Inammissibilità Ricorso Cassazione: L’Importanza di Presentare Tutti i Motivi in Appello
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante monito sulla precisione e completezza necessarie nella redazione degli atti di impugnazione. La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso Cassazione proposto da un imputato, non perché infondato nel merito, ma per un vizio procedurale fondamentale: i motivi di doglianza non erano stati precedentemente sollevati in appello. Questo caso sottolinea una regola cardine del nostro sistema processuale penale.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’unico motivo di impugnazione verteva su presunti vizi di motivazione della sentenza riguardo al trattamento sanzionatorio, ovvero la determinazione della pena a suo carico. L’imputato lamentava, in sostanza, che i giudici non avessero adeguatamente giustificato la misura della pena inflitta.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione sollevata (cioè se la pena fosse o meno giustificata), ma si è fermata a un controllo preliminare di natura procedurale. I giudici hanno constatato che la censura relativa al trattamento sanzionatorio non era stata inclusa tra i motivi di gravame presentati dinanzi alla Corte d’Appello.
Il Principio di Devoluzione nell’Appello
La sentenza si basa su un principio fondamentale del diritto processuale: l’effetto devolutivo dell’appello. Questo significa che il giudice superiore può esaminare e decidere solo sulle questioni che gli sono state specificamente sottoposte attraverso i motivi di impugnazione. Ciò che non viene contestato nell’atto di appello si considera ‘passato in giudicato’ e non può essere oggetto di discussione nei gradi successivi.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha fondato la sua decisione sull’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce, a pena di inammissibilità, che i motivi di ricorso non possono essere dedotti per la prima volta in Cassazione se non erano stati precedentemente sollevati nel giudizio di appello. La logica è quella di garantire un processo ordinato e di evitare che la Cassazione, giudice di legittimità e non di merito, si trovi a decidere su questioni che i giudici dei gradi precedenti non hanno avuto modo di esaminare per una precisa scelta (o omissione) della difesa.
I giudici hanno specificato che la Corte d’Appello aveva correttamente omesso di pronunciarsi su quel punto, proprio perché non le era stato richiesto. Se il ricorrente avesse ritenuto che il riepilogo dei motivi di gravame nella sentenza d’appello fosse incompleto, avrebbe dovuto contestarlo specificamente, cosa che non è avvenuta. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce l’importanza cruciale della diligenza e della completezza nella stesura dell’atto di appello. Omettere un motivo di gravame in quella sede significa precludersi definitivamente la possibilità di farlo valere in Cassazione. Per gli avvocati, ciò significa analizzare la sentenza di primo grado in ogni suo aspetto e articolare nell’atto di appello tutte le possibili censure, sia di merito che di legittimità. Per l’imputato, significa comprendere che le scelte strategiche compiute in appello hanno conseguenze irreversibili sul prosieguo del giudizio. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso Cassazione per motivi non dedotti è una sanzione processuale severa che blocca l’accesso al più alto grado di giudizio, con conseguente condanna alle spese.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato alla Corte di Cassazione, relativo a vizi nella motivazione della pena, non era stato incluso nell’elenco dei motivi di appello nel precedente grado di giudizio, come richiesto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Cosa significa che un motivo di ricorso non è stato ‘previamente dedotto’?
Significa che la specifica lamentela o contestazione legale non è stata presentata formalmente al giudice del grado precedente (in questo caso, la Corte d’Appello). Il sistema processuale richiede che tutte le doglianze siano sollevate al primo grado di impugnazione utile.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
Oltre alla conferma della sentenza di condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende a causa dell’inammissibilità del suo ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7513 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7513 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME PALAZZOLO SULL’OGLIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorsi) proposto nell’interessé di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deducono vizi motivazionali in punto di trattamento sanzioNOMErio, non è consentito in sede di legittimità perché la relativa censura non risulta previamente dedotta quale motivo di appello, secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.;
che, nella specie, il giudice di appello ha correttamente omesso di pronunziarsi sul punto perché si tratta di questioni non devolute alla sua cognizione, come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nel ricorso, se incompleto o comunque non corretto (si veda, in particolare, pag. 1 della motivazione);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.