Inammissibilità del Ricorso: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio sui limiti del giudizio di legittimità e sulle ragioni che portano alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Il caso riguarda un imputato che, dopo essere stato condannato per ricettazione nei primi due gradi di giudizio, ha tentato di contestare la decisione davanti alla Suprema Corte proponendo una diversa interpretazione delle prove. La Corte ha respinto il tentativo, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale.
I Fatti del Processo
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Milano per diversi episodi di ricettazione, ha presentato ricorso per cassazione. L’unico motivo di appello era incentrato sulla presunta illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado. L’imputato, in sostanza, non contestava una violazione di legge, ma proponeva una ricostruzione dei fatti e una lettura delle prove processuali alternative a quelle adottate dai giudici di merito, sostenendo che la propria versione fosse più logica.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza Num. 25993 del 2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva. Oltre a ciò, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i casi di ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni: Il Principio di Diritto sull’Inammissibilità del Ricorso
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno spiegato il perché dell’inammissibilità del ricorso. La Corte ha chiarito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. È precluso alla Corte di Cassazione sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi.
I giudici di legittimità non possono ‘saggiare la tenuta logica della pronuncia’ confrontandola con altre possibili ricostruzioni dei fatti. Il loro compito è verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia esente da vizi logici evidenti e che sia stata applicata correttamente la legge. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione coerente e priva di vizi, fondando il proprio convincimento su argomenti giuridici corretti. Tentare di proporre una ‘lettura alternativa’ del materiale probatorio è un’attività che esula completamente dalle competenze della Corte di Cassazione, rendendo il ricorso, per sua stessa natura, inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale per chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione: il focus deve essere sugli errori di diritto, non sui fatti. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di riesaminare testimonianze, perizie o documenti per arrivare a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito. Un ricorso basato esclusivamente su una diversa ricostruzione fattuale è destinato a fallire e comporterà, come in questo caso, la condanna al pagamento di ulteriori spese e sanzioni pecuniarie. La decisione serve da monito: il giudizio di Cassazione è un controllo di legittimità, non una nuova opportunità per discutere il merito della causa.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove effettuate dai giudici di merito, proponendo una lettura alternativa. Questo tipo di contestazione non è consentita in sede di Cassazione.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione secondo questa ordinanza?
La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la presenza di vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata (giudizio di legittimità), ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti (giudizio di merito).
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25993 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25993 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il-ricorso proposto nell’in-teresse di COGNOME Gjete, ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità in ordine ai plurimi episodi di ricettazione contestati denunciando la illogicità della motivazione sulla base di una diversa lettura dei dati processuali e di una differente ricostruzione storica dei fatti, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le pagg. 16-17) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024
Il Consigliere Estensore
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Il Presidente