Inammissibilità del Ricorso: Quando i Motivi sono Troppo Generici
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia penale, sottolineando come la specificità dei motivi sia un presupposto imprescindibile. Il caso riguarda l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello, a causa della genericità delle censure mosse.
Il Fatto: la Richiesta di una Pena più Mite
Il ricorrente si era rivolto alla Suprema Corte lamentando un’errata determinazione della pena da parte della Corte d’Appello di Bari. Nello specifico, i motivi del ricorso si concentravano sulla richiesta di una sanzione più mite e sulla concessione delle circostanze attenuanti generiche, che erano state negate nel precedente grado di giudizio. Tuttavia, le argomentazioni non entravano nel merito della motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a una generica doglianza.
L’Inammissibilità del Ricorso nella Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, non è sufficiente lamentare l’entità della pena o il diniego delle attenuanti per ottenere una revisione della decisione. È necessario, invece, che il ricorso contenga una critica puntuale e argomentata della motivazione della sentenza di secondo grado, evidenziando vizi logici o errori di diritto specifici. In assenza di tali elementi, il ricorso si risolve in una mera richiesta di riesame nel merito, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Le motivazioni della Corte
La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘adeguata’ e ‘puntuale’ sia sulla dosimetria della pena sia sul diniego delle circostanze attenuanti generiche. Le deduzioni del ricorrente sono state definite ‘aspecifiche’ perché, di fronte a una motivazione completa, si limitavano a ‘invocare una pena più mite, senza alcuna concreta indicazione che giustifichi il dedotto vizio di motivazione’. Questa mancanza di specificità rende il ricorso non meritevole di essere esaminato nel merito, determinandone l’inammissibilità.
Di conseguenza, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per essere ammissibile, un ricorso deve quindi attaccare in modo specifico i punti della sentenza che si ritengono errati, spiegando in dettaglio perché la motivazione del giudice inferiore sarebbe viziata. Una semplice richiesta di clemenza, senza un fondamento critico, è destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano ‘aspecifici’. Si limitavano a richiedere una pena più mite senza muovere critiche concrete e circostanziate alla motivazione della sentenza della Corte d’Appello.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In base all’ordinanza e all’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000,00 euro.
È sufficiente chiedere una pena più lieve in un ricorso per cassazione?
No, questa ordinanza chiarisce che non è sufficiente. Il ricorso deve contenere una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata, dimostrando perché il ragionamento del giudice precedente sarebbe errato o illogico. Una generica richiesta di clemenza non è un motivo valido.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5140 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5140 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
ritenuto che la Corte di appello di Bari ha adeguatamente motivato in merito alla determinazione della pena, fornendo giustificazione in punto di dosimetria della pena e di diniego delle circostanze attenuanti generiche;
ritenuto che le deduzioni sviluppate nei motivi di ricorso sono aspecifiche perché a front di una motivazione puntuale, si limitano ad invocare una pena più mite, senza alcuna concreta indicazione che giustifichi il dedotto vizio di motivazione;
ritenuto che da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 10 gennaio 2025
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