Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Chiude la Porta
L’esito di un processo non sempre si conclude con l’ultimo grado di appello. Spesso si tenta la via della Corte di Cassazione, ma è un percorso irto di ostacoli procedurali. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre uno spunto per analizzare le gravi conseguenze della inammissibilità ricorso, un’eventualità che può costare cara. La decisione in esame, infatti, non entra nel merito della questione ma si ferma a una valutazione preliminare, chiudendo definitivamente la porta al ricorrente e addebitandogli costi significativi.
I Fatti del Caso
Un soggetto, a seguito di una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Ancona nell’ottobre del 2024, ha deciso di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione. L’obiettivo era, presumibilmente, ottenere l’annullamento o la riforma della decisione di secondo grado, rappresentando per l’imputato l’ultima speranza di vedere modificate le conclusioni dei giudici di merito.
La Decisione della Suprema Corte e l’Inammissibilità Ricorso
Il collegio della settima sezione penale della Corte di Cassazione, riunitosi in camera di consiglio nel giugno del 2025, ha esaminato il ricorso. Tuttavia, l’analisi non ha riguardato il ‘se’ il ricorrente avesse ragione o torto, ma si è concentrata esclusivamente sulla conformità dell’atto di impugnazione ai requisiti richiesti dalla legge. L’esito è stato netto: con un’ordinanza, la Corte ha dichiarato l’ inammissibilità del ricorso. Questo significa che l’atto introduttivo era affetto da vizi talmente gravi (ad esempio, motivi non consentiti, carenza di specificità, proposizione di questioni di fatto invece che di diritto) da impedirne persino la discussione nel merito.
Le Motivazioni della Decisione
L’ordinanza è molto sintetica e non esplicita le ragioni specifiche dell’inammissibilità. Tuttavia, in casi come questo, la motivazione è implicita nella stessa declaratoria. L’inammissibilità viene dichiarata quando il ricorso non supera il cosiddetto ‘filtro’ di ammissibilità. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti; il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti. Un ricorso è inammissibile se, ad esempio, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello senza individuare specifici errori di diritto, oppure se le censure sono generiche o manifestamente infondate.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La conseguenza più immediata della dichiarazione di inammissibilità è che la sentenza della Corte d’Appello diventa definitiva e irrevocabile. Ma le implicazioni non finiscono qui. La Corte, infatti, ha condannato il ricorrente a due pagamenti distinti:
1. Le spese processuali: i costi relativi al procedimento dinanzi alla Cassazione.
2. Una somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende: si tratta di una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile, volta a scoraggiare impugnazioni pretestuose o dilatorie. I fondi della Cassa delle ammende sono destinati a finanziare progetti di recupero e reinserimento sociale dei detenuti.
Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità. Un ricorso in Cassazione mal preparato o infondato non solo non porta alcun beneficio, ma si traduce in una condanna economica certa e pesante.
Cosa significa quando un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte non ha esaminato il merito della questione perché l’atto di ricorso non rispettava i requisiti formali o sostanziali previsti dalla legge. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente è condannato a pagare sia le spese del procedimento sia una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammonta a 3.000,00 euro.
Perché il ricorrente deve pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Si tratta di una sanzione pecuniaria prevista dalla legge per scoraggiare la presentazione di ricorsi temerari o dilatori. I fondi raccolti servono a finanziare progetti per il miglioramento del sistema penitenziario e il reinserimento dei condannati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23624 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 06/04/1981
avverso la sentenza del 24/10/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME che denuncia il viz motivazione in relazione agli artt. 132 e 133 cod. pen., non è consentito dalla legge in sed
legittimità, perché totalmente privo di specificità, in quanto si sviluppa unicamente medi l’esposizioni di massime giurisprudenziali, senza alcun confrontD critico con le non illog
argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata, che hanno ribadito la congruità del trattamento punitivo;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1
del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000
euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2025.