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Inammissibilità ricorso cassazione: ecco quando

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 47172/2024, ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso contro una condanna per delitti contro la fede pubblica. La decisione si fonda sul principio della carenza d’interesse, applicabile quando il motivo di appello originario è manifestamente infondato, rendendo inutile il ricorso stesso. Tale pronuncia sull’inammissibilità ricorso cassazione conferma la condanna e comporta il pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando è Inammissibile per Manifesta Infondatezza?

L’inammissibilità del ricorso in Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e tecnicamente complessi del giudizio di legittimità. Non sempre un ricorso, pur formalmente corretto, viene esaminato nel merito dalla Suprema Corte. Con la recente ordinanza n. 47172 del 2024, la settima sezione penale ha ribadito un principio cruciale: un ricorso è inammissibile per carenza d’interesse se il motivo d’appello originario era già manifestamente infondato. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i meccanismi procedurali che governano l’ultimo grado di giudizio.

Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano per diversi delitti contro la fede pubblica. La decisione è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato, non rassegnato, ha proposto ricorso per Cassazione, sperando di ottenere un annullamento della condanna. Tuttavia, il suo percorso giudiziario si è interrotto bruscamente davanti alla Suprema Corte.

L’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione e le sue Regole

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione non su una valutazione del merito della colpevolezza, ma su un aspetto puramente procedurale. La chiave di volta è un principio consolidato in giurisprudenza, che lega l’ammissibilità del ricorso in Cassazione alla validità dei motivi presentati nel precedente grado di giudizio.

Il Principio della “Carenza d’Interesse”

Il fulcro della decisione è il concetto di “carenza d’interesse”. Secondo la Corte, è inammissibile un ricorso per cassazione quando la sentenza d’appello impugnata non ha preso in considerazione un motivo che era già inammissibile fin dall’origine per “manifesta infondatezza”. In parole semplici, se un motivo di appello è palesemente privo di fondamento, l’eventuale accoglimento del ricorso in Cassazione su quel punto non porterebbe alcun beneficio concreto all’imputato in un eventuale nuovo giudizio. L’impugnazione, quindi, diventa inutile e priva di interesse giuridicamente tutelato.

La Manifesta Infondatezza del Motivo d’Appello Originario

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il motivo presentato in appello fosse manifestamente infondato. Il Tribunale di primo grado aveva infatti solidamente motivato la condanna, sottolineando come i reati fossero espressione di una “accresciuta capacità a delinquere” dell’imputato, desumibile dalla particolare intensità del dolo (cioè della volontà criminale). Di fronte a una motivazione così chiara, il motivo d’appello è stato considerato privo di qualsiasi possibilità di successo, e di conseguenza, anche il successivo ricorso in Cassazione è stato travolto dalla stessa sorte.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema, applicando il principio citato (rifacendosi alla sentenza n. 47722/2015), ha stabilito che non vi era spazio per un esame di merito. Poiché il motivo d’appello era ab origine infondato, l’eventuale annullamento della sentenza di secondo grado non avrebbe cambiato l’esito finale. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. A questa declaratoria consegue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, quantificata in 3.000 euro.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito: la strategia difensiva deve essere ponderata in ogni grado di giudizio. Presentare motivi di appello generici o manifestamente infondati non solo è inefficace, ma può precludere la possibilità di un serio esame in Cassazione, portando a una declaratoria di inammissibilità del ricorso in Cassazione. La decisione sottolinea l’importanza di formulare censure specifiche e fondate fin dal secondo grado, poiché le carenze procedurali in una fase possono avere conseguenze irreversibili in quella successiva, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza d’interesse, poiché il motivo di appello originario era manifestamente infondato e, di conseguenza, l’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe portato alcun vantaggio concreto al ricorrente in un nuovo giudizio.

Cosa si intende per “motivo d’appello manifestamente infondato” in questo caso?
Significa che il motivo presentato in appello era palesemente privo di fondamento. Il Tribunale aveva già ampiamente motivato la condanna sulla base dell’accresciuta capacità a delinquere dell’imputato, desunta dalla forte intensità del suo dolo (la volontà di commettere il reato).

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, che in questa vicenda è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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