Inammissibilità del Ricorso in Cassazione per Motivi Nuovi: Un’Analisi Pratica
Nel processo penale, la strategia difensiva deve essere delineata con precisione fin dai primi gradi di giudizio. L’introduzione di argomentazioni tardive può compromettere l’intero percorso processuale, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame evidenzia una causa classica di inammissibilità ricorso Cassazione: la proposizione di motivi nuovi, mai sollevati nel giudizio d’appello. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
Il Contesto Processuale del Caso
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato, avverso una sentenza della Corte d’Appello territoriale. Un dettaglio fondamentale caratterizza il caso: nel giudizio di secondo grado, la difesa aveva contestato esclusivamente il ‘trattamento sanzionatorio’, ovvero l’entità della pena inflitta, senza mettere in discussione la responsabilità penale dell’imputato.
Sorprendentemente, nel successivo ricorso per cassazione, la strategia difensiva cambiava radicalmente. L’imputato, infatti, non contestava più la pena, ma chiedeva il proscioglimento nel merito, invocando l’applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale.
L’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione: il Cuore della Decisione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e basata su un principio cardine del nostro ordinamento processuale. L’inammissibilità ricorso Cassazione è stata pronunciata perché i motivi addotti non erano consentiti dalla legge in sede di legittimità.
Il giudizio di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di merito dove si possono riesaminare i fatti, ma un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti. Introdurre per la prima volta in questa sede una richiesta di proscioglimento, mai avanzata in appello, viola il cosiddetto ‘effetto devolutivo’ del gravame.
Il Principio di Devoluzione dell’Appello
Il principio di devoluzione stabilisce che il giudice superiore può decidere solo sulle questioni che sono state specificamente contestate con l’atto di impugnazione. Nel nostro caso, avendo l’appellante contestato solo la pena, la Corte d’Appello era chiamata a decidere unicamente su quel punto. Di conseguenza, la questione relativa alla colpevolezza era divenuta definitiva e non poteva essere riaperta davanti alla Cassazione.
Le Motivazioni della Corte
I giudici di legittimità hanno sottolineato come la difesa avesse contrastato la decisione impugnata per un mancato proscioglimento, a fronte di un appello che si era limitato a contestare il trattamento sanzionatorio. La Corte ha ritenuto che tale motivo fosse estraneo all’oggetto del giudizio d’appello e, pertanto, non proponibile per la prima volta in Cassazione. Inoltre, il ricorso è stato giudicato generico, poiché non indicava quali elementi di prova la Corte di merito avesse omesso di considerare per arrivare a una decisione diversa.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, a tale declaratoria consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: le strategie processuali vanno definite in modo chiaro e completo sin dal primo atto di impugnazione. I motivi di appello delimitano l’ambito del giudizio successivo, e tentare di introdurre argomenti nuovi dinanzi alla Cassazione si traduce, quasi inevitabilmente, in una pronuncia di inammissibilità, con un aggravio di spese per l’imputato.
È possibile presentare in Cassazione motivi di ricorso non discussi in Appello?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché i motivi proposti (richiesta di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.) erano nuovi e non erano stati sollevati nel precedente grado di appello, dove si contestava unicamente il trattamento sanzionatorio.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato considerato inammissibile anche se si invocava il proscioglimento?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la richiesta di proscioglimento costituiva un tema di indagine non devoluto alla Corte d’Appello. L’appello si era limitato a contestare la pena, quindi la Corte di Cassazione non poteva esaminare una questione di merito (la colpevolezza) introdotta per la prima volta in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24012 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CHIVASSO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dal legge in sede di legittimità avendo’ la difesa contrastato la decisione gravata per il mancat proscioglimento dell’imputato in applicazione dell’art. 129 cpp, a fronte di un appello con il qua si contestava unicamente il trattamento sanzionatorio e in ogni caso senza indicare gli elementi pretermessi alla Corte del merito utili alla decisione rivendicata rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in data 22 aprile 2024.