negative.

È possibile impugnare qualsiasi provvedimento emesso in fase di esecuzione penale?
No. Secondo l’ordinanza, un provvedimento può essere impugnato solo se la legge prevede esplicitamente un mezzo di impugnazione. Nel caso di specie, avverso la decisione del Procuratore Generale di “non luogo a provvedere” non era previsto alcun rimedio.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

Perché i motivi del ricorso, relativi alla presunta ingiustizia dell’ergastolo, non sono stati esaminati nel merito?
La Corte non ha esaminato i motivi nel merito perché ha riscontrato un vizio procedurale preliminare e assorbente: l’inammissibilità del ricorso. Poiché il provvedimento impugnato non era legalmente appellabile, la Corte non ha potuto procedere alla valutazione delle argomentazioni sostanziali presentate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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