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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi generici

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso in materia penale, sottolineando che i motivi di impugnazione non possono essere mere riproduzioni di censure già respinte. La pronuncia ribadisce la necessità della cosiddetta “prova di resistenza”, con cui il ricorrente deve dimostrare come l’eliminazione di una prova ritenuta illegittima avrebbe cambiato l’esito del giudizio. La mancanza di specificità e di tale prova ha portato alla conferma della condanna e all’imposizione di una sanzione pecuniaria per l’inammissibilità del ricorso per cassazione.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso per Cassazione: L’Importanza di Motivi Specifici

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre spunti fondamentali sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, chiarendo perché la genericità e la ripetitività delle censure portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione. La pronuncia evidenzia l’importanza di due concetti chiave: il divieto di motivi meramente riproduttivi e l’onere della “prova di resistenza”.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. Il ricorrente lamentava, in primo luogo, la violazione di legge in relazione all’utilizzo della deposizione di un testimone, acquisita in un dibattimento precedentemente annullato per un vizio procedurale. In secondo luogo, contestava l’utilizzo delle dichiarazioni dello stesso testimone nella parte in cui riferiva informazioni apprese da terzi (i rappresentanti legali di alcune società), sostenendo una violazione delle norme sulla testimonianza indiretta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno ritenuto entrambi i motivi presentati come privi dei requisiti minimi di specificità e fondatezza necessari per un esame nel merito, condannando di conseguenza il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Le Motivazioni della Decisione sull’inammissibilità del ricorso per cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni distinte per ciascun motivo di ricorso, offrendo principi di diritto di notevole rilevanza pratica.

Primo Motivo: Ripetitività delle Censure e Legittima Acquisizione della Prova

La Cassazione ha bollato il primo motivo come inammissibile perché riproduttivo di censure già esaminate e rigettate dalla Corte di merito con una motivazione considerata logica e priva di errori di diritto. I giudici hanno ricordato un principio consolidato, affermato anche dalle Sezioni Unite: il mutamento della composizione del giudice nel corso del dibattimento dà alle parti il diritto di chiedere la rinnovazione delle prove già assunte. Tuttavia, il ricorrente non si era adeguatamente confrontato con questo principio, limitandosi a riproporre la stessa doglianza. Inoltre, la Corte ha sottolineato che la deposizione era stata comunque resa in un contesto dibattimentale, con la piena partecipazione del difensore, rendendo il relativo verbale pienamente utilizzabile ai sensi dell’art. 238, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Secondo Motivo: La Genericità e l’Onere della “Prova di Resistenza”

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile, ma per genericità. Il ricorrente lamentava l’inutilizzabilità di una parte della testimonianza, ma, secondo la Corte, non ha adempiuto a un onere fondamentale: quello della “prova di resistenza”. Quando si contesta l’utilizzo di un elemento a carico, non è sufficiente denunciarne la presunta illegittimità; è necessario illustrare in modo specifico e puntuale come l’eliminazione di tale elemento avrebbe inciso sulla tenuta logica della motivazione, potenzialmente portando a una conclusione diversa. Il ricorso era carente sotto questo profilo, non specificando in che modo le dichiarazioni contestate avessero realmente influenzato la decisione. Peraltro, la Corte ha osservato che la sentenza impugnata non fondava nemmeno il proprio convincimento su tali dichiarazioni.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un messaggio chiaro a chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere un atto tecnicamente rigoroso, specifico e critico rispetto alla sentenza impugnata. Non è una sede per riproporre le medesime argomentazioni già sconfitte nei gradi di merito. L’inammissibilità del ricorso per cassazione è la sanzione processuale per chi non formula censure mirate e, soprattutto, per chi non dimostra la decisività degli errori lamentati. L’onere della “prova di resistenza” si conferma come un passaggio cruciale per superare il vaglio di ammissibilità, richiedendo uno sforzo argomentativo che vada oltre la semplice enunciazione del vizio.

Quando un motivo di ricorso per cassazione è considerato inammissibile?
Un motivo è considerato inammissibile quando è generico, riproduce censure già respinte dalla corte di merito senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, oppure non dimostra la rilevanza decisiva dell’errore lamentato ai fini della decisione finale.

Cos’è la “prova di resistenza” e quando va fornita?
La “prova di resistenza” è un’argomentazione che il ricorrente deve fornire quando lamenta l’inutilizzabilità di un elemento di prova. Deve dimostrare, in modo specifico, che l’eliminazione di quella prova avrebbe portato a una decisione diversa. È un onere dell’appellante per evitare che il motivo sia considerato generico e quindi inammissibile.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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