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Inammissibilità del ricorso: le censure generiche

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21185/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di due imputati, chiarendo i requisiti di specificità dei motivi di appello. Un ricorso è stato respinto perché meramente riproduttivo di censure già confutate in appello. L’altro è stato giudicato inammissibile perché le conclusioni della difesa, inviate via PEC, erano generiche e prive di argomentazioni, non costituendo quindi un concreto esercizio del diritto di difesa.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti

L’inammissibilità del ricorso è una delle sanzioni processuali più severe, che impedisce al giudice di esaminare nel merito le ragioni di chi impugna una sentenza. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, delineando con precisione quando i motivi di ricorso sono da considerarsi troppo generici per essere accolti. L’ordinanza analizza due casi distinti, entrambi culminati in una declaratoria di inammissibilità, offrendo spunti fondamentali per la corretta redazione degli atti difensivi.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da due individui avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Entrambi gli imputati, attraverso i loro difensori, hanno adito la Suprema Corte per ottenere l’annullamento della pronuncia di condanna. Tuttavia, le modalità con cui i ricorsi sono stati formulati si sono rivelate fatali, portando la Corte a non entrare nemmeno nel vivo delle questioni sollevate.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, seppur per ragioni parzialmente diverse, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si basa su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di specificità dei motivi di ricorso.

Il Ricorso Ripetitivo di Censure Già Valutate

Per il primo ricorrente, la Corte ha rilevato come i motivi di ricorso fossero una mera riproduzione delle censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. In pratica, la difesa non ha introdotto nuovi argomenti di diritto o contestato specificamente la logicità della motivazione della sentenza di secondo grado, ma si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni. Questo comportamento rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni Difensive Prive di Argomentazione

Più articolata è la motivazione relativa al secondo ricorrente. La difesa lamentava l’omessa indicazione e valutazione, nella sentenza d’appello, delle conclusioni inviate tramite Posta Elettronica Certificata (PEC). La Cassazione ha smontato questa censura su due fronti:
1. Irrilevanza dell’omessa indicazione: Citando un proprio precedente (Sez. 4, n. 48770/2019), la Corte ha ribadito che la mancata trascrizione delle conclusioni delle parti in sentenza non costituisce, di per sé, motivo di nullità.
2. Necessità di un contenuto argomentativo: La Corte ha precisato che l’omessa valutazione di conclusioni inviate via PEC può causare una nullità (di tipo intermedio, ex art. 178 c.p.p.) solo a una condizione: che tali conclusioni abbiano un “effettivo contenuto argomentativo” e rappresentino un “concreto esercizio del diritto di difesa”.

Nel caso specifico, le conclusioni si limitavano a chiedere l’assoluzione “perché il fatto non sussiste/non costituisce reato” e la concessione delle attenuanti generiche, senza alcuna spiegazione o argomentazione a supporto. Tale richiesta, per la sua estrema genericità, è stata ritenuta inidonea a stimolare una valutazione da parte del giudice.

Le Motivazioni della Decisione

La ratio della decisione risiede nel principio di specificità dei motivi di impugnazione. Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, chi ricorre ha l’onere di indicare in modo chiaro e preciso le parti del provvedimento che contesta e le ragioni giuridiche a sostegno della sua tesi. Ripetere argomenti già respinti o formulare richieste generiche senza alcun supporto argomentativo svuota di significato il diritto di impugnazione, trasformandolo in un tentativo dilatorio. La Corte sottolinea che il diritto di difesa si esercita attraverso argomenti concreti, non con formule di stile. La nullità processuale, in particolare quella legata alla violazione del contraddittorio, scatta solo quando viene leso effettivamente questo diritto.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. La redazione di un ricorso, specialmente in Cassazione, richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza impugnata, individuando specifici vizi di legittimità o di motivazione. È inutile e controproducente riproporre le stesse difese già vagliate nei gradi di merito. Allo stesso modo, le conclusioni scritte, anche se inviate con strumenti moderni come la PEC, devono essere argomentate e non possono limitarsi a una sterile richiesta di assoluzione. Pena, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione economica.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando, tra le altre cause, i motivi sono manifestamente infondati, ad esempio perché si limitano a riproporre censure già adeguatamente respinte nei precedenti gradi di giudizio, oppure quando le conclusioni difensive sono talmente generiche da non contenere alcuna argomentazione a loro supporto.

La semplice omissione delle conclusioni della difesa in una sentenza la rende nulla?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata citata nell’ordinanza, la mera mancata trascrizione delle conclusioni delle parti nel testo della sentenza non è, di per sé, una causa di nullità della pronuncia.

L’omessa valutazione da parte del giudice di conclusioni inviate via PEC è sempre causa di nullità?
No, non sempre. L’omessa valutazione di tali conclusioni può determinare una nullità solo se queste possiedono un effettivo contenuto argomentativo e costituiscono un concreto esercizio del diritto di difesa. Se le conclusioni sono generiche e si limitano a richiedere l’assoluzione senza alcuna motivazione, la loro mancata valutazione è irrilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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