Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7998 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 31/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7998 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a San Giuseppe Vesuviano il 02/08/1967, avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 06/11/2023,
visti gli atti e la sentenza impugnata;
dato avviso alle parti;
esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 06/11/2023, il Tribunale di torre Annunziata condannava NOME COGNOME alla pena di euro 2.000,00 di ammenda in relazione alla contravvenzione di cui all’articolo 256, comma 1, lettera a), d. lgs. 152/2006.
Avverso tale sentenza l’imputato propone impugnazione in cui formula 5 motivi di doglianza, chiedendo: assoluzione per non avere commesso il fatto; assoluzione per particolare tenuità del fatto; assoluzione ai sensi dell’articolo 530, comma 2, cod. proc. pen.; non doversi procedere per intervenuta prescrizione; riduzione della pena, concessione benefici di legge.
Il ricorso Ł inammissibile.
In primo luogo, tutte le doglianze non soddisfano il necessario requisito di specificità imposto dall’articolo 581 cod. proc. pen., essendo solamente rubricate ma in alcun modo coltivate in narrativa.
In secondo luogo, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, la
R.G.N. 34457/2024
conversione della impugnazione, secondo principio di conservazione degli atti, ha quale unico effetto giuridico processuale la c.d. translatio judicii , ma non comporta affatto alcuna deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato.
Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (in questo senso, v. Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999, COGNOME, Rv. 213835, Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 228729; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004), COGNOME, Rv. 227092).
Ciò posto, l’appello proposto dallo COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata non possiede – in tutta evidenza – i requisiti contenutistici propri di tale mezzo di impugnazione (basti pensare alla richiesta di assoluzione o di rideterminazione della pena).
Inoltre, questa Corte (Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277945 – 01) ritiene che sia inammissibile l’impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge.
NØ, rileva l’ultima pronuncia citata, la soluzione adottata si pone in contraddizione con la previsione contenuta nell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., atteso che l’applicazione della disposizione sopra riportata presuppone che, ad onta della denominazione ad essa attribuita dalla parte, la impugnazione abbia le caratteristiche proprio del mezzo di gravame proponibile di fronte ad un giudice di verso da quello, invece, prescelto dal ricorrente e che, pertanto, in sede di interpretazione dell’atto sia possibile attribuire all’atto stesso una qualificazione diversa da quella apparente.
Laddove, invece, il mezzo di impugnazione abbia le caratteristiche, sostanziali e formali, dello strumento di rivalutazione processuale esperibile, in via astratta, di fronte al giudice prescelto, ed emerga in termini di chiarezza che esso sia stato consapevolmente utilizzato per come lo stesso appare dalla parte ricorrente, non entra in gioco la tematica relativa all’incompetenza del giudice adito, essendo questo astrattamente competente, ma esclusivamente la questione della inammissibilità del mezzo di impugnazione effettivamente e consapevolmente adottato dalla parte ricorrente. In una tale fattispecie non viene, quindi, in discussione la necessità di procedere alla trasmissione degli atti al giudice competente, ma solo la valutazione della ammissibilità o meno nel caso concreto del mezzo processuale da parte del giudice in astratto competente per quello.
Valutazione che, quanto al caso di specie, deve essere espressa nei termini della inammissibilità del ricorso, avendo lo Iervolino voluto esperire uno strumento di impugnazione non consentito, sviluppando censure strutturate nelle forme tipiche dello strumento impugnatorio prescelto (valgano, come visto, le richieste di assoluzione o di rideterminazione della pena).
Per mero tuziorismo, si evidenzia che il reato Ł contestato alla data del 14 ottobre 2020, per cui alla data della sentenza (11 novembre 2023) non risultava decorso neppure il termine di prescrizione minimo di 4 anni.
Pertanto, essendo stata formulata l’impugnativa per motivi diversi da quelli previsti dall’articolo 606 cod. proc. pen., il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME