Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando la Firma dell’Avvocato è Cruciale
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale, spesso sottovalutato: l’inammissibilità ricorso Cassazione se non sottoscritto da un difensore abilitato. A seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103/2017, la facoltà per l’imputato o il condannato di presentare personalmente il ricorso è stata eliminata. Analizziamo questa decisione per comprendere le ragioni e le conseguenze pratiche.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Personale Respinto
I fatti alla base della pronuncia sono semplici ma emblematici. Un soggetto, condannato, presentava personalmente ricorso alla Corte di Cassazione avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Catania in data 17 maggio 2023. Sia il provvedimento impugnato che il ricorso erano successivi al 3 agosto 2017, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni procedurali.
Il ricorrente, agendo in prima persona, non si è avvalso di un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione, contravvenendo a un requisito ormai inderogabile.
La Normativa e la Riforma sull’Inammissibilità Ricorso Cassazione
Il fulcro della questione risiede nella modifica apportata all’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale dalla Legge n. 103 del 2017 (nota come ‘Riforma Orlando’). Questa norma, nella sua attuale formulazione, stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione dell’imputato (e, per estensione, del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale.
La ratio della norma è quella di garantire un elevato livello di tecnicismo e professionalità nel giudizio di legittimità, che non è un terzo grado di merito, ma una sede di controllo sulla corretta applicazione del diritto. La presentazione di un ricorso da parte di un non addetto ai lavori è quindi considerata un ostacolo al corretto funzionamento della Corte Suprema.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte Suprema, esaminati gli atti, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in modo automatico e senza necessità di ulteriori approfondimenti (de plano), come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.
Il ragionamento dei giudici è stato lineare e ineccepibile. Essendo il ricorso stato presentato dopo l’entrata in vigore della riforma, la sottoscrizione personale del condannato integrava un vizio insanabile. La mancanza della firma di un difensore cassazionista ha comportato l’immediata declaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione.
Oltre a ciò, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. I giudici hanno sottolineato che non potevano essere ravvisati profili di assenza di colpa nella presentazione del ricorso, richiamando una consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000), secondo cui chi attiva un procedimento giudiziario senza le dovute cautele e senza rispettare le regole procedurali, se ne assume la responsabilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza serve come un importante monito. Chiunque intenda presentare un ricorso alla Corte di Cassazione in materia penale deve necessariamente rivolgersi a un avvocato iscritto all’albo speciale. La possibilità di agire personalmente, un tempo consentita, è stata definitivamente preclusa dalla riforma del 2017.
L’inosservanza di questa regola non solo impedisce l’esame del merito del ricorso, ma comporta anche significative conseguenze economiche. La decisione evidenzia la crescente specializzazione richiesta nel processo penale, soprattutto nel grado di legittimità, e l’impossibilità di improvvisarsi difensori di se stessi di fronte alla Corte Suprema.
Perché il ricorso presentato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato proposto personalmente dal condannato e non sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale dopo la riforma del 2017.
Quale legge ha introdotto l’obbligo della firma dell’avvocato cassazionista?
L’obbligo è stato introdotto dalla Legge n. 103 del 2017, che è entrata in vigore il 3 agosto 2017, modificando la disciplina per la proposizione del ricorso per cassazione.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 592 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 592 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PATERNO il 25/02/1961
avverso l’ordinanza del 17/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
g a -tóavviso alle parg;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso ed il provvedimento impugnato.
Premesso che il ricorso è stato proposto personalmente da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Catania del 17 maggio 2023 e che sia il provvedimento che il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data di entrat in vigore della legge n. 103 del 2017, che ha previsto che il ricorso dell’imputato quindi anche del condannato) deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (art. 613, comma 1, cod. pr pen.);
Rilevato che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2023.