Inammissibilità Ricorso Cassazione: Guida Pratica all’Ordinanza
L’inammissibilità ricorso Cassazione è un esito processuale che chiude le porte a un’ulteriore disamina del caso nel merito. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un’occasione preziosa per approfondire i motivi che portano a tale declaratoria, delineando con chiarezza i confini del giudizio di legittimità. Questo articolo analizza la decisione, evidenziando perché i motivi del ricorrente sono stati respinti e quali lezioni pratiche se ne possono trarre.
I Fatti di Causa: Breve Ricostruzione
Il caso nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Ancona. L’imputato sollevava quattro distinti motivi di doglianza: un presunto vizio di motivazione sulla sua responsabilità, la violazione del principio del ne bis in idem (divieto di un secondo processo per lo stesso fatto), una violazione procedurale legata alla richiesta di discussione orale e, infine, un’errata valutazione del trattamento sanzionatorio.
L’Inammissibilità del Ricorso e l’Analisi dei Motivi
La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, giungendo a una declaratoria di inammissibilità totale. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione, fondamentali per comprendere la logica che governa il giudizio di legittimità.
Primo Motivo: Il Vizio di Motivazione e le Doglianze di Fatto
Il ricorrente contestava l’affermazione di responsabilità, ma la Corte ha ritenuto il motivo non consentito. Le critiche mosse erano, infatti, ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, l’imputato non denunciava una violazione di legge, ma tentava di proporre una diversa valutazione delle prove e dei fatti. Questo tipo di attività è preclusa in sede di legittimità, dove la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito.
Secondo Motivo: La Manifesta Infondatezza del Ne Bis in Idem
Il secondo motivo, relativo alla presunta violazione del divieto di doppio giudizio, è stato giudicato ‘manifestamente infondato’. I Giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già correttamente escluso tale violazione, precisando che la condotta specifica oggetto del nuovo processo non era coperta dalla precedente sentenza, divenuta irrevocabile. Questo dimostra l’importanza di una precisa identificazione del fatto storico per l’applicazione del principio.
Terzo Motivo: Termini Perentori e Richiesta di Discussione Orale
Anche il terzo motivo è stato dichiarato manifestamente infondato. Il ricorrente si doleva del rigetto della sua richiesta di partecipare all’udienza per rendere dichiarazioni spontanee. La Corte ha confermato la correttezza della decisione d’appello, rilevando la tardività della richiesta. La legge (art. 23-bis d.l. 137/2020) stabilisce un ‘termine perentorio’ di quindici giorni liberi prima dell’udienza. La richiesta, depositata il 6 maggio 2024 per l’udienza del 21 maggio, era oltre il termine ultimo, scaduto il 5 maggio. Un chiaro monito sulla perentorietà dei termini processuali.
Quarto Motivo: Insindacabilità della Pena
Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile anche il motivo relativo alla sanzione. Il ricorrente chiedeva una ‘rivalutazione del trattamento punitivo’, ma la motivazione della Corte d’Appello sulla congruità della pena e sul bilanciamento delle attenuanti è stata ritenuta ‘congrua e non manifestamente illogica’. In assenza di palesi errori logici o giuridici, la quantificazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, viene ribadita la distinzione netta tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità: la Cassazione non è un ‘terzo grado’ di merito. In secondo luogo, viene riaffermata la necessità di un rigoroso rispetto dei termini processuali, la cui natura perentoria non ammette deroghe. Infine, si conferma che la valutazione della pena, se adeguatamente motivata, è insindacabile. La manifesta infondatezza e la proposizione di motivi non consentiti hanno quindi condotto inevitabilmente alla dichiaratoria di inammissibilità ricorso Cassazione.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza
Questa ordinanza è un compendio dei limiti invalicabili del ricorso per cassazione. Insegna che un’impugnazione, per avere successo, deve concentrarsi su reali violazioni di legge o vizi logici macroscopici della motivazione, evitando di riproporre questioni di fatto già decise. Sottolinea inoltre l’importanza cruciale della diligenza processuale, specialmente nel rispetto dei termini perentori. La condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente funge da deterrente contro la proposizione di ricorsi palesemente infondati, rafforzando l’efficienza del sistema giudiziario.
È possibile contestare la valutazione delle prove in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare nel merito i fatti o le prove. Motivi di ricorso basati su mere ‘doglianze in punto di fatto’, che propongono una diversa lettura delle risultanze istruttorie, sono considerati inammissibili.
Quali sono i termini per richiedere la discussione orale in appello secondo la normativa speciale citata?
La richiesta di discussione orale deve essere formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore e trasmessa alla cancelleria entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza. Una richiesta presentata oltre tale scadenza è tardiva e, quindi, irricevibile.
Per quali ragioni un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, come nel caso esaminato, i motivi proposti sono manifestamente infondati, si limitano a contestare l’apprezzamento dei fatti già compiuto dai giudici di merito, non sono consentiti dalla legge, oppure l’impugnazione è presentata al di fuori dei termini e delle forme previste dal codice di procedura.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1548 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1548 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 13/04/1995
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
‘,.
Rilevato che con un primo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, con un secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 649 cod.proc.pen. e vizio di motivazione, con un terzo motivo si deduce violazione degli artt. 23-bis e 23-ter di n. 137/2020., con um quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.
Considerato che il primo motivo non è consentito sede di legittimità, perché costituito da mere doglianze in punto di fatto, volte a proporre una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.
Ritenuto che il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto i Giudici di appello hanno escluso la dedotta violazione del ne bis in idem, rimarcando come la condotta di cessione al RAGIONE_SOCIALE non era oggetto della sentenza irrevocabile.
Ritenuto che il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello, in aderenza al dato normativo (l’ad 23-bis comma 4 dl 137/2020, dispone: La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l’imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all’udienza) ed agli atti processuali, ha correttamente rilevato la tardività dell richiesta dell’imputato di partecipare all’udienza al fine di rendere spontanee dichiarazioni, in quanto richiesta, a mezzo del difensore, oltre il termine perentorio di giorni quindici liberi prima dell’udienza (la richiesta veniva effettuata da difensore in sede di deposito di motivi aggiunti in data 6.5.2024 rispetto all’udienza fissata per il giorno 21.5.20249; il termine scadeva il 5.5.2024).
Ritenuto che il quarto motivo è inammissibile perché volto a sollecitare una rivalutazione del trattamento punitivo, benchè sorretto da motivazione congrua e non manifestamente illogica, insindacabile in sede di legittimità (cfr. p.13 con riferimento alle ragioni di congruità della pena irrogata dal primo giudice e p.7 e 14 con riferimento al contenuto della doglianza relativa al giudizio di bilanciamento operato dal primo giudice e alle ragioni del diniego del giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche).
Ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, 06/12/2024