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Inammissibilità del ricorso per motivi non consentiti

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso non sono ammessi in sede di legittimità, in quanto contestano nel merito decisioni già adeguatamente motivate e introducono argomenti nuovi, mai sollevati nel precedente grado di giudizio. Tale inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando l’appello in Cassazione non supera il vaglio

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio pratico dei rigorosi requisiti richiesti per un ricorso in Cassazione, evidenziando come la mancata osservanza delle regole procedurali porti a una declaratoria di inammissibilità del ricorso. La Suprema Corte ha respinto l’istanza di un imputato, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione, poiché i motivi addotti non erano ammissibili in sede di legittimità. Questo caso sottolinea l’importanza di formulare un ricorso tecnicamente impeccabile, senza tentare di riaprire discussioni di merito già concluse.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione di secondo grado, portando le sue doglianze dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso si concentrava su due punti principali: la valutazione della recidiva e il giudizio di equivalenza tra le circostanze aggravanti e attenuanti.

Analisi dei motivi dell’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha ritenuto inammissibile per due ragioni fondamentali, che costituiscono un monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte.

1. Contestazione di merito e non di legittimità

Il primo motivo di ricorso contestava il giudizio sulla recidiva. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno osservato che la sentenza d’appello era supportata da una motivazione ‘sufficiente e non illogica’. La Corte d’Appello aveva infatti già esaminato adeguatamente le argomentazioni difensive. Tentare di rimettere in discussione tale valutazione di merito davanti alla Cassazione è un’operazione non consentita, poiché il giudizio di legittimità non serve a riesaminare i fatti, ma solo a controllare la corretta applicazione del diritto.

2. Proposizione di un motivo nuovo

Il secondo motivo di inammissibilità è ancora più tecnico: il ricorrente ha messo in discussione il giudizio di equivalenza tra le circostanze, ma questa specifica censura non era mai stata sollevata nel precedente atto di appello. In altre parole, si trattava di un argomento nuovo, introdotto per la prima volta in Cassazione. La procedura penale non consente di ‘risparmiare’ motivi di doglianza per poi presentarli in un grado di giudizio successivo. Ciò che non viene contestato in appello non può, di regola, essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità.

La decisione della Suprema Corte

Alla luce di queste criticità, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Questa declaratoria non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha imposto al ricorrente il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per scoraggiare ricorsi infondati o dilatori.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. I motivi del ricorso sono stati giudicati non consentiti dalla legge in sede di legittimità. Per un verso, sono stati definiti come affetti da ‘aspecificità estrinseca’ riguardo alla recidiva, poiché si limitavano a contestare una valutazione di merito ben argomentata dalla Corte territoriale. Per altro verso, la questione sull’equivalenza delle circostanze è stata considerata un’inammissibile novità, poiché non era stata oggetto del precedente appello. La Corte ha quindi ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di custode della corretta applicazione della legge.

Le Conclusioni

La pronuncia in commento è un’importante lezione sulla tecnica redazionale e sulla strategia processuale nei ricorsi per Cassazione. Dimostra che non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza per poterla impugnare efficacemente davanti alla Suprema Corte. È necessario formulare censure specifiche, pertinenti al solo giudizio di legittimità (violazioni di legge o vizi di motivazione macroscopici) e, soprattutto, basate su questioni già devolute al giudice del gravame precedente. In caso contrario, il rischio concreto è quello di veder dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con l’ulteriore aggravio delle spese processuali e di una sanzione economica.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità. In particolare, contestavano nel merito una decisione (sulla recidiva) già sufficientemente motivata e introducevano un argomento nuovo (sull’equivalenza delle circostanze) mai sollevato in appello.

È possibile presentare per la prima volta un motivo di contestazione nel ricorso per Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza, non è possibile sollevare per la prima volta in Cassazione un motivo di doglianza che non era stato precedentemente sottoposto al giudice d’appello. Farlo rende il motivo stesso, e potenzialmente l’intero ricorso, inammissibile.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Come stabilito dalla Corte in applicazione dell’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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