LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità appello penale: la parola alla Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28339/2025, ha confermato l’inammissibilità di un appello penale a causa della mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di impugnazione. La decisione sottolinea che la successiva abrogazione della norma (art. 581, comma 1-ter c.p.p.) non incide sugli appelli proposti prima della sua entrata in vigore, in applicazione del principio ‘tempus regit actum’. La Corte ha inoltre rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa, ritenendo la norma non lesiva del diritto di difesa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello Penale: L’Importanza dei Requisiti Formali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia processuale, dichiarando l’inammissibilità dell’appello penale presentato senza la contestuale dichiarazione o elezione di domicilio. Questa decisione, la n. 28339/2025, offre importanti chiarimenti sull’applicazione della legge nel tempo, in particolare riguardo alle norme procedurali modificate dal legislatore.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione emessa dal Tribunale di Pescara nei confronti di un imputato per reati continuati di cui agli artt. 483, 494 e 640-bis del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto appello avverso tale sentenza.

Tuttavia, la Corte di Appello di L’Aquila ha dichiarato l’impugnazione inammissibile. Il motivo? La violazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, una norma (ora abrogata) che imponeva, a pena di inammissibilità, di depositare insieme all’atto di appello una dichiarazione o elezione di domicilio. Contro questa decisione, la difesa ha presentato ricorso per cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e l’inammissibilità dell’appello penale

Il ricorrente ha lamentato l’erronea applicazione della norma, sostenendo di aver indicato un’elezione di domicilio presso il proprio avvocato sia nell’atto di appello che nella procura speciale. In subordine, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma stessa, ritenendola lesiva dei diritti di difesa e del principio di uguaglianza, in quanto avrebbe creato una disparità ingiustificata tra accusa e difesa.

La difesa ha argomentato che tale requisito formale rappresentasse una compressione irragionevole del diritto di appellare le sentenze di condanna, specialmente quelle a pena detentiva.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello. Gli Ermellini, dopo aver esaminato gli atti, hanno accertato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, nell’atto di appello depositato il 1° agosto 2024 non era stata allegata alcuna elezione di domicilio. La semplice indicazione della residenza nella procura non era sufficiente a soddisfare il requisito di legge.

La questione della successione delle leggi nel tempo

Un punto centrale della sentenza riguarda l’applicazione del principio tempus regit actum. La norma contestata (art. 581, comma 1-ter c.p.p.) è stata abrogata dalla legge n. 114 del 9 agosto 2024, con effetto dal 25 agosto 2024. Tuttavia, l’appello in questione era stato proposto il 1° agosto 2024, quando la norma era ancora in vigore.

La Corte ha stabilito che, in assenza di una disciplina transitoria, la legge applicabile è quella vigente al momento del compimento dell’atto. Pertanto, l’abrogazione successiva non poteva ‘sanare’ un atto di appello che era già nato invalido. La dichiarazione o elezione di domicilio doveva essere depositata contestualmente all’atto di impugnazione, essendo una manifestazione della consapevole volontà di impugnare.

Il rigetto della questione di legittimità costituzionale

La Cassazione ha anche ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Secondo i giudici, la norma non limitava il potere di impugnazione dell’imputato, ma si limitava a regolare le modalità di esercizio della facoltà del difensore. Non è stata ravvisata alcuna violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) o del giusto processo (art. 111 Cost.).

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa delle norme processuali. La ratio dell’art. 581, comma 1-ter c.p.p. era quella di assicurare che l’impugnazione fosse espressione di una volontà effettiva e consapevole dell’imputato. La contestualità del deposito dell’elezione di domicilio era considerata un requisito indefettibile per garantire tale finalità. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato, secondo cui anche una successiva allegazione non può sanare il vizio originario, che determina l’inammissibilità del gravame. L’applicazione del principio tempus regit actum è stata ritenuta inevitabile, poiché le norme processuali si applicano nel momento in cui l’atto viene compiuto, e l’abrogazione non ha effetto retroattivo su atti già perfezionati sotto l’impero della legge precedente. Infine, il rigetto della questione di costituzionalità si basa sulla considerazione che il legislatore può legittimamente disciplinare le modalità di esercizio dei diritti processuali, purché non ne renda eccessivamente difficile o impossibile l’esercizio, cosa che, nel caso di specie, non è stata ritenuta sussistente.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce l’importanza del rispetto dei requisiti formali nel processo penale. Anche se la norma specifica è stata abrogata, la decisione serve da monito: gli atti processuali devono essere conformi alla legge vigente al momento del loro compimento. La successiva modifica legislativa non può salvare un atto nato invalido. Per i professionisti del diritto, ciò sottolinea la necessità di una scrupolosa attenzione alle formalità procedurali, la cui omissione può avere conseguenze definitive, come l’inammissibilità dell’appello penale e la conseguente irrevocabilità di una sentenza di condanna.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha confermato la correttezza della decisione della Corte di Appello, la quale aveva già dichiarato l’inammissibilità dell’appello originario. Il motivo era la mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente al deposito dell’atto di appello, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. all’epoca vigente.

La successiva abrogazione della norma che imponeva l’elezione di domicilio ha avuto qualche effetto sul caso?
No. La Corte ha stabilito che l’abrogazione della norma, avvenuta dopo la proposizione dell’appello, non ha avuto alcun effetto. In base al principio tempus regit actum (il tempo regola l’atto), la validità di un atto giuridico si valuta secondo la legge in vigore al momento in cui è stato compiuto. Poiché l’appello era stato presentato quando la norma era ancora in vigore, la sua inammissibilità era già determinata.

La questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa è stata accolta?
No, la questione è stata ritenuta manifestamente infondata. La Corte di Cassazione ha affermato che il requisito dell’elezione di domicilio non limitava il diritto di difesa o il potere di impugnazione dell’imputato, ma si limitava a regolare le modalità di esercizio di tale diritto da parte del difensore, senza violare i principi costituzionali invocati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati