Inammissibilità ricorso: la Cassazione e i limiti dei motivi d’appello
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei requisiti di ammissibilità per un ricorso davanti alla Corte di Cassazione, sottolineando come la genericità dei motivi e la richiesta di un riesame dei fatti portino inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità ricorso. La Suprema Corte ha ribadito la sua funzione di giudice di legittimità, non di merito, condannando la ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine da una sentenza di condanna per il reato di furto pluriaggravato, emessa in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. La persona imputata, ritenendo la decisione ingiusta, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a sei distinti motivi. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di condanna. Tuttavia, l’esito del giudizio di legittimità ha preso una direzione diversa, concentrandosi non sul merito delle accuse, ma sulla validità formale e sostanziale del ricorso stesso.
L’analisi sull’inammissibilità del ricorso da parte della Corte
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione netta e perentoria. Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile perché mirava a sollevare censure di fatto, ovvero a chiedere alla Corte una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione degli eventi. Questo tipo di valutazione è precluso in sede di legittimità, dove il giudizio è limitato alla corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione.
Gli altri cinque motivi, dal secondo al sesto, sono stati anch’essi giudicati inammissibili, ma per una ragione differente: la loro “estrema genericità”. Un ricorso in Cassazione deve essere specifico, indicando con chiarezza le norme che si assumono violate e le ragioni per cui la motivazione della sentenza impugnata sarebbe viziata. Motivi vaghi o assertivi non consentono alla Corte di svolgere il proprio ruolo di controllo, risultando quindi proceduralmente inaccettabili.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine della procedura penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. La Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che il processo si sia svolto nel rispetto delle regole e che la sentenza sia logicamente motivata e giuridicamente corretta.
Nel caso specifico, la difesa ha tentato di rimettere in discussione l’accertamento della responsabilità penale, un’operazione non consentita. La genericità degli altri motivi ha impedito alla Corte di individuare specifiche violazioni di legge o vizi logici nella sentenza impugnata. Di conseguenza, l’intero ricorso è stato respinto in rito, senza scendere nell’analisi del merito delle doglianze.
Le Conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze significative per la ricorrente, come previsto dall’art. 616, comma 1, del codice di procedura penale. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che la legge prevede per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o inammissibili. Questa decisione ribadisce l’importanza di redigere ricorsi specifici, pertinenti e focalizzati su questioni di diritto, un monito fondamentale per tutti gli operatori legali.
Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era volto a sollevare censure sui fatti, attività preclusa in sede di Cassazione, mentre gli altri motivi sono stati ritenuti estremamente generici.
Quali sono le conseguenze economiche per la ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, sulla base di quanto emerge dall’ordinanza, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del processo. Il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di ricostruire gli eventi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47144 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 03/01/1971
avverso la sentenza del 29/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli del 20 dicembre 2018 nella parte in cui aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di furto pluriaggravato e l’aveva condannata alla pena ritenuta di giustizia;
che il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto volto a sollevare censure in fatto, mentre il secondo, il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono inammissibili per la loro estrema genericità;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 27/11/2024.