Inammissibilità del Ricorso: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta un esito procedurale cruciale con significative conseguenze per il ricorrente. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come la genericità dei motivi di appello possa portare a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo articolo analizza la decisione, evidenziando i principi giuridici applicati.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bari. Il ricorrente, nato nel 1993, contestava la decisione di secondo grado, sollevando questioni relative alla valutazione delle prove e, in particolare, al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale.
La difesa chiedeva una riconsiderazione delle attenuanti nella loro massima estensione, un punto che, tuttavia, è stato ritenuto non sufficientemente argomentato per giustificare un riesame da parte della Corte di legittimità.
L’Inammissibilità del Ricorso secondo la Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso proposto. In questi casi, il compito della Suprema Corte non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Se il ricorso si basa su motivi vaghi, generici o manifestamente infondati, viene dichiarato inammissibile.
L’inammissibilità del ricorso comporta due importanti conseguenze economiche per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese del procedimento e il versamento di una somma alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in tremila euro.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile. Sebbene l’ordinanza sia sintetica, il riferimento alla richiesta di valutazione delle circostanze attenuanti (art. 62-bis c.p.) ‘nella loro massima estensione’ suggerisce che i motivi presentati fossero troppo generici per essere presi in considerazione. La Cassazione, infatti, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito riguardo all’entità delle attenuanti, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa che evidentemente non è stata ravvisata nel caso di specie.
La decisione, pertanto, si fonda su un principio consolidato: non è sufficiente lamentare un’errata valutazione da parte del giudice precedente, ma è necessario specificare in modo puntuale le ragioni di diritto o i vizi logici che renderebbero illegittima la sentenza impugnata. In assenza di tali specificazioni, il ricorso si risolve in una richiesta di riesame del merito, preclusa in sede di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del processo penale: l’accesso alla Corte di Cassazione è riservato a censure specifiche e ben fondate. Un ricorso basato su contestazioni generiche o che mira a una rivalutazione dei fatti è destinato all’inammissibilità del ricorso. La conseguenza non è solo la conferma della condanna, ma anche l’imposizione di ulteriori oneri economici a carico del ricorrente. Questa decisione serve da monito sull’importanza di redigere ricorsi tecnicamente solidi, focalizzati su precise violazioni di legge o vizi di motivazione, per evitare un esito sfavorevole e costoso.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte non esamina il merito della questione perché il ricorso non soddisfa i requisiti previsti dalla legge, come ad esempio la specificità dei motivi. Di conseguenza, la decisione impugnata diventa definitiva.
Quali sono le conseguenze economiche dell’inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Perché il riferimento alle circostanze attenuanti non è stato sufficiente in questo caso?
L’ordinanza suggerisce che la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche nella loro ‘massima estensione’ è stata considerata una motivazione troppo generica e non sufficientemente argomentata per giustificare un riesame da parte della Corte di Cassazione, che può intervenire solo su vizi di legittimità e non su valutazioni di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18922 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18922 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BISCEGLIE il 20/11/1993
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della
motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di cui all’art. 493-ter cod. pen., è generico per indeterminatezza perché privo dei
requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non
indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio
sindacato;
considerato che il secondo ed il terzo motivo di ricorso che contestano,
rispettivamente, l’eccessivo discostamento della pena irrogata dal minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio
di prevalenza sono manifestamente infondati poiché i giudici di merito, nella determinazione del trattamento sanzionatorio, da un lato hanno optato per un
quantum di pena corrispondente al minimo edittale e dall’altro hanno riconosciuto
le circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. nella loro massima estensione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 aprile 2025.