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Inammissibilità del ricorso: Cassazione su specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La decisione si fonda su due motivi principali: la genericità del primo motivo d’appello, che si limitava a riproporre questioni già respinte in precedenza, e la manifesta infondatezza del secondo, relativo alla violazione di un termine processuale che la Corte ha qualificato come meramente ordinatorio e non perentorio. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, numero 22333 del 2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, ribadendo principi fondamentali della procedura penale. La decisione verte sull’ inammissibilità del ricorso per motivi di genericità e manifesta infondatezza, fornendo una guida preziosa per la corretta redazione degli atti di impugnazione. Questo caso dimostra come la precisione e la pertinenza delle argomentazioni legali siano essenziali per superare il vaglio della Suprema Corte.

I Fatti alla Base della Decisione

Il caso ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente aveva sollevato due distinti motivi di doglianza. Il primo contestava il diniego della pena sostitutiva della detenzione domiciliare, mentre il secondo denunciava una presunta violazione di norme processuali, in particolare il mancato rispetto di un termine di 60 giorni previsto dal codice di procedura penale. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione per una valutazione di legittimità.

Analisi dei Motivi di Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per la loro inammissibilità. L’analisi della Corte si è concentrata sulla struttura e sul contenuto delle censure mosse dal ricorrente, valutandole alla luce dei rigorosi criteri stabiliti dal codice di procedura.

Il Primo Motivo: La Mancanza di Specificità

Il primo motivo è stato giudicato privo di specificità. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate erano una mera riproposizione delle stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d’appello. La Cassazione ha ricordato che, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, l’ inammissibilità del ricorso deriva dalla mancanza di correlazione tra le ragioni esposte nell’atto di impugnazione e quelle contenute nella decisione impugnata. In altre parole, non è sufficiente ripetere le proprie tesi, ma è necessario criticare in modo puntuale e specifico il ragionamento logico-giuridico del giudice che ha emesso la sentenza contestata.

Il Secondo Motivo: La Natura del Termine Processuale

Il secondo motivo è stato considerato manifestamente infondato. La censura riguardava la violazione del termine di 60 giorni previsto dall’art. 545-bis del codice di procedura penale. La Corte ha chiarito che tale termine ha natura ‘ordinatoria’ e non ‘perentoria’. Questo significa che la sua inosservanza non è sanzionata con la nullità del procedimento. La violazione di un termine ordinatorio non invalida gli atti compiuti successivamente, rendendo la doglianza del ricorrente palesemente priva di fondamento giuridico.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità, ha ribadito due principi cardine della procedura penale. In primo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso, che impone all’impugnante un onere di critica argomentata e mirata contro la decisione contestata, evitando ripetizioni generiche. In secondo luogo, ha riaffermato la distinzione tra termini ordinatori e termini perentori, sottolineando che solo la violazione di questi ultimi può comportare la nullità degli atti. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali, volta a garantire l’efficienza e la funzionalità del sistema giudiziario, evitando ricorsi dilatori o non adeguatamente motivati.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ha conseguenze pratiche significative. Stabilisce che un ricorso, per essere ammissibile, deve instaurare un dialogo critico con la sentenza impugnata, non potendosi limitare a una semplice riedizione di argomenti già vagliati. Inoltre, chiarisce che non tutte le violazioni procedurali hanno lo stesso peso, e la natura del termine violato è determinante per stabilirne le conseguenze. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il primo motivo era privo di specificità, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte dalla Corte d’Appello, senza criticare in modo specifico il ragionamento della sentenza impugnata.

La violazione del termine di 60 giorni previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. comporta la nullità del procedimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine di 60 giorni previsto da tale articolo è un termine ordinatorio, non prescritto a pena di nullità. Pertanto, la sua inosservanza non causa l’invalidità o la nullità degli atti del procedimento.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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