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Inammissibilità ricorso archiviazione: quando è?

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato contro un’ordinanza di archiviazione per il reato di truffa. La persona offesa aveva lamentato una violazione di legge relativa ai termini per la querela, ma la Suprema Corte ha ribadito che, secondo l’art. 410-bis c.p.p., l’ordinanza di archiviazione emessa dopo l’udienza di opposizione non è impugnabile per motivi di merito o violazioni di legge, ma solo per vizi procedurali che ledono il contraddittorio formale. L’inammissibilità del ricorso archiviazione è quindi una conseguenza diretta del mancato rispetto di questo principio.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Archiviazione: I Paletti della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 29387/2024, ha riaffermato un principio cruciale in materia di impugnazioni, chiarendo i limiti entro cui è possibile contestare un’ordinanza di archiviazione. La pronuncia sottolinea come l’inammissibilità del ricorso archiviazione sia una conseguenza inevitabile quando le doglianze non riguardano vizi procedurali legati alla violazione del contraddittorio, ma attengono al merito della decisione. Questa sentenza offre spunti fondamentali per comprendere le corrette vie procedurali a disposizione della persona offesa.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla querela per truffa presentata da un cittadino il 31 ottobre 2022. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Napoli, investito della questione a seguito dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, disponeva l’archiviazione del procedimento. La motivazione del GIP era netta: la querela era stata proposta tardivamente.

Contro questa decisione, la persona offesa, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente lamentava due distinti profili di illegittimità:

1. Violazione di legge: Si sosteneva che la cosiddetta Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) avesse prorogato i termini per la proposizione della querela per il reato di truffa, rendendo quindi tempestiva quella presentata.
2. Questione di legittimità costituzionale: Veniva sollevato un dubbio sulla costituzionalità dell’art. 410-bis del codice di procedura penale. Secondo il ricorrente, tale norma sarebbe incostituzionale nella parte in cui non prevede la nullità dell’ordinanza di archiviazione per una violazione di legge, ma la limita ai soli casi di violazione del contraddittorio.

Le Motivazioni della Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso Archiviazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione su un’interpretazione rigorosa dell’art. 410-bis c.p.p. I giudici hanno chiarito che, a seguito delle modifiche legislative (in particolare la legge n. 103/2017), il provvedimento di archiviazione emesso all’esito di un’udienza in camera di consiglio non è direttamente ricorribile per cassazione.

La legge prevede, infatti, un rimedio specifico: il reclamo dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Tuttavia, questo strumento è esperibile esclusivamente per vizi che attengono al contraddittorio formale, ovvero quando non sono state rispettate le regole procedurali poste a garanzia della partecipazione delle parti.

Nel caso di specie, le censure del ricorrente non riguardavano un difetto di contraddittorio formale, ma investivano il merito della decisione del GIP (la presunta errata applicazione della legge sulla tempestività della querela). Si tratta, secondo la Corte, di una doglianza relativa al cosiddetto “contraddittorio sostanziale”, che non rientra tra i motivi per cui è ammesso il reclamo e, di conseguenza, nemmeno il ricorso per cassazione.

La Corte ha richiamato precedenti sentenze conformi (Cass. n. 18847/2018 e n. 32508/2018), che avevano già stabilito l’inammissibilità del ricorso archiviazione volto a censurare valutazioni di merito o questioni di legittimità costituzionale manifestamente infondate. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’attuale assetto normativo delle impugnazioni contro i provvedimenti di archiviazione non viola alcun precetto costituzionale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce un principio procedurale di fondamentale importanza: la strada per contestare un’ordinanza di archiviazione emessa dopo l’opposizione della persona offesa è strettamente delimitata. Non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione per rimettere in discussione la valutazione del giudice nel merito, come l’interpretazione di una norma sulla procedibilità. L’unica via percorribile è quella del reclamo per vizi formali che abbiano compromesso il diritto di difesa e di partecipazione al procedimento.

Questa pronuncia serve da monito: la scelta dello strumento processuale corretto è essenziale. Un’impugnazione proposta al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando è possibile impugnare un’ordinanza di archiviazione emessa dopo l’udienza di opposizione?
Secondo l’art. 410-bis del codice di procedura penale, tale ordinanza non è direttamente ricorribile in Cassazione. Può essere oggetto di reclamo al tribunale in composizione monocratica, ma solo per vizi procedurali che hanno violato il contraddittorio formale, non per contestazioni di merito.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la valutazione del giudice sulla tardività della querela, un motivo attinente al merito della decisione (violazione di legge), e non un vizio procedurale relativo al mancato rispetto del contraddittorio, che è l’unico motivo ammesso dalla legge per impugnare tale provvedimento.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo che il ricorso non venga esaminato nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3000 euro) in favore della cassa delle ammende, a causa del grado di colpa nella proposizione di un’impugnazione non consentita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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