Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11180 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11180 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Poggiomarino il 03/03/1961 avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli del 21/06/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME
lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
lette le note difensive depositate e vista la documentazione allegata dall’avv. NOME COGNOME difensore della ricorrente, che richiamato il ricorso, ne ha invocato l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
NOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del 21 giugno 2024 con cui la Corte di appello di Napoli ha respinto l’eccezione di nullità del titolo esecutivo (sentenza della Corte di appello di Napoli del 19 ottobre 2017, irrevocabile il 5 marzo 2018) a base della cartella di pagamento della somma di euro 20.000 quale pena pecuniaria irrogata con la sentenza indicata.
1.1. Denuncia il ricorrente, col primo motivo, violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett b, cod proc pen in relazione all’art. 597, comma 3, cod proc pen., per inosservanza del principio di reformatío in peius poiché, a fronte di una condanna irrogata dal Tribunale di anni uno e mesi uno di reclusione la pena rideterminata dalla Corte di appello -operando il ragguaglio della pena detentiva ex art. 135 cod pen- in mesi 8 di arresto e euro 20.000 di ammenda supererebbe quella irrogata in primo grado.
1.2. Denuncia, col secondo motivo violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett b, cod proc pen in relazione all’art. 164 cod pen per essere la pena, asseritamente, ancora condizionalmente sospesa, per non essere mai stato emesso ordine di esecuzione per la pena detentiva né avviso da parte del Campione penale quanto alla pena pecuniaria, o richiesta di revoca del beneficio ex art. 163 cod pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Osserva la Corte, quanto al primo motivo, che il ricorso è inammissibile perché la sentenza della Corte di appello di Napoli del 19 ottobre 2017, costituente titolo esecutivo a base della cartella di pagamento, è divenuta irrevocabile il 5 marzo 2018.
Ogni valutazione in merito alla affermazione di responsabilità ed alla dosimetria della pena è, perciò, con ogni evidenza tardiva.
Quanto al secondo motivo, si osserva che la Corte territoriale, dopo aver ampiamente motivato il rigetto della eccezione di nullità del titolo esecutivo, ha anche dedotto, in ordine alle prescrizioni imposte quale condizione per la sospensione condizionale, che nessuna prova la ricorrente aveva osteso al proposito, di talchè non poteva esserci dubbio sul fatto che la pena pecuniaria dovesse essere fatta oggetto della riscossione coattiva.
Il ricorso è, al proposito, assolutamente generico ed aspecifico, nulla opponendo a supporto delle proprie censure sia nel merito dell’eventuale adempimento delle prescrizioni, sia in ordine all’asserto della Corte di appello napoletana circa il loro mancato rispetto.
Il motivo è, pertanto, inammissibile per genericità intrinseca ed estrinseca. Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
Il Pr processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 27 novembre 2024 L GLYPH o s est.