Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18106 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18106 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME MauroCOGNOME nato a PALERMO il 04/02/1974,
avverso l’ordinanza del 06/11/2024 della Corte d’appello di Palermo udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME letta la requisitoria dei Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 06/11/2024, la Corte d’appello di Palermo ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME contro la sentenza emessa il 05/03/2024 dal Tribunale in composizione monocratica di cui ha perciò disposto l’esecuzione, condannando inoltre l’appellante alle spese del procedimento.
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 questione di legittimità costituzionale dell’art. 581 comma 1 -quater cod. proc. pen. in relazione agli artt. 2, 3, 11, 117 e 120 Cost.: chiede che sia sollevata questione di legittimità costituzionale sull’art. 581 comma 1 -quater cod. proc. pen. con riguardo agli atti di impugnazione depositati nel periodo compreso tra il 31/12/2022 ed il 24/08/2024 privi dell’allegazione del mandato specifico ad impugnare e della dichiarazione o elezione di domicilio; segnala che, in tal modo, vengono disciplinate in maniera difforme situazioni identiche solo in ragione del periodo temporale di presentazione dell’atto di impugnazione; rileva, ancora, la violazione dell’art. 6 CEDU; sottolinea la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione ai fini del presente giudizio;
2.2 erronea applicazione dell’art. 581 comma 1 -quater cod. proc. pen. e conseguente contraddittorietà e manifesta illogicità dell’ordinanza: richiama la motivazione con cui la Corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità del gravame non tenendo conto che, nel frattempo, ovvero al momento della decisione, la norma invocata era stata abrogata in parte, limitandone la operatività al difensore d’ufficio e di tale contesto normativo nuovo la Corte avrebbe dovuto tener conto al momento della valutazione dell’ammissibilità dell’appello;
La Procura generale, in vista dell’udienza del 24/09/2024, aveva trasmesso la sua requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso;
All’udienza del 24/09/2024 il processo era stato differito in attesa che fossero decise le questioni devolute alle Sezioni unite penali con ordinanza del 19/06/2024 della V Sezione di questa Corte.
La Procura generale, all’esito della decisione delle Sezioni unite penali, ha trasmesso una nuova requisitoria ribadendo la richiesta di rigetto del ricorso.
in data 26/02/2025 la difesa ha trasmesso le proprie conclusioni scritte insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su una censura manifestamente infondata.
La Quinta Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 26458 del 19 giugno 2024, avendo ravvisato una difformità di orientamenti nelle decisioni adottate dalle varie Sezioni, aveva rimesso alle Sezioni unite penali le seguenti questioni: a) se “… ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024,
n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell’impugnazione”; b) se “… la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo”.
All’esito dell’udienza del 24/10/2024 presso le Sezioni unite penali, sono state diramate le relative informazioni provvisorie: sul primo aspetto, che interessa il presente procedimento, l’informazione diramata è nel senso che “la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024”; sulla seconda questione l’informazione diramata è nel senso che “… la previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione”.
Dalla prima informazione si desume, pertanto, in maniera del tutto chiara, che il regime della (in)ammissibilità dell’appello, introdotto dal D. Lg.vo 150 del 2022 è applicabile sino all’entrata in vigore della legge 114 del 2024 che, come è noto, ha modificato la disciplina sino a quel momento tuttavia vigente ed efficace cui deve farsi riferimento per verificare la ritualità delle impugnazioni nel frattempo proposte.
Sotto il profilo della valutazione della legittimità costituzionale sollecitata dalla difesa, va richiamata la giurisprudenza costituzionale in materia di successione di leggi processuali, ancorché inerenti all’ambito penale, che ha costantemente ribadito la vigenza del principio tempus regit actum, salvo il caso di disposizioni incidenti sul diritto penale sostanziale o sulla natura della pena; in tal senso si è ribadito che per le norme processuali penali, in linea generale, «trova applicazione, di per sé, in quanto regola del processo, il canone del tempus regit actum» (cfr., ad esempio, Corte cost., n. 149 de 2021, la quale ha individuato l’eccezione, con conseguente operatività del divieto di retroattività, in relazione ad una disciplina processuale idonea ad allungare la durata del termine di prescrizione, e, quindi, ad incidere in malam partem su un istituto di diritto penale sostanziale).
I giudici delle leggi hanno anzi espressamente chiarito quali sono le deroghe all’applicazione dell’indicato principio, precisando che, «e, in materia di
tempus regit successione di leggi processuali, vige, in via generale, il principio
actum – in forza del quale ciascun “atto” processuale è regolato dalla legge in
vigore al momento dell’atto, e non da quella in vigore al momento in cui è stato commesso il fatto di reato per cui si procede – tuttavia una deroga a tale principio
è giustificata con riferimento a tutte le norme processuali o penitenziarie che incidano direttamente sulla qualità e quantità della pena in concreto applicabile al
condannato» (cfr., esattamente in termini, Corte cost., n. 260 del 2020).
È pacifico, dunque, che non è configurabile alcuna violazione del principio di eguaglianza conseguente all’introduzione ovvero alla modifica di istituti
tempus regit processuali la cui applicazione, come detto, è soggetta al principio
actum
(cfr., per tutte, Sez. 3, n. 3306 del 04;02/1991, COGNOME, Rv. 186653 –
01).
4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della
somma – che si stima equa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero, alla luce delle considerazioni sopra sviluppate.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 04/03/2025.