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Inammissibilità del ricorso: Cassazione su motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per una violazione del Codice della Strada. La decisione si fonda su due pilastri: la presentazione tardiva dell’atto e la sua genericità, configurando un “non motivo” di impugnazione. La Corte ribadisce che i motivi devono essere specifici e non possono limitarsi a una lamentela astratta, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: quando un appello è considerato “non motivo” dalla Cassazione

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla procedura penale, chiarendo i requisiti di ammissibilità delle impugnazioni. Il caso riguarda l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato, giudicato tale non solo per tardività ma anche per l’estrema genericità dei motivi, definiti dalla Corte come un “non motivo”. Questa decisione sottolinea la necessità di precisione e specificità nella redazione degli atti processuali.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un imputato da parte della Corte d’Appello di Torino per una violazione del Codice della Strada (art. 116 d.P.R. 285/1992). L’imputato, tramite il suo difensore, aveva presentato appello contestando unicamente la commisurazione della pena, senza mettere in discussione la sua colpevolezza. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado.
Successivamente, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge: l’omessa considerazione da parte del giudice d’appello di eventuali cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su due distinti e autonomi profili di criticità. In primo luogo, il ricorso è stato depositato oltre il termine di legge. In secondo luogo, e in modo ancora più sostanziale, i motivi presentati sono stati ritenuti talmente vaghi da non costituire una reale critica alla sentenza impugnata, integrando così la fattispecie del cosiddetto “non motivo”. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Tardività del Ricorso

La Corte ha preliminarmente accertato che il ricorso era stato presentato il 4 marzo 2024, nonostante il termine scadesse il 2 marzo 2024. I giudici hanno chiarito che, secondo l’art. 172 cod. proc. pen., la scadenza di un termine di sabato non è soggetta a proroga, a differenza di quanto previsto nel processo civile. Questa rigorosa interpretazione conferma la necessità di una scrupolosa attenzione ai termini perentori nel processo penale.

La Genericità dei Motivi: Il Concetto di “Non Motivo”

Il cuore della decisione risiede nella qualificazione del motivo di ricorso come “non motivo”. La Cassazione spiega che la censura dell’imputato era del tutto generica. Egli si limitava a dedurre una omessa pronuncia assolutoria ex art. 129 cod. proc. pen., senza però specificare quali fossero le circostanze concrete che avrebbero dovuto portare a un proscioglimento. L’appello originario verteva solo sulla misura della pena, quindi il giudice di secondo grado non era chiamato a riesaminare la colpevolezza nel merito. Un ricorso per cassazione che si limita a una doglianza astratta, senza indicare elementi fattuali o giuridici precisi trascurati dalla corte precedente, è privo della specificità richiesta dalla legge e, pertanto, inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il dovere di specificità dei motivi di impugnazione. Non è sufficiente enunciare una norma di legge che si presume violata; è indispensabile articolare una critica puntuale e circostanziata, collegata alle specificità del caso concreto. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso per genericità non è solo una sanzione processuale, ma anche un monito per gli operatori del diritto a redigere atti chiari, pertinenti e fondati. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, inoltre, evidenzia le conseguenze economiche di un’impugnazione presentata con colpa, ovvero senza la dovuta diligenza e fondatezza giuridica.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: è stato presentato fuori termine (tardivamente) e i motivi addotti erano generici, configurando un cosiddetto “non motivo”, inidoneo a contestare specificamente la sentenza impugnata.

Cosa si intende per “non motivo” in un ricorso?
Per “non motivo” si intende una censura che, al di là della sua formulazione formale, non deduce una reale assenza di motivazione, vizi logici o violazioni di legge. Nel caso specifico, il ricorrente si è limitato a lamentare un’omessa pronuncia di assoluzione senza specificare quali circostanze concrete la giustificassero.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un’impugnazione con colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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