Inammissibilità del ricorso: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Specificità
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, numero 22333 del 2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, ribadendo principi fondamentali della procedura penale. La decisione verte sull’ inammissibilità del ricorso per motivi di genericità e manifesta infondatezza, fornendo una guida preziosa per la corretta redazione degli atti di impugnazione. Questo caso dimostra come la precisione e la pertinenza delle argomentazioni legali siano essenziali per superare il vaglio della Suprema Corte.
I Fatti alla Base della Decisione
Il caso ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente aveva sollevato due distinti motivi di doglianza. Il primo contestava il diniego della pena sostitutiva della detenzione domiciliare, mentre il secondo denunciava una presunta violazione di norme processuali, in particolare il mancato rispetto di un termine di 60 giorni previsto dal codice di procedura penale. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione per una valutazione di legittimità.
Analisi dei Motivi di Inammissibilità del Ricorso
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per la loro inammissibilità. L’analisi della Corte si è concentrata sulla struttura e sul contenuto delle censure mosse dal ricorrente, valutandole alla luce dei rigorosi criteri stabiliti dal codice di procedura.
Il Primo Motivo: La Mancanza di Specificità
Il primo motivo è stato giudicato privo di specificità. La Corte ha osservato che le argomentazioni presentate erano una mera riproposizione delle stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d’appello. La Cassazione ha ricordato che, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, l’ inammissibilità del ricorso deriva dalla mancanza di correlazione tra le ragioni esposte nell’atto di impugnazione e quelle contenute nella decisione impugnata. In altre parole, non è sufficiente ripetere le proprie tesi, ma è necessario criticare in modo puntuale e specifico il ragionamento logico-giuridico del giudice che ha emesso la sentenza contestata.
Il Secondo Motivo: La Natura del Termine Processuale
Il secondo motivo è stato considerato manifestamente infondato. La censura riguardava la violazione del termine di 60 giorni previsto dall’art. 545-bis del codice di procedura penale. La Corte ha chiarito che tale termine ha natura ‘ordinatoria’ e non ‘perentoria’. Questo significa che la sua inosservanza non è sanzionata con la nullità del procedimento. La violazione di un termine ordinatorio non invalida gli atti compiuti successivamente, rendendo la doglianza del ricorrente palesemente priva di fondamento giuridico.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità, ha ribadito due principi cardine della procedura penale. In primo luogo, il principio di specificità dei motivi di ricorso, che impone all’impugnante un onere di critica argomentata e mirata contro la decisione contestata, evitando ripetizioni generiche. In secondo luogo, ha riaffermato la distinzione tra termini ordinatori e termini perentori, sottolineando che solo la violazione di questi ultimi può comportare la nullità degli atti. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali, volta a garantire l’efficienza e la funzionalità del sistema giudiziario, evitando ricorsi dilatori o non adeguatamente motivati.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ha conseguenze pratiche significative. Stabilisce che un ricorso, per essere ammissibile, deve instaurare un dialogo critico con la sentenza impugnata, non potendosi limitare a una semplice riedizione di argomenti già vagliati. Inoltre, chiarisce che non tutte le violazioni procedurali hanno lo stesso peso, e la natura del termine violato è determinante per stabilirne le conseguenze. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché il primo motivo era privo di specificità, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già discusse e respinte dalla Corte d’Appello, senza criticare in modo specifico il ragionamento della sentenza impugnata.
La violazione del termine di 60 giorni previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. comporta la nullità del procedimento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine di 60 giorni previsto da tale articolo è un termine ordinatorio, non prescritto a pena di nullità. Pertanto, la sua inosservanza non causa l’invalidità o la nullità degli atti del procedimento.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22333 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22333 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NOVARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, è privo di specificità perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame (a pag. 5 della sentenza impugnata dove, con corretti argomenti logici e giuridici, si indicano le ragioni ostative all’applicazione dell pena sostituiva della detenzione domiciliare);
che, invero, la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), deriva l’inammissibilità, si desume dalla mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione;
considerato che il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato perché denunzia violazione di norme processuali non relative a nullità assolute posto che, il termine di 60 giorni previsto dall’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen. è un termine ordinatorio non prescritto a pena di nullità, con evidente manifesta infondatezza della censura articolata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 16 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il P sidente