Inammissibilità del ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti
L’inammissibilità del ricorso è una delle sanzioni processuali più severe, che impedisce al giudice di esaminare nel merito le ragioni di chi impugna una sentenza. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, delineando con precisione quando i motivi di ricorso sono da considerarsi troppo generici per essere accolti. L’ordinanza analizza due casi distinti, entrambi culminati in una declaratoria di inammissibilità, offrendo spunti fondamentali per la corretta redazione degli atti difensivi.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da due individui avverso una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Entrambi gli imputati, attraverso i loro difensori, hanno adito la Suprema Corte per ottenere l’annullamento della pronuncia di condanna. Tuttavia, le modalità con cui i ricorsi sono stati formulati si sono rivelate fatali, portando la Corte a non entrare nemmeno nel vivo delle questioni sollevate.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, seppur per ragioni parzialmente diverse, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si basa su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di specificità dei motivi di ricorso.
Il Ricorso Ripetitivo di Censure Già Valutate
Per il primo ricorrente, la Corte ha rilevato come i motivi di ricorso fossero una mera riproduzione delle censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. In pratica, la difesa non ha introdotto nuovi argomenti di diritto o contestato specificamente la logicità della motivazione della sentenza di secondo grado, ma si è limitata a riproporre le stesse argomentazioni. Questo comportamento rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.
Le Conclusioni Difensive Prive di Argomentazione
Più articolata è la motivazione relativa al secondo ricorrente. La difesa lamentava l’omessa indicazione e valutazione, nella sentenza d’appello, delle conclusioni inviate tramite Posta Elettronica Certificata (PEC). La Cassazione ha smontato questa censura su due fronti:
1. Irrilevanza dell’omessa indicazione: Citando un proprio precedente (Sez. 4, n. 48770/2019), la Corte ha ribadito che la mancata trascrizione delle conclusioni delle parti in sentenza non costituisce, di per sé, motivo di nullità.
2. Necessità di un contenuto argomentativo: La Corte ha precisato che l’omessa valutazione di conclusioni inviate via PEC può causare una nullità (di tipo intermedio, ex art. 178 c.p.p.) solo a una condizione: che tali conclusioni abbiano un “effettivo contenuto argomentativo” e rappresentino un “concreto esercizio del diritto di difesa”.
Nel caso specifico, le conclusioni si limitavano a chiedere l’assoluzione “perché il fatto non sussiste/non costituisce reato” e la concessione delle attenuanti generiche, senza alcuna spiegazione o argomentazione a supporto. Tale richiesta, per la sua estrema genericità, è stata ritenuta inidonea a stimolare una valutazione da parte del giudice.
Le Motivazioni della Decisione
La ratio della decisione risiede nel principio di specificità dei motivi di impugnazione. Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, chi ricorre ha l’onere di indicare in modo chiaro e preciso le parti del provvedimento che contesta e le ragioni giuridiche a sostegno della sua tesi. Ripetere argomenti già respinti o formulare richieste generiche senza alcun supporto argomentativo svuota di significato il diritto di impugnazione, trasformandolo in un tentativo dilatorio. La Corte sottolinea che il diritto di difesa si esercita attraverso argomenti concreti, non con formule di stile. La nullità processuale, in particolare quella legata alla violazione del contraddittorio, scatta solo quando viene leso effettivamente questo diritto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. La redazione di un ricorso, specialmente in Cassazione, richiede un’analisi critica e approfondita della sentenza impugnata, individuando specifici vizi di legittimità o di motivazione. È inutile e controproducente riproporre le stesse difese già vagliate nei gradi di merito. Allo stesso modo, le conclusioni scritte, anche se inviate con strumenti moderni come la PEC, devono essere argomentate e non possono limitarsi a una sterile richiesta di assoluzione. Pena, come in questo caso, una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione economica.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando, tra le altre cause, i motivi sono manifestamente infondati, ad esempio perché si limitano a riproporre censure già adeguatamente respinte nei precedenti gradi di giudizio, oppure quando le conclusioni difensive sono talmente generiche da non contenere alcuna argomentazione a loro supporto.
La semplice omissione delle conclusioni della difesa in una sentenza la rende nulla?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata citata nell’ordinanza, la mera mancata trascrizione delle conclusioni delle parti nel testo della sentenza non è, di per sé, una causa di nullità della pronuncia.
L’omessa valutazione da parte del giudice di conclusioni inviate via PEC è sempre causa di nullità?
No, non sempre. L’omessa valutazione di tali conclusioni può determinare una nullità solo se queste possiedono un effettivo contenuto argomentativo e costituiscono un concreto esercizio del diritto di difesa. Se le conclusioni sono generiche e si limitano a richiedere l’assoluzione senza alcuna motivazione, la loro mancata valutazione è irrilevante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21185 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21185 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato a ALCAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i ricorsi di NOME COGNOME e COGNOME NOME e la memora del difensore di fiducia d NOME con cui si insiste per l’accoglimento del ricorso, confutando il contenuto della no con cui veniva comunicato il preliminare vaglio di inammissibilità del ricorso
OSSERVA
Rilevato che i motivi del ricorso di COGNOME con cui si censura la ritenut responsabilità in ordine al reato sono riproduttivi di censure adeguatamente confutate dall Corte di appello nella parte in cui ha preso in esame la condotta posta in essere dal ricorren tesa ad impedire l’attività di perquisizione in atto (pag. 4 e 5);
rilevato che il motivo con cui COGNOME censura l’omessa indicazione delle conclusioni della difesa è manifestamente infondato, tenuto conto che, da un canto, secondo pacifica giurisprudenza di questa Corte, l’omessa indicazione in sentenza delle conclusioni delle part non costituisce motivo di nullità della pronuncia (Sez. 4, n. 48770 del 24/10/2019, Rv 277876), mentre, dall’altro, l’omessa valutazione in sentenza delle conclusioni inviate dal difesa a mezzo PEC secondo quanto previsto dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, è causa di nullità generale a regime intermedio, ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., solo allorché dette conclusioni abbiano un effett contenuto argomentativo e costituiscano concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 2, 25365 del 16/02/2023, COGNOME, Rv. 284865); che le conclusioni, nel caso di specie, sono prive di argomentazione alcuna, limitandosi le stesse a richiedere l’assoluzione dell’imputat perché il fatto non sussiste/non costituisce reato e la concessione delle circostanze attenuan generiche;
rilevato che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024