Inammissibilità dell’Appello: Quando la Prescrizione Non Basta
L’inammissibilità dell’appello è una delle insidie più pericolose del processo penale. Non si tratta di una semplice bocciatura dell’impugnazione, ma di una barriera procedurale che può avere conseguenze drastiche e definitive, come quella di impedire la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, delineando un principio fondamentale: un appello generico o infondato non solo non produce effetti, ma cristallizza la sentenza di primo grado, rendendola irrevocabile.
Analizziamo insieme questo caso per comprendere la logica della Corte e le implicazioni pratiche per la difesa.
I Fatti del Caso
Due imputati, dopo essere stati condannati in primo grado, presentavano appello contro la sentenza. Successivamente, la Corte d’Appello emetteva una decisione avversa, contro la quale i due proponevano ricorso per Cassazione. Il motivo principale del loro ricorso era semplice e, in apparenza, solido: il reato per cui erano stati condannati era ormai caduto in prescrizione. Chiedevano quindi alla Suprema Corte di annullare la decisione precedente e di proscioglierli.
La Decisione della Corte di Cassazione
Contrariamente alle aspettative dei ricorrenti, la Corte di Cassazione ha dichiarato i loro ricorsi inammissibili. La Corte non è nemmeno entrata nel merito della questione sulla prescrizione. Ha invece focalizzato la sua attenzione su un vizio procedurale che si era verificato nel grado di giudizio precedente: l’appello originario, presentato alla Corte d’Appello, era stato dichiarato inammissibile. Secondo la Cassazione, questo fatto ha chiuso definitivamente ogni possibilità di discutere ulteriormente la vicenda, compresa la sopravvenuta prescrizione.
Le Motivazioni: L’Effetto a Catena dell’Inammissibilità dell’Appello
La motivazione della Corte si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza. Quando i motivi di appello sono affetti da vizi che ne comportano l’inammissibilità dell’appello (come la genericità o la manifesta infondatezza), non si forma un valido rapporto di impugnazione. In parole semplici, è come se l’appello non fosse mai stato proposto.
La conseguenza diretta è che la sentenza di primo grado passa in giudicato, ovvero diventa definitiva e non più modificabile. Una volta che la sentenza è passata in giudicato, scatta il divieto per qualsiasi giudice successivo di applicare cause di proscioglimento come la prescrizione, ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale. Questo articolo, infatti, può essere applicato solo finché il processo è in corso e non si è ancora formata una decisione irrevocabile.
Nel caso specifico, l’appello originario era stato ritenuto inammissibile. Pertanto, la sentenza di condanna era diventata definitiva. Di conseguenza, la Corte d’Appello non aveva più il potere di dichiarare la prescrizione, e lo stesso vale per la Corte di Cassazione. Il ricorso che lamentava la mancata declaratoria di prescrizione era, quindi, manifestamente infondato, perché chiedeva alla Corte di compiere un atto che la legge le precludeva.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce una lezione cruciale per ogni difensore: la stesura dell’atto di appello è un momento di fondamentale importanza che non ammette superficialità. Un appello non specifico, che non contesta puntualmente le argomentazioni della sentenza di primo grado, rischia di essere dichiarato inammissibile.
Le implicazioni sono severe:
1. Cristallizzazione della Sentenza: L’inammissibilità dell’appello rende la condanna definitiva, precludendo ogni ulteriore possibilità di difesa nel merito.
2. Perdita di Benefici: Anche cause di estinzione del reato favorevoli all’imputato, come la prescrizione maturata dopo la sentenza di primo grado, non possono più essere fatte valere.
3. Sanzioni Economiche: Oltre alla condanna alle spese processuali, la declaratoria di inammissibilità comporta spesso il pagamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.
In conclusione, non basta avere ragione nel merito; è indispensabile rispettare rigorosamente le regole procedurali. Un errore nella forma può vanificare le migliori argomentazioni sulla sostanza, con conseguenze irreversibili per l’imputato.
Se un appello viene dichiarato inammissibile, il giudice può comunque dichiarare la prescrizione del reato?
No. Secondo la Corte, se l’appello è inammissibile (ad esempio, per genericità), non si instaura un valido rapporto processuale. Di conseguenza, la sentenza di primo grado diventa definitiva (passa in giudicato) e ciò preclude la possibilità per qualsiasi giudice successivo di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
Quali sono le conseguenze pratiche della dichiarazione di inammissibilità dell’appello?
La conseguenza principale è che la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, l’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione inammissibile.
Perché il ricorso in Cassazione è stato considerato privo di specificità?
Il ricorso è stato considerato inammissibile perché contestava la mancata declaratoria di prescrizione da parte della Corte d’Appello, senza però contestare il presupposto giuridico di quella decisione, ovvero l’originaria inammissibilità dell’atto di appello. La questione della prescrizione era ormai preclusa dalla definitività della sentenza di primo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 76 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 76 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a CASTELFRANCO EMILIA il 22/09/1965 COGNOME nato a BOLOGNA il 30/01/1963
avverso la sentenza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME: COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi presentati, con unico atto, nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo dei ricorsi, con il quale si censura il mancato proscioglimento degli imputati per intervenuta prescrizione de reato, è privo di concreta specificità e comunque manifestamente infondato in quanto, non essendosi validamente formato un rapporto di impugnazione in ragione della affermata inammissibilità dell’appello, statuizione che non ha formato oggetto di alcun rilievo difensivo con il presente ricorso, era ormai preclusa la possibilità, per la Corte territoriale, di rilevare e dichiarare le eventuali cause di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (cfr., Sez. 5, n. 4867 del 29/11/2000, COGNOME, Rv. 219060 – 01, secondo cui, nel caso in cui i motivi di appello siano affetti da vizi che ne comportano l’inammissibilità originaria – nella specie per genericità -, deve ritenersi che, nonostante la proposizione del gravame, la sentenza di merito sia passata in giudicato, con la conseguente impossibilità di dichiarare in cassazione l’eventuale intervenuta prescrizione del reato ex articolo 129 cod. proc. pen.);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 21 novembre 2023.