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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi irrilevanti

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. Il motivo del ricorso era basato su un errore procedurale, criticando la sentenza come se fosse derivata da un patteggiamento, mentre in realtà era stata emessa a seguito di un giudizio abbreviato. La Corte ha ritenuto il motivo irrilevante e quindi ha sancito l’inammissibilità ricorso Cassazione.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando i Motivi sono Inconferenti

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre un chiaro esempio di come un errore nella formulazione dei motivi possa portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione. Il caso evidenzia un principio fondamentale della procedura penale: le censure mosse a una sentenza devono essere pertinenti e specifiche rispetto alla natura del provvedimento impugnato. Analizziamo la vicenda per comprendere le ragioni della decisione.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine con la condanna di un individuo da parte del Tribunale per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti (d.p.r. 309/1990). La condanna era stata emessa all’esito di un giudizio abbreviato, un rito che consente una definizione più rapida del processo in cambio di uno sconto di pena. La pena inflitta era di due anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 16.400 euro.

Successivamente, la Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 16 dicembre 2022, confermava integralmente la decisione di primo grado. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso per cassazione tramite il suo difensore.

Il Motivo del Ricorso e l’Inammissibilità in Cassazione

Il ricorso presentato alla Suprema Corte era fondato su un unico motivo. La difesa lamentava la nullità della sentenza per violazione di legge, sostenendo che anche le sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale (il cosiddetto “patteggiamento”) devono rispettare l’obbligo generale di motivazione previsto dall’art. 125 dello stesso codice.

Qui emerge l’errore che si rivelerà fatale per l’esito del ricorso. La difesa ha costruito la sua argomentazione su un presupposto giuridico errato: ha criticato la sentenza d’appello come se fosse una sentenza di patteggiamento, quando in realtà si trattava di una decisione emessa a seguito di un giudizio abbreviato, confermativa di una sentenza di primo grado anch’essa derivante da rito abbreviato. Questo errore ha reso il motivo del tutto irrilevante rispetto al caso di specie, portando inevitabilmente all’ inammissibilità del ricorso per cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6961/2024, ha liquidato il ricorso in poche e incisive righe. I giudici hanno sottolineato che “l’unica censura proposta non si attaglia alla sentenza impugnata che non è stata resa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen. e risulta pertanto inconferente”.

In termini più semplici, la Corte ha spiegato che non poteva entrare nel merito della questione sollevata (l’obbligo di motivazione nelle sentenze di patteggiamento) perché tale questione non aveva alcuna attinenza con il provvedimento effettivamente impugnato. È come contestare le regole del calcio durante una partita di basket: l’argomento, per quanto potenzialmente valido in un altro contesto, è del tutto fuori luogo.

La decisione della Corte ribadisce un principio cardine del sistema delle impugnazioni: i motivi di ricorso devono essere specifici e pertinenti. Non è sufficiente denunciare una generica violazione di legge, ma è necessario che la violazione lamentata sia direttamente collegata alla decisione che si intende contestare. In caso contrario, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, senza che la Corte possa esaminare la fondatezza delle argomentazioni.

Conclusioni

La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza della precisione tecnica nella redazione degli atti di impugnazione. Un ricorso per cassazione deve essere fondato su motivi che colpiscano nel segno, criticando specificamente i vizi della sentenza impugnata e non basandosi su presupposti procedurali errati. Confondere un rito speciale con un altro, come avvenuto in questo caso, costituisce un errore che preclude ogni possibilità di successo e comporta ulteriori conseguenze economiche per l’imputato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era “inconferente”, cioè non pertinente alla sentenza impugnata. La difesa ha contestato la sentenza basandosi sulle regole del patteggiamento (art. 444 c.p.p.), mentre la decisione era stata emessa a seguito di un giudizio abbreviato.

Qual è l’errore commesso dalla difesa nel presentare il ricorso?
L’errore è stato confondere il tipo di procedimento. La difesa ha basato la sua intera argomentazione su un rito speciale (patteggiamento) che non era stato applicato nel caso di specie, rendendo la critica mossa alla sentenza completamente irrilevante e non applicabile.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente in caso di inammissibilità?
In base a quanto stabilito dalla Corte, a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma, fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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