Inammissibilità del ricorso: quando la prescrizione non può essere dichiarata
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 10276 del 2024, ribadisce un principio cruciale nel diritto processuale penale: l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado. Questa decisione sottolinea l’importanza di formulare motivi di impugnazione specifici e fondati, pena la cristallizzazione della condanna e l’impossibilità di beneficiare del decorso del tempo.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. I motivi di impugnazione erano principalmente due:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto: La difesa sosteneva che il reato commesso dovesse essere ricondotto alla fattispecie più lieve di furto semplice (art. 624 c.p.), contestando la motivazione della Corte territoriale.
2. Intervenuta prescrizione: Si deduceva che il reato ascritto fosse ormai estinto per il decorso del tempo previsto dalla legge.
Entrambi i motivi sono stati respinti dalla Suprema Corte, che ha dichiarato il ricorso inammissibile.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha analizzato separatamente le due censure, giungendo a una conclusione netta su entrambe. Per quanto riguarda il primo motivo, relativo al vizio di motivazione, i giudici hanno stabilito che fosse manifestamente infondato e generico. La Corte d’Appello aveva, infatti, fornito una motivazione logica e non arbitraria, e non è compito della Cassazione procedere a una nuova valutazione dei fatti o a una rilettura delle prove. Il ruolo del giudice di legittimità è verificare la corretta applicazione della legge, non ricostruire la vicenda.
Proprio questa prima valutazione ha determinato l’esito del secondo motivo. La Corte ha infatti ribadito un principio consolidato, espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 32/2000), secondo cui l’inammissibilità del ricorso impedisce di rilevare e dichiarare la prescrizione maturata in un momento successivo alla sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte si fonda su due pilastri giuridici distinti.
In primo luogo, viene ribadita la natura del giudizio di Cassazione. Questo non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Pertanto, un motivo di ricorso che si limiti a criticare la valutazione dei fatti operata dal giudice di secondo grado, senza individuare un vizio logico palese o una violazione di legge, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente non può chiedere alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, non palesemente illogica, del giudice di merito.
In secondo luogo, e come diretta conseguenza, la Corte spiega il rapporto tra inammissibilità e prescrizione. Quando un ricorso è inammissibile, si forma un rapporto processuale invalido. Questo significa che il giudice dell’impugnazione non può decidere sul merito della questione. L’eventuale causa di estinzione del reato, come la prescrizione, intervenuta dopo la sentenza di secondo grado, diventa irrilevante. L’inammissibilità “cristallizza” la situazione giuridica definita dalla sentenza precedente, precludendo ogni ulteriore valutazione sul merito, inclusa quella sulla prescrizione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante monito per la pratica legale. La presentazione di un ricorso in Cassazione richiede un’analisi rigorosa e la formulazione di motivi specifici che denuncino reali violazioni di legge o vizi logici evidenti nella motivazione. Proporre un’impugnazione generica o meramente contestativa della ricostruzione dei fatti non solo è inutile, ma è anche dannoso: comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, e soprattutto, impedisce di beneficiare di cause di estinzione del reato come la prescrizione, che nel frattempo potrebbero maturare. La decisione rafforza quindi la necessità di un approccio tecnico e rigoroso alla redazione dei ricorsi per Cassazione.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è manifestamente infondato o generico, ovvero quando non denuncia una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma si limita a proporre una diversa lettura dei fatti già valutati dai giudici di merito.
Cosa succede alla prescrizione del reato se il ricorso è inammissibile?
Secondo un principio consolidato, l’inammissibilità del ricorso preclude al giudice la possibilità di rilevare e dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata in un momento successivo alla data della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione non può procedere a una nuova valutazione dei fatti o a una rilettura degli elementi di prova. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza, senza entrare nel merito della ricostruzione fattuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10276 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10276 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FROSINONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, c:on cui la difesa contesta vizio di motivazione in ordine alla mancata riconduzione del fatto nella ipotesi di cui all’art. 624 cod. pen. è manifestamente infondato e, prima ancora, generico, avendo la Corte territoriale puntualmente motivato sulla deduzione difensiva e sulle stesse propalazioni dell’imputato, in forza di una valutazione che, in quanto sorretta da argomentazioni non arbitrarie o manifestamente illogiche, non sono censurabili in questa sede dove, come è pacifico, è evidentemente precluso procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., Sez. 6 – , n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148);
rilevato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione e la falsa applicazione della legge per intervenuta prescrizione del reato ascritto al capo C) dell’imputazione, è manifestamente infondato poiché l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (cfr., in tal senso, Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
138. R.G. 31250 – 2023
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 09/01/2024
Il Consigliere Estensore