Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22906 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22906 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BOLLATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che tutti i motivi di ricorso, con i quali si contesta l’affermazione in ordine alla penale responsabilità in relazione alla mancanza di prova degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, dei reati, nonché la sussistenza e applicabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 11, cod. pen., sono privi dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilit dall’art. 581 cod. proc. pen.;
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione;
che, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello abbia rinviato per relationem al primo grado, l’onere deduttivo del ricorrente non può ritenersi assolto in maniera specifica dolendosi della carenza motivazionale derivante dall’utilizzo di questa tecnica, in quanto si tratta di una fisiologica evenienza processuale, che diventa patologica solo allorquando la conforme valutazione dissimuli la totale mancanza di motivazione su questioni specifiche all’epoca eccepite in sede di appello e che vanno chiaramente allegate, confrontandosi con l’apparato motivazionale sottoposto a critica, per come integrato dalle argomentazioni del primo giudice;
che, invero, la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione;
che il corretto svolgimento del procedimento indicato non è posto in dubbio nel motivo di ricorso proposto, né è precisato in che termini le questioni avanzate con l’atto di appello siano rimaste irrisolte;
che, inoltre, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato
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del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici, le doglianze difensive dell’appell meramente riproposte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 7 e 8 della motivazione);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 maggio 2024.