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Inammissibilità ricorso Cassazione: motivi errati

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda su due pilastri: l’errore concettuale nel denunciare la violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 192 c.p.p.) per criticare il merito della decisione, e la natura meramente ripetitiva dei motivi, già esaminati e rigettati nel grado precedente. Tale pronuncia di inammissibilità ricorso Cassazione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando l’Appello è Destinato al Fallimento

L’accesso alla Corte di Cassazione, massimo organo della giustizia italiana, è regolato da criteri rigorosi. Proporre un ricorso senza rispettare tali paletti procedurali e sostanziali conduce a una inevitabile declaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione. Un’ordinanza recente offre un chiaro esempio di come un’impostazione errata e la mera ripetizione di argomenti già vagliati possano precludere l’esame nel merito, con conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere gli errori da evitare.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Genova. L’appellante lamentava, quale unico motivo di ricorso, la violazione di norme procedurali e di legge penale, concentrando le sue critiche sulla valutazione degli elementi di prova effettuata dai giudici di merito.

La Decisione della Corte e la pronuncia di Inammissibilità del Ricorso Cassazione

La Suprema Corte, senza entrare nel merito della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due ragioni fondamentali, entrambe indicative di vizi che affliggono frequentemente i ricorsi presentati al giudice di legittimità: l’errore concettuale nell’invocare le norme violate e la natura meramente ripetitiva delle censure mosse alla sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha articolato la sua decisione spiegando nel dettaglio perché il ricorso non potesse essere accolto. Le motivazioni offrono importanti spunti di riflessione per chiunque si approcci al giudizio di legittimità.

L’Errore Concettuale nel Motivo di Ricorso

Il primo punto, cruciale, è l’errata impostazione del ricorso. Il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 192 del codice di procedura penale, una norma che disciplina la valutazione della prova da parte del giudice. Tuttavia, la Cassazione ribadisce un principio consolidato, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 29541/2020): non si può utilizzare la denuncia di una violazione di una norma processuale (come l’art. 192 c.p.p.) per mascherare una critica sulla motivazione della sentenza. I limiti per contestare la motivazione sono specificamente delineati dall’art. 606, comma 1, lett. e), del codice di procedura penale e non possono essere aggirati invocando altre tipologie di vizi. L’errore è stato quindi quello di confondere un presunto vizio di motivazione con una violazione di legge.

La Mera Ripetitività delle Doglianze

Il secondo profilo di inammissibilità riguarda il contenuto delle doglianze. La Corte ha rilevato che i motivi proposti non erano altro che una riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano già ampiamente vagliato e disatteso le tesi difensive con argomentazioni logiche e prive di criticità. Nello specifico, era stata contestata la modalità di riconoscimento basata su una fotografia, ma la difesa non aveva mai messo in discussione la corrispondenza tra la foto e la persona che l’aveva esibita. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione degli argomenti dei gradi precedenti; deve, invece, individuare vizi specifici della sentenza impugnata, come illogicità manifeste o violazioni di legge, non limitarsi a riproporre una diversa lettura dei fatti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito fondamentale: il ricorso per Cassazione è un rimedio straordinario, non un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per evitare una pronuncia di inammissibilità del ricorso in Cassazione, è indispensabile formulare motivi specifici, pertinenti ai vizi tassativamente previsti dalla legge e non meramente ripetitivi. La superficialità o l’errore tecnico nella redazione dell’atto non solo ne compromettono l’esito, ma espongono il ricorrente a conseguenze economiche, quali la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione a favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: era concettualmente errato, poiché cercava di contestare la valutazione delle prove attraverso la violazione di una norma processuale invece che con i motivi specifici previsti dalla legge, ed era meramente ripetitivo, riproponendo le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello.

È possibile contestare davanti alla Cassazione la valutazione delle prove fatta da un altro giudice?
No, non direttamente. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto. È possibile contestare la motivazione della sentenza solo per vizi specifici e tassativi, come la sua manifesta illogicità o contraddittorietà, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale, ma non si può chiedere alla Corte una nuova e diversa valutazione delle prove.

Cosa comporta per il ricorrente una dichiarazione di inammissibilità?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge. Nell’ordinanza in esame, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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