Inammissibilità dell’appello: il malfunzionamento del sistema non giustifica il ritardo
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: l’inammissibilità dell’appello per tardività. Con questa decisione, i giudici supremi ribadiscono principi fondamentali riguardo agli oneri del difensore e alla validità delle procedure semplificate, anche quando vengono addotte problematiche tecniche come il malfunzionamento dei sistemi informatici del tribunale. Il caso offre spunti importanti per comprendere quando un’impugnazione rischia di non essere nemmeno esaminata nel merito.
I fatti del caso: un appello depositato in ritardo
Una persona condannata in primo grado dal Tribunale di Brindisi proponeva appello presso la Corte d’Appello di Lecce. Quest’ultima, tuttavia, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione poiché era stata presentata oltre i termini previsti dalla legge. Contro tale decisione, l’imputata proponeva ricorso per cassazione, basando le proprie difese su due motivi principali:
1. La tardività non era imputabile alla difesa: Si sosteneva che un malfunzionamento del sistema informatico della cancelleria avesse impedito la registrazione tempestiva del deposito dell’atto.
2. Illegittimità della procedura: La Corte d’Appello aveva dichiarato l’inammissibilità de plano, ovvero con una procedura semplificata senza udienza, che secondo la ricorrente violava le norme procedurali.
La decisione della Corte di Cassazione sull’inammissibilità dell’appello
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando a sua volta il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni della ricorrente erano manifestamente infondate. Di conseguenza, hanno condannato la stessa al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende. La decisione sottolinea la rigidità dei termini processuali e la responsabilità della parte nel garantirne il rispetto, anche di fronte a presunti ostacoli tecnologici.
Le motivazioni della Corte
La Corte ha smontato le tesi difensive con argomentazioni precise e fondate su consolidati orientamenti giurisprudenziali.
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo al malfunzionamento del sistema informatico, i giudici hanno evidenziato che la difesa non aveva fornito alcuna prova concreta di tale presunto disservizio. Inoltre, e questo è il punto cruciale, hanno affermato che un eventuale problema telematico non avrebbe comunque impedito il deposito dell’atto, poiché era sempre possibile procedere con la presentazione cartacea direttamente in cancelleria. La possibilità di utilizzare un metodo alternativo rende irrilevante la difficoltà incontrata con quello telematico.
Sul secondo motivo, la Corte ha confermato la piena legittimità della procedura de plano per dichiarare l’inammissibilità dell’appello. Richiamando l’articolo 591, comma 2, del codice di procedura penale, i giudici hanno spiegato che questa norma consente al giudice di adottare la pronuncia anche d’ufficio, senza dover necessariamente convocare le parti in un’udienza camerale come previsto dall’articolo 127 c.p.p. La scelta di una procedura più snella è giustificata quando la causa di inammissibilità è evidente e non richiede approfondimenti.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma due principi fondamentali per chi opera nel diritto. Primo, i termini per impugnare sono perentori e la responsabilità di rispettarli ricade interamente sulla parte, che deve adoperarsi per superare eventuali ostacoli, anche tecnologici, utilizzando tutte le modalità consentite dalla legge. Secondo, la procedura semplificata de plano è uno strumento valido ed efficace a disposizione del giudice per definire rapidamente le impugnazioni che presentano vizi procedurali evidenti, garantendo così l’efficienza del sistema giudiziario. La condanna al pagamento di una cospicua somma alla cassa delle ammende funge inoltre da monito contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati.
Un malfunzionamento del sistema informatico giustifica il deposito tardivo di un appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un presunto malfunzionamento del sistema informatico non è una scusante valida se esistono modalità alternative per il deposito dell’atto, come la presentazione cartacea direttamente in cancelleria. L’onere di provare l’impossibilità assoluta del deposito spetta a chi lo eccepisce.
È legittimo dichiarare l’inammissibilità dell’appello “de plano”, cioè senza un’udienza formale?
Sì. La Corte ha confermato che la procedura “de plano” è legittima per dichiarare l’inammissibilità di un appello quando la causa è manifesta, come previsto dall’art. 591, comma 2, del codice di procedura penale. Non è necessario attivare la procedura camerale formale prevista dall’art. 127 c.p.p.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, il cui importo è determinato discrezionalmente dalla Corte in base alle questioni trattate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46175 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46175 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MANDURIA il 04/06/1979
avverso la sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Con il ricorso di COGNOME COGNOME si chiede l’annullamento l’ordinanza di inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza del 19.02.2024 del Tribunale di Brindisi, emessa dalla Corte di appello di Lecce che ha rilevato la tardività dell’appello;
Ritenuto che il primo motivo con cui si censura la tardività dell’appello risulta argomentato sulla base di una indimostrata omessa registrazione del deposito tempestivo in cancelleria, non assumendo rilevanza il riferito malfunzionamento del sistema informatico, essendo comunque possibile la presentazione dell’impugnazione in cancelleria;
ritenuto che è manifestamente infondata anche la questione dedotta con il secondo motivo, atteso che è legittima la declaratoria di inammissibilità dell’appello, pronunciata “de plano”, senza che debbano essere osservati gli adempimenti per il procedimento camerale prescritti dall’art. 127 cod. proc. pen., il quale non è richiamato dalla norma generale di cui all’art. 591, comma 2, cod. proc. pen, che si limita a disporre che il giudice adotta la pronuncia anche d’ufficio (Sez. 2, n. 24808 del 24/07/2020, Rv. 279553; Sez. 5, n. 7448 del 03/10/2013, dep. 2014, Rv. 259031; Sez. 6, n. 48752 del 22/11/2011, Rv. 251565).
Infine va ricordato che nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod. proc. pen., quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, non va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, poiché attesa la manifesta infondatezza del ricorso la memoria volta a contrastare la pretesa dell’imputato appare superflua rispetto al particolare rito in considerazione. (Sez. U, Ord. n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226716, Gallo; Sez. 7, Ord. n. 44280 del 13/09/2016, Rv. 268139).
Da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 15 novembre 2024
ere estensore GLYPH Il Consi
Il Presidente