Inammissibilità Ricorso Cassazione: La Sostanza Prevale sulla Forma
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso che ribadisce principi fondamentali della procedura penale, con particolare attenzione all’inammissibilità del ricorso in Cassazione. La decisione chiarisce come, ai fini della responsabilità penale, il ruolo sostanziale di un soggetto prevalga sulle qualifiche formali. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere quando un ricorso all’ultimo grado di giudizio non può essere esaminato nel merito.
Il Contesto del Ricorso e i Motivi di Impugnazione
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imprenditore avverso una sentenza di condanna. L’imputato sollevava diverse questioni, sostenendo di aver perso la qualità di legale rappresentante della società coinvolta, eccependo vizi di motivazione della sentenza impugnata, lamentando un difetto nella ritualità della querela e, infine, denunciando una violazione del principio di correlazione tra l’accusa formulata e la sentenza emessa.
L’analisi della Corte si è concentrata sulla validità procedurale e sulla fondatezza di tali motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità per l’intero ricorso.
L’Inammissibilità del Ricorso per Reiterazione dei Motivi
Il primo motivo di doglianza, relativo alla presunta perdita della carica di legale rappresentante, è stato considerato dalla Corte come una pedissequa reiterazione di argomentazioni già presentate nel giudizio d’appello e correttamente respinte. La Suprema Corte ha sottolineato che il giudice di merito aveva già stabilito, implicitamente ma chiaramente, la riconducibilità della condotta all’imputato, identificato come il dominus effettivo dei soggetti imprenditoriali operanti, indipendentemente dalla carica formale ricoperta. Riproporre le stesse censure senza criticare specificamente la logica della decisione impugnata è un errore che conduce all’inammissibilità.
La Figura del ‘Dominus’ e la Responsabilità Penale
Questo passaggio è fondamentale: la responsabilità penale non si ferma alle etichette formali. La Corte riconosce che chi detiene il controllo materiale e gestisce di fatto l’attività imprenditoriale è il vero responsabile, anche se formalmente non figura più come amministratore. È la sostanza del ruolo a contare, non la forma.
La Corretta Identificazione del Destinatario della Querela
Un altro punto affrontato riguarda la presunta irregolarità della querela. Il ricorrente sosteneva che questa fosse viziata. La Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, poiché l’istanza di punizione indicava chiaramente l’imprenditore come destinatario, a prescindere dalla sua specifica qualifica sociale. Per la validità della querela, è sufficiente che sia inequivocabile la volontà di perseguire penalmente un determinato soggetto per un fatto-reato.
Il Principio di Correlazione tra Accusa e Sentenza
Anche la censura sulla violazione dell’articolo 521 del codice di procedura penale è stata respinta. Il ricorrente lamentava una discrepanza tra l’accusa originaria e la responsabilità affermata in sentenza, dove veniva qualificato in modi diversi (ex amministratore, poi amministratore di altra società e detentore materiale del terreno). La Corte ha chiarito che il principio di correlazione è violato solo quando vi è una difformità assoluta e reale tra i due atti, tale da disorientare la difesa. Nel caso di specie, era sempre possibile individuare un nucleo comune nei fatti contestati, permettendo all’imputato di difendersi pienamente su un oggetto dell’imputazione mai incerto.
Le Motivazioni della Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione di inammissibilità su una valutazione rigorosa dei motivi presentati. In sintesi, ha stabilito che:
1. La semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte in appello non è consentita in sede di legittimità.
2. Alcuni vizi di motivazione non possono essere fatti valere in determinati procedimenti, come previsto da norme specifiche (nel caso di specie, l’art. 39-bis, d.lgs. n. 274 del 2000).
3. La querela è valida se identifica senza ambiguità la persona contro cui si chiede di procedere.
4. La responsabilità penale si fonda sul ruolo sostanziale di dominus, che va oltre le cariche formali.
5. Il principio di correlazione tra accusa e sentenza non è leso se il nucleo dei fatti contestati rimane invariato, garantendo il diritto di difesa.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che il ricorso in Cassazione deve contenere critiche nuove e specifiche alla sentenza di secondo grado, e non essere una mera fotocopia dell’appello. In secondo luogo, ribadisce un principio di sostanza sulla forma: la giustizia penale guarda a chi detiene il potere effettivo, non a chi si nasconde dietro cariche societarie mutevoli. Infine, consolida l’interpretazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, inteso come garanzia concreta per la difesa e non come un appiglio formalistico per eludere la responsabilità quando i fatti sono chiari. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende sigilla la decisione, sanzionando l’abuso dello strumento processuale.
È possibile presentare in Cassazione gli stessi motivi già respinti in appello?
No, secondo l’ordinanza, la mera e ‘pedissequa reiterazione’ di motivi già dedotti in appello e correttamente disattesi dalla Corte di merito rende il ricorso inammissibile.
La responsabilità penale di un amministratore dipende solo dalla sua carica formale?
No, la Corte stabilisce che la responsabilità è riconducibile a chi è ‘dominus’ di fatto, ovvero chi ha il controllo effettivo delle attività (nel caso di specie, dei soggetti imprenditoriali operanti nel fondo), anche a prescindere dalla titolarità formale di cariche sociali.
Quando si viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 521 c.p.p.)?
La violazione si verifica solo in caso di assoluta e reale difformità tra l’accusa e la decisione del giudice, tale da determinare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione e compromettere il diritto di difesa. Se, come nel caso esaminato, esiste un ‘nucleo comune’ nei fatti contestati, il principio non può ritenersi violato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 911 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 911 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BRUNICO il 31/08/1957
avverso la sentenza del 14/05/2024 del TRIBUNALE di UDINE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, inerente il rigetto delle doglianze ineren perdita della qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (come indicata nel capo imputazione), non è consentito e sarebbe comunque manifestamente infondato, perché fondato su censure che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte i appello e correttamente disattese, anche in via implicita, dalla Corte di merito (cfr. pp in tema di sicura riconducibilità al ricorrente, comunque dominus dei soggetti imprenditoriali operanti nel fondo, della condotta ascritta in imputazione, senza lesione del diritto di dif considerato che il secondo e il quinto motivo di ricorso, che eccepiscono vizi motivazione, non sono consentiti, ai sensi dell’art. 39-bis, d.lgs. n. 274 del 2000;
considerato che il terzo motivo di ricorso, in tema di difetto di rituale quere manifestamente infondato, poiché l’istanza di punizione, come emerge dalla sentenza impugnata e dallo stesso atto di impugnazione, indicava chiaramente nella persona del ricorrente il proprio destinatario, anche a prescindere dalla titolarità di cariche sociali;
considerato che il quarto motivo di ricorso, in tema di violazione dell’art. 521 cod. pr pen., è manifestamente infondato, dato che, con l’affermazione di responsabilità (quale e amministratore di RAGIONE_SOCIALE e poi quale amministratore di RAGIONE_SOCIALE e comunque quale materiale detentore del terreno in locazione), il suddetto precetto può ritenersi violato nel caso di assoluta e reale difformità tra l’accusa e la statuizione del giudice, quando non possibile individuare un nucleo comune nei fatti diversi nei loro elementi essenziali in rapp di eterogeneità ed incompatibilità tra loro, così da determinare una incertezza sull’ogge della imputazione, di modo che l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia trovato nella condizione di non potersi difendere sul punto (cfr. ex pluribus, Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205617; Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, Ogbeifun, Rv. 281477; Sez. 2, n. 12328 del 24/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276955);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 19 novembre 2024
Il Consigli e estensore
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