Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16436 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16436 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nata ad Avellino il 18/06/1984
avverso la sentenza dell’11/12/2024 della Corte militare di appello visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale militare NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
udito, in difesa dell’imputata, l’avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte militare di appello dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’appuntato dei Carabinieri NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale militare di Napoli emessa l’11 ottobre 2023, che aveva condannato l’imputata alla pena di quattro mesi di reclusione militare per il reato di violata consegna aggravata.
La declaratoria di inammissibilità trovava causa nel fatto che, con l’atto di appello, non era stata depositata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione all’imputata del decreto di citazione a giudizio, come prescritto dall’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., nel testo pro-tempore vigente.
Ricorre COGNOME per cassazione, tramite il suo difensore di fiducia.
Il ricorso è articolato in due motivi.
2.1. Nel primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., perché applicato, in tesi, oltre i limiti temporali della s vigenza. La disposizione è stata infatti abrogata dall’art. 2, comma 1, lett. o), della legge 9 agosto 2024, n. 114. Si tratterebbe di materia processualsostanziale, per la quale varrebbe la garanzia della retroattività della disciplina più favorevole.
hal#: 65799c 5b1c2e844c Sotto altro aspetto, il precetto antevigente sarebbe stata interpretato in modo non corretto, giacché la sua funzione sarebbe stata quella di garantire la celere costituzione delle parti e il contraddittorio senza l’imposizione di oneri esagerati a carico della cancelleria del giudice dell’impugnazione. Tale funzione rimarrebbe salvaguardata, nel momento in cui il domicilio dell’imputato, al di là del rispetto di adempimenti formalistici, fosse agevolmente ricavabile dagli atti. E questa era la situazione riscontrabile nella specie, trattandosi di imputata elettivamente domiciliata presso il difensore, come da rituale pregressa dichiarazione contenuta nel fascicolo processuale, mai revocata o modificata.
Da:
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La difesa ricorrente menziona la pronuncia resa in argomento dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione in data 24 ottobre 2024 (il cui esito è stato annunciato tramite la diffusione di apposita «Informazione provvisoria»), escludendo che in tale pronuncia possano essere stati affermati principi dissonanti.
2.2. Nel secondo motivo si denuncia la contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui la Corte militare di appello, dopo aver riconosciuto che la prescrizione formale dovesse essere intesa come diretta ad assicurare l’identità del domicilio prodromico all’instaurazione del contraddittorio, e nonostante
Da:
NOME COGNOME Emesso
Firmato
quest’ultima fosse ritualmente avvenuta, aveva ugualmente dichiarato l’invalida costituzione del rapporto processuale.
Osserva ancora la difesa ricorrente che, se interpretata in senso rigoristico, la disposizione renderebbe la posizione dell’imputato comparso in primo grado ingiustificatamente più gravosa rispetto a quella dell’imputato assente.
Una volta emesso il decreto di citazione a giudizio, d’altra parte, l’inammissibilità dell’appello non avrebbe potuto essere più dichiarata.
Essendo, infine, stata resa nota la sola «informazione provvisoria» della decisione delle Sezioni unite, la Corte militare di appello avrebbe dovuto attenderne la pubblicazione prima di assumere determinazioni definitive sulla questione giuridica al suo esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso, tra loro connessi e congiuntamente esaminabili, non hanno pregio.
Non può essere anzitutto accolto il rilievo preliminare, circa i pretesi effetti retroattivi dell’intervenuta abrogazione del comma 1 -ter dell’art. 581 cod. proc. pen., disposta dall’art. 2, comma 1, lett. o), della legge n. 114 del 2024.
Sul punto basti richiamare l’opposto principio di diritto, enunciato da Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, COGNOME, secondo cui la disciplina già contenuta nel predetto art. 581, comma 1 -ter, «continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024», giacché – qualora, come nel caso in esame, si discorra delle modalità di compimento di un atto processuale che, come l’atto d’impugnazione, considerato isolatamente e nel suo aspetto formale, abbia effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento – deve aversi riguardo, in applicazione del principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., alla disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso.
Ciò posto, la retta interpretazione dell’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., in relazione ai giudizi nei quali, come quello odierno, la disposizione risulti tuttora transitoriamente applicabile, è stata fornita dalla medesima pronuncia delle Sezioni Unite n. 13808 del 2025, De Felice.
In essa si richiama, anzitutto, la rado della disposizione, che era quella di garantire, al pari di quella ancora racchiusa nel successivo comma 1 -quater del medesimo art. 581, impugnazioni consapevoli e relative citazioni a giudizio
dall’esito certo; finalità al cui perseguimento, nel caso di imputato comparso in primo grado, era stata ritenuta dal legislatore necessaria e sufficiente l’allegazione, con l’impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, tale da agevolare la notificazione, nei suoi confronti, dell’atto introduttivo del relativo giudizio.
L’evidenziazione, al momento della proposizione dell’impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio era in quest’ottica necessaria, essendo l’adempimento strettamente funzionale – secondo le valutazioni legislative protempore operate – al raggiungimento dell’obiettivo anzidetto, nonché ragionevolmente connesso a considerazioni di sistema, volte al raggiungimento di una maggiore razionalità, rapidità ed efficienza del regime di notificazione del decreto di citazione. L’assetto risultante introduceva, sì, una regolamentazione formalmente restrittiva delle modalità di accesso al giudice, garantito dalla Costituzione e dalla CEDU, ma in vista di uno scopo legittimo e nel rispetto del principio di proporzionalità, che sono anche i requisiti cui si richiama la Corte di Strasburgo nel valutare la compatibilità di discipline siffatte rispetto all’art della Convenzione (v., esemplificativamente, Corte EDU, 28/10/2021, COGNOME e altri c. Italia).
Non era, invece, richiesto che la dichiarazione o elezione di domicilio in questione fosse “nuova”, ossia formata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata e in vista della proposizione dell’impugnazione, in quanto tale ulteriore condizione è stata sin dall’inizio stabilita, soltanto e in mod espresso, per l’imputato giudicato in assenza. E’ la posizione di quest’ultimo, dunque, che resta – tuttora, per il caso di imputato assistito da difensore di ufficio (comma 1 -quater dell’art. 581 cod. proc. pen., nel testo risultante dal medesimo art. 2, comma 1, lett. o), della legge n. 114 del 2024) – formalmente gravata di un maggiore onere, che si giustifica, in questo caso, pur sempre nell’ottica della tutela rafforzata del principio della natura consapevole dell’esercizio del diritto di impugnazione.
5. In base all’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., la dichiarazione o l’elezione di domicilio, da allegare unitamente all’atto di appello, non doveva così – essere necessariamente successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, risultando adeguata al raggiungimento del fine perseguito dal legislatore anche una precedente dichiarazione o elezione di domicilio.
Le Sezioni Unite richiamano altresì, a sostegno dell’assunto, l’art. 14, par. 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla CEDU, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984,
ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, i quali prevedono H diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato, e si oppongono in pari modo ad interpretazioni estensive del requisito formale in scrutinio, incoerenti con la sua ratio e destinate a riverberarsi negativamente sulla pienezza del diritto di impugnazione.
Per le stesse ragioni le Sezioni unite osservano che la dichiarazione o elezione di domicilio, da versare in atti assieme all’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità del medesimo, non necessariamente deve essere materialmente unita all’atto stesso, potendo essere soltanto in esso richiamata, a condizione però che tale richiamo sia chiaro, specifico, inequivoco, e permetta, senza difficoltà o necessità di indagini, di individuarla con immediatezza nel fascicolo processuale, sì da consentire la rapida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio del grado ulteriore e da assicurare la salvaguardia delle esigenze di celerità e certezza sottese alla previsione di cui all’art. 581, comma 1 -ter cod. proc. pen.
Così ricostruita la retta esegesi della disciplina processuale in esame, e agevole rilevare come la sentenza impugnata vi si sia perfettamente conformata.
L’atto di appello, secondo quanto risulta dagli atti, non solo non era corredato di dichiarazione o elezione di domicilio, nuova e autonoma, o anche solo antecedente e ad esso unita, ma neppure conteneva il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.
La Corte militare di appello ha, dunque, ineccepibilmente dichiarato l’inammissibilità del gravame. Le cause di inammissibilità non sono infatti soggette a sanatoria e devono essere valutate e accertate, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (da ultimo, Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, fvlirabella, Rv. 281630-01).
Il ricorso è di conseguenza inammissibile, avendo esso ad oggetto una sentenza di appello già invalidamente impugnata (arg. ex Sez. 7, n. 21426 del 12/12/2012, dep. 2013, Bianco, Rv. 255642-01).
Alla declaratoria di inammissibilita consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sentenza n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in tremila euro.
14 L124 01. ODSODURIJ
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