Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Respinge l’Appello
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di un principio fondamentale della procedura penale: i limiti del giudizio di fronte alla Corte di Cassazione. Il caso tratta della dichiarata inammissibilità del ricorso di un imputato che, dopo il rigetto in Appello, ha tentato di portare la sua causa davanti alla Suprema Corte, ma con motivi non adeguati. Questa decisione sottolinea l’importanza di formulare un ricorso basato su questioni di diritto e non su una semplice riconsiderazione dei fatti.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da una richiesta avanzata da un soggetto al giudice dell’esecuzione, finalizzata ad ottenere il riconoscimento della “continuazione” tra diversi reati. Questo istituto giuridico, se applicato, avrebbe potuto portare a un trattamento sanzionatorio più mite, unificando le pene come se fossero state commesse in esecuzione di un unico disegno criminoso. La Corte d’Appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto tale domanda.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione da parte della Corte territoriale.
L’Inammissibilità del Ricorso Secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La ragione di tale decisione non risiede nel merito della richiesta originaria (la continuazione), ma nella natura stessa dei motivi presentati. Secondo i giudici supremi, il ricorso non sollevava questioni di legittimità, ovvero non indicava dove e come la Corte d’Appello avesse errato nell’applicare la legge.
Al contrario, le argomentazioni del ricorrente si risolvevano in una critica all’analisi dei fatti compiuta dal giudice precedente e, di fatto, in una richiesta di rivalutare le prove e le circostanze. Questo tipo di riesame, tuttavia, è precluso in sede di legittimità. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ripresentare le proprie ragioni fattuali, ma un organo che garantisce l’uniforme e corretta interpretazione della legge.
Le motivazioni
Nelle motivazioni, la Corte ha specificato che il giudice dell’esecuzione aveva già esaminato in modo completo i profili dei fatti oggetto dei diversi giudizi. Non erano emersi indicatori concreti di una “comune ideazione” tra le varie condotte, elemento necessario per riconoscere la continuazione. La critica mossa dal ricorrente, quindi, si traduceva in una richiesta di rivalutazione del merito, non consentita in questa sede.
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come conseguenza di diritto, l’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non ravvisando elementi che potessero escludere la colpa del ricorrente nel proporre un’impugnazione infondata, lo ha condannato anche al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema giudiziario: il ricorso per cassazione deve essere fondato su motivi di diritto. Chi intende adire la Suprema Corte deve essere in grado di dimostrare un errore nell’interpretazione o nell’applicazione di una norma giuridica, oppure un vizio logico manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato. Sollecitare una nuova e diversa lettura degli elementi di fatto è una strada non percorribile e destinata all’insuccesso, con l’ulteriore conseguenza di una condanna al pagamento di spese e sanzioni. Questo caso serve da monito sulla necessità di calibrare attentamente le ragioni del proprio ricorso, per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi non consentiti. Invece di contestare una violazione di legge, il ricorrente ha chiesto alla Corte di Cassazione una rivalutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.
Cosa aveva chiesto originariamente il ricorrente?
Il ricorrente aveva chiesto alla Corte d’Appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, il riconoscimento della “continuazione” tra diversi reati, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5278 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5278 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 31/12/1988
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 4 luglio 2024 la Corte di Appello di Milano, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda introdotta da NOMECOGNOME tesa ad ottenere il riconoscimento della continuazione.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, il giudice della esecuzione ha compiutamente esaminato i profili dei fatti oggetto dei diversi giudizi, non ravvisando concreti indicator ricorrenza della comune ideazione tra le diverse condotte e la critica si riso in una richiesta di rivalutazione in fatto, non consentita in sede di legitti
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente