Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando le Questioni di Fatto Bloccano l’Appello
Il ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma il suo accesso è limitato a specifiche censure di legittimità. Un’ordinanza recente ha ribadito un principio fondamentale: l’inammissibilità ricorso cassazione quando questo si fonda su doglianze di mero fatto. Analizziamo insieme questo caso per capire i limiti del giudizio di legittimità e le conseguenze di un ricorso non ammissibile.
Il Caso in Esame: Reclamo per Detenzione Inumana
Un detenuto aveva presentato un reclamo al Tribunale di Sorveglianza, lamentando condizioni di detenzione inumane ai sensi dell’art. 35-ter dell’ordinamento penitenziario. Il suo obiettivo era ottenere un accertamento di tali condizioni e il relativo ristoro previsto dalla legge.
Il Tribunale di Sorveglianza di Trieste, con un’ordinanza del 13 febbraio 2024, aveva respinto in parte le richieste del detenuto. Ritenendo la decisione ingiusta, il soggetto decideva di impugnare tale provvedimento proponendo ricorso per cassazione, denunciando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione.
I Motivi del Ricorso e l’inammissibilità in Cassazione
Il ricorrente ha presentato il suo caso alla Suprema Corte, sperando in una revisione della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Tuttavia, il nucleo delle sue argomentazioni si concentrava sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle prove, aspetti che esulano dalle competenze della Corte di Cassazione.
Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda, ma di ‘giudice della legge’. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non di stabilire se i fatti si siano svolti in un modo o in un altro. Proporre argomenti fattuali porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso cassazione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34882/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che le argomentazioni del ricorrente erano ‘doglianze di mero fatto’. In altre parole, il detenuto non contestava una errata applicazione della norma giuridica, ma tentava di ottenere una nuova valutazione delle circostanze di fatto già esaminate e decise dal Tribunale di Sorveglianza.
La Corte ha sottolineato come il percorso argomentativo della decisione impugnata fosse ‘del tutto chiaro e immune da vizi in diritto’. Non essendoci errori di legittimità da correggere, il ricorso non poteva essere accolto nel merito. La decisione si fonda sul principio consolidato per cui non è possibile trasformare il giudizio di legittimità in una terza istanza di merito.
Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente (come in questo caso, dove sono stati proposti motivi non consentiti), quest’ultimo è condannato a sostenere i costi del procedimento.
In aggiunta, la Corte ha imposto al ricorrente il pagamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare la proposizione di ricorsi palesemente infondati o inammissibili, che congestionano il sistema giudiziario. La decisione, pertanto, serve da monito: il ricorso in Cassazione deve essere attentamente ponderato e fondato esclusivamente su vizi di legittimità, pena conseguenze economiche significative.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proposto per ‘motivi non consentiti’. Nello specifico, il ricorrente ha sollevato ‘doglianze di mero fatto’, ovvero ha contestato la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, argomenti che non possono essere esaminati dalla Corte di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione della legge (vizi di legittimità).
Cosa si intende per ‘doglianze di mero fatto’?
Per ‘doglianze di mero fatto’ si intendono le contestazioni che non riguardano un’errata interpretazione o applicazione di una norma di legge, ma mirano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle circostanze concrete del caso, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito) e non alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze economiche per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34882 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34882 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 13 febbraio 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Trieste ha – in parte – respinto il reclamo introdotto da COGNOME NOME avverso decisione del MdS reiettiva – in parte – di una domanda di accertamento di detenzione inumana ai sensi dell’art.35 ter ord.pen.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – COGNOME NOME, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, il ricorrente evidenzia doglianze di mero fatto, a fronte di un percorso argomentativo – contenuto nella decisione impugnata – del tutto chiaro e immune da vizi in diritto.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore
WPresidente