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Inammissibilità appello prevenzione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1091/2025, ha rigettato il ricorso di un soggetto contro un decreto di confisca di prevenzione. Il caso verteva sulla controversa applicabilità delle norme sull’inammissibilità dell’appello (ex art. 581, comma 1-ter c.p.p.) ai procedimenti di prevenzione. La Corte ha confermato l’applicabilità della norma, risolvendo un contrasto giurisprudenziale. Ha inoltre chiarito che la successiva abrogazione della stessa norma non incide sui ricorsi proposti prima della modifica legislativa, in base al principio ‘tempus regit actum’. La decisione consolida quindi un importante orientamento sull’inammissibilità appello prevenzione.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello Prevenzione: la Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1091 del 2025, interviene su una questione procedurale di grande rilevanza: l’inammissibilità appello prevenzione. La pronuncia dirime un contrasto giurisprudenziale e chiarisce l’impatto delle modifiche normative sui processi in corso, applicando il principio del tempus regit actum. Analizziamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I fatti di causa

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un decreto della Corte di Appello di Palermo. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto contro un provvedimento di confisca di prevenzione emesso dal Tribunale. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nell’applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, una norma che introduce specifici requisiti formali per le impugnazioni.

Il ricorrente contestava tale decisione sostenendo due argomenti principali:
1. L’inapplicabilità della suddetta norma al procedimento di prevenzione, citando un precedente orientamento giurisprudenziale.
2. La successiva abrogazione della norma in questione, che a suo dire avrebbe dovuto invalidare la decisione di inammissibilità.

Il contrasto giurisprudenziale sull’inammissibilità appello prevenzione

La questione centrale affrontata dalla Corte riguardava un acceso dibattito giuridico. Da un lato, un indirizzo sosteneva che le regole sull’inammissibilità previste dall’art. 581 c.p.p. non potessero essere estese al procedimento di prevenzione, in virtù del principio di stretta interpretazione delle norme processuali che limitano il diritto di impugnazione.

Dall’altro lato, un secondo orientamento, a cui la Corte ha deciso di aderire, riteneva invece applicabile la norma anche in questo ambito. Questa tesi si fonda su un’interpretazione sistematica delle norme.

La decisione della Suprema Corte

La Cassazione ha stabilito che la disposizione contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. si applica anche al giudizio di prevenzione. Il fondamento giuridico di tale applicazione viene individuato in un meccanismo di rinvii normativi:

* L’art. 10, comma 4, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) stabilisce che per le impugnazioni in materia di prevenzione si osservano, in quanto applicabili, le norme del codice di procedura penale relative alle misure di sicurezza.
* L’art. 680, comma 3, c.p.p., che disciplina l’impugnazione dei provvedimenti relativi alle misure di sicurezza, a sua volta rinvia alle disposizioni generali sulle impugnazioni.

Secondo la Corte, questa catena di rinvii consente di applicare la sanzione dell’inammissibilità anche agli appelli in materia di prevenzione, data la comune esigenza di celerità nella definizione dei giudizi.

L’impatto della successiva abrogazione della norma

Un altro punto cruciale della sentenza riguarda l’effetto della successiva abrogazione del comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p. ad opera della legge n. 114 del 2024. Il ricorrente sosteneva che tale modifica dovesse rendere ammissibile il suo appello.

La Corte ha respinto questa tesi, applicando il principio generale tempus regit actum (la legge del tempo regola l’atto). Citando una recentissima pronuncia delle Sezioni Unite, ha affermato che le modifiche alle norme processuali non hanno effetto retroattivo. L’atto di impugnazione è regolato dalla legge in vigore al momento della sua proposizione. Poiché il ricorso era stato presentato prima dell’entrata in vigore della nuova legge (25 agosto 2024), ad esso continuava ad applicarsi la vecchia disciplina, che prevedeva la causa di inammissibilità.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di rigetto basandosi su due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha risolto il contrasto giurisprudenziale sull’applicabilità dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. ai procedimenti di prevenzione, aderendo all’orientamento che la ritiene possibile. Questa conclusione si fonda su un’interpretazione sistematica che, attraverso una catena di rinvii normativi a partire dal Codice Antimafia, estende le regole generali sulle impugnazioni anche a questo specifico settore, giustificandola con un’esigenza di celerità processuale. In secondo luogo, riguardo alla sopravvenuta abrogazione della norma, la Corte ha applicato il principio ‘tempus regit actum’, affermando che la validità di un atto processuale, come l’appello, deve essere valutata secondo la legge in vigore al momento del suo compimento, rendendo irrilevante la modifica legislativa successiva per i casi già pendenti.

Le conclusioni

La sentenza n. 1091/2025 rappresenta un importante punto fermo in materia di inammissibilità appello prevenzione. Essa non solo chiarisce l’ambito di applicazione di una norma processuale controversa ma ribadisce anche un principio cardine del diritto processuale: la legge applicabile è quella vigente al momento del compimento dell’atto. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di una scrupolosa attenzione ai requisiti formali delle impugnazioni, poiché le conseguenze di un errore possono essere la preclusione totale all’esame del merito della questione, anche a fronte di successive modifiche legislative più favorevoli.

La norma sull’inammissibilità dell’appello (art. 581, c. 1-ter c.p.p.) si applica anche ai procedimenti di prevenzione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione in questa sentenza. L’applicabilità deriva da un rinvio normativo previsto dal Codice Antimafia (art. 10, c. 4, d.lgs. 159/2011) alle norme sulle impugnazioni delle misure di sicurezza, che a loro volta rinviano alle disposizioni generali sulle impugnazioni.

L’abrogazione di una norma processuale ha effetto sui procedimenti in corso?
No, di regola non ha effetto retroattivo. La sentenza applica il principio ‘tempus regit actum’, secondo cui l’atto processuale (in questo caso, l’impugnazione) è disciplinato dalla legge in vigore al momento in cui è stato compiuto. Pertanto, l’abrogazione della norma non si applica alle impugnazioni proposte prima della sua entrata in vigore.

Perché la Corte ha distinto tra il comma 1-ter e il comma 1-quater dell’art. 581 c.p.p.?
Perché i due commi hanno finalità diverse. La Corte ha ritenuto applicabile il comma 1-ter, che ha una portata generale, al procedimento di prevenzione. Ha invece considerato incompatibile il comma 1-quater, poiché è una norma specificamente dettata per i processi celebrati ‘in absentia’ (in assenza dell’imputato), una situazione non replicabile nel procedimento di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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