Inammissibilità Ricorso Cassazione: Quando l’Appello è Destinato al Fallimento
L’inammissibilità del ricorso in Cassazione rappresenta uno degli esiti più netti e frequenti nel giudizio di legittimità. Spesso, le ragioni risiedono in vizi formali o in una debolezza intrinseca delle argomentazioni proposte. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi e l’errata interpretazione delle nuove norme procedurali conducano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze economiche per il ricorrente. Analizziamo la decisione per comprendere quali strategie difensive evitare.
I Fatti del Caso
Un imputato, dopo essere stato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli, decideva di presentare ricorso presso la Corte di Cassazione. I motivi dell’impugnazione si concentravano su due aspetti principali: la valutazione della recidiva e delle circostanze attenuanti generiche, e la richiesta di applicazione di una riduzione di pena introdotta da una recente riforma legislativa (la cosiddetta ‘Riforma Cartabia’). L’obiettivo era ottenere una revisione della sentenza d’appello che, a dire del ricorrente, non aveva adeguatamente considerato tali elementi.
L’Analisi della Corte sull’Inammissibilità Ricorso Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione di totale inammissibilità. La decisione si fonda su una duplice valutazione, che ha bocciato senza appello entrambe le linee argomentative della difesa.
La Genericità del Primo Motivo
Il primo motivo di ricorso, relativo alla recidiva e alle attenuanti generiche, è stato liquidato come ‘generico e meramente riproduttivo’. In sostanza, il ricorrente non ha fatto altro che riproporre le stesse censure già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha sottolineato che il giudice di secondo grado aveva già fornito una motivazione corretta e giuridicamente solida per giustificare il giudizio di equivalenza tra le attenuanti e la recidiva. Ripetere le stesse lamentele in sede di legittimità, senza individuare specifici vizi di legge nella sentenza impugnata, rende il motivo inammissibile.
L’Errata Applicazione della Riduzione di Pena
Il secondo motivo analizzato (il terzo del ricorso) è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. La difesa chiedeva l’applicazione della riduzione di pena di un sesto prevista dall’art. 442, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Tale norma, introdotta nel 2022, premia l’imputato che non impugna la sentenza di primo grado. La Corte ha chiarito che la condizione per accedere al beneficio è una sola ed esclusiva: la mancata proposizione dell’impugnazione. Nel caso di specie, l’imputato aveva appellato la sentenza di primo grado, venendo così a mancare il presupposto fondamentale per l’applicazione della norma. La Corte ha inoltre specificato che, anche se la sentenza di primo grado fosse stata emessa prima della riforma, sia l’appello che il ricorso per cassazione erano stati proposti successivamente alla sua entrata in vigore, rendendo l’argomentazione ancora più debole.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati della procedura penale. Un ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, i motivi devono essere specifici, pertinenti e non possono limitarsi a ripetere doglianze già vagliate e respinte nel merito. Inoltre, l’applicazione delle norme procedurali, specialmente quelle che introducono benefici, deve avvenire nel rigoroso rispetto delle condizioni previste dal legislatore. La richiesta di uno sconto di pena basata su una norma la cui condizione applicativa principale (la non impugnazione) è palesemente assente, non può che essere definita manifestamente infondata.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione riafferma un principio cruciale: l’accesso alla Corte di Cassazione richiede un’elevata perizia tecnica. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza per impugnarla con successo. È necessario individuare precisi errori di diritto. Questa ordinanza serve da monito: l’inammissibilità del ricorso in Cassazione non è un mero tecnicismo, ma la sanzione per un’impugnazione che non rispetta le regole del gioco. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma, in questo caso di 3.000 euro, alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver attivato inutilmente la macchina della giustizia di legittimità.
Perché il primo motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile?
È stato considerato inammissibile perché generico e si limitava a riproporre le stesse censure sulla recidiva e le attenuanti generiche già correttamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza individuare un vizio di legge specifico nella sentenza impugnata.
Per quale ragione non è stata applicata la riduzione di pena di un sesto prevista dalla Riforma Cartabia?
La riduzione di pena prevista dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. spetta solo se non viene proposta impugnazione contro la sentenza di primo grado. Poiché in questo caso il ricorrente aveva presentato appello, la condizione essenziale per ottenere il beneficio non era soddisfatta.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2720 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2720 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CAPUA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
t
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto generico e meramente riproduttivo di profili di censura in ordine alla recidiva ed alle circostanze attenuanti gener (di cui si invoca l’applicazione nella massima estensione nonostante il giudizio di equivalenza con la recidiva formulato sin dalla sentenza di primo grado), già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla sentenza impugnata (si vedano le pagine 2 e 3);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato, atteso che la condizione processuale prevista dall’art. 442, comma 2 -bis, cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ai fini dell’applicazione della diminuente esecut di un sesto è rappresentata esclusivamente dalla mancata proposizione dell’impugnazione appello o ricorso per cassazione – avverso la sentenza di primo grado, condizione, questa, che non è configurabile nel caso in esame in cui, peraltro, anche a voler considerare l’antecedenza della sentenza di primo grado rispetto all’entrata in vigore della citata riforma, sia la sent impugnata che il ricorso per cassazione sono stati proposti successivamente (cfr., con riferimento alla ritenuta manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma p contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., Sez. 1, n. 42681 del 27/09/2023 Proshka; Sez. 1, n 16054 del 10/03/2023, COGNOME, Rv. 284545);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023.