Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3791 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3791 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOMECOGNOME nato in Algeria il 2/11/1973 avverso il decreto del Tribunale di Sorveglianza di Torino del 13/5/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto reso in data 13.5.2024, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino ha dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen., una istanza di misura alternativa (affidamento al servizio sociale, semilibertà o detenzione domiciliare) presentata da NOME trattandosi di istanza priva dell’indicazione di una effettiva residenza e dell’ambiente di inserimento lavorativo, che non consentiva di acquisire le
•
necessarie notizie per il tramite degli organi competenti e impediva così ogni valutazione delle prospettive di rieducazione e di prevenzione.
Avverso il predetto decreto, ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolandolo in un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. prot. pen., la violazione degli artt. 666, comma 2, e 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Lamenta che la nota della Questura di Torino, a cui fa riferimento il provvedimento impugnato per inferirne che la indicazione del domicilio non fosse effettiva, dava atto che il ricorrente risultasse effettivamente residente all’indirizzo indicato nell’istanza di concessione unitamente alla moglie: costei, contattata telefonicamente, riferiva di non vivere più già da tempo presso quell’indirizzo a seguito della fine della relazione con il marito e di non avere più notizie di Oulhaci. Da quella nota, quindi, si evince che gli agenti non hanno eseguito un accesso presso l’indirizzo indicato al fine di verificare la presenza dell’istante, ma si sono limitati a parlare con la moglie che non poteva avere notizie del marito giacché non più convivente in quell’abitazione.
L’accertamento, quindi, era lacunoso ed è stato anche travisato, di guisa che non sussistevano i presupposti per un decreto presidenziale di inammissibilità de plano dell’istanza ex art. 666, comma 2, cod. proc. pen., il quale può essere emesso per manifesta infondatezza solo quando l’istanza stessa manchi dei requisiti previsti dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda ulteriori accertamenti o valutazioni discrezionali. Invece, nel caso di specie l’istanza era corredata dei requisiti minimi e della dichiarazione di domicilio prevista dall’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Con requisitoria scritta trasmessa il 2.9.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, perché dagli atti risulta che l’istanza di misura alternativa fosse immotivata, in quanto il condannato non indicava la disponibilità di un lavoro e di un luogo dove poter eventualmente rimanere in detenzione domiciliare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
In tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., soltanto qualora l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda
accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali (Sez. 1, n. 32279 del 29/3/2018, Rv. 273714 – 01).
Poichè la “ratio” del provvedimento “de plano” consiste nella rilevabilità “ictu oculi” della mancanza di fondamento dell’istanza, ne consegue che, nel caso in cui si pongano problemi di valutazione imponenti l’uso di criteri interpretativi in relazione al “thema probandum”, è dovuta l’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto dall’art. 666, commi 3 e ss., cod. proc. pen. (così, Sez. 5, n. 34960 del 14/6/2007, Rv. 237712 – 01, che, sebbene pronunciata in materia di esecuzione, può essere utilmente richiamata quando, come nel procedimento di sorveglianza, si faccia questione di applicabilità della declaratoria di inammissibilità ex art. 666 cod. proc. pen.).
Valutando il provvedimento impugnato alla stregua di tali principi, deve ritenersi che, nel caso di specie, non sussistessero i presupposti per l’esercizio del potere presidenziale di dichiarare senza contraddittorio l’inammissibilità dell’istanza per difetto delle condizioni di legge.
Nell’istanza di misura alternativa presentata da Oulhaci era indicato il domicilio e lo evidenzia lo stesso decreto presidenziale, quando richiama una nota della Questura di Torino del 5.3.2024, definendola testualmente “relativa proprio al domicilio indicato nell’istanza introduttiva”.
La circostanza che il decreto citi la nota della Questura di Torino rende evidente che l’autorità giudiziaria non si sia limitata a prendere atto della eventuale mancanza “ah origine” di uno dei requisiti previsti dalla legge, ma abbia invece attivato i propri poteri istruttori, compiendo all’esito degli accertamenti una valutazione che non è compatibile con la declaratoria di inammissibilità “de plano”.
Peraltro, dall’esame degli atti risulta che il contenuto di tale nota sia esattamente corrispondente a quello segnalato nel ricorso del difensore del condannato, sicché si può affermare che in realtà non sia mai constatata direttamente la irreperibilità dell’istante nel domicilio indicato o, comunque, l’inidoneità del domicilio stesso.
Si deve escludere, dunque, che nel caso di specie ricorra l’ipotesi di inammissibilità prevista dall’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Né è rilevante l’altro elemento cui fa riferimento il decreto per giungere alla declaratoria di inammissibilità, e cioè la mancata indicazione “dell’ambiente di inserimento, lavorativo o meno”.
Costituisce consolidato orientamento di legittimità quello secondo cui l’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen. – nel prevedere la possibilità di dichiarare “de plano” l’inammissibilità della richiesta, quando la stessa sia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge – non è applicabile in tema di affidamento in prova al servizio sociale, nel caso in cui il richiedente non abbia
allegato un’attività di lavoro, non rientrando tale elemento tra le condizi richieste dalla legge per la concessione del beneficio in esame e dovendosi valutare la mancanza di un’occupazione stabile unitamente agli altri elementi riguardanti la personalità del richiedente (Sez. 1, n. 43390 del 22/9/2014, Rv. 237712 – 01; Sez. 1, n. 19061 del 7/4/2004 – Rv. 228653 – 01).
Non ricorrendo, dunque, un caso di insussistenza “ictu oculi” dei presupposti normativi dell’istanza di misure alternative alla detenzione, rimaneva riservata a collegio ed al rito camerale la delibazione di fondatezza nel merito dell’istan stessa.
Ne consegue, pertanto, che il decreto impugnato deve essere annullato senza rinvio, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza d Torino affinché, in applicazione del principio di diritto sopra richiamato, l’esam dell’istanza di NOME NOME venga svolto nel merito innanzi al collegio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Torino.
Così deciso il 25.10.2024