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Inammissibilità appello penale: la nuova elezione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4810/2024, ha confermato la regola sull’inammissibilità dell’appello penale in assenza del deposito di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio. La Corte ha stabilito che la precedente elezione di domicilio effettuata nel primo grado di giudizio non è più sufficiente, rigettando le questioni di presunta incostituzionalità della norma introdotta dalla Riforma Cartabia. Questa decisione sottolinea l’importanza di un onere di diligenza specifico per l’appellante, finalizzato a garantire la sua consapevolezza e partecipazione al processo d’appello.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità appello penale: La Cassazione chiarisce l’obbligo di una nuova elezione di domicilio

La Riforma Cartabia ha introdotto significative modifiche alla procedura penale, con l’obiettivo di rendere il processo più efficiente e garantire la partecipazione consapevole dell’imputato. Una delle novità più dibattute riguarda l’obbligo di depositare una nuova dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello. La sentenza n. 4810 del 2024 della Corte di Cassazione affronta direttamente questo tema, confermando la sanzione della inammissibilità dell’appello penale per chi non adempie a tale onere e rigettando le questioni di legittimità costituzionale.

I Fatti del Caso

Il caso nasce da un’ordinanza della Corte di Appello di Torino, che dichiarava inammissibile l’appello proposto da un imputato condannato in primo grado per appropriazione indebita aggravata. La ragione dell’inammissibilità era puramente formale: con l’atto di impugnazione non era stata depositata la dichiarazione o elezione di domicilio per le notificazioni del giudizio di appello, come espressamente richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Il Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo due principali argomenti:
1. Errata applicazione della legge: Si affermava che l’imputato aveva già eletto domicilio presso il difensore all’inizio del procedimento e non aveva mai revocato tale elezione. Pertanto, un nuovo adempimento sarebbe stato superfluo.
2. Incostituzionalità della norma: In subordine, si sollevava la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. per violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), del principio di parità tra le parti e del diritto a un giusto processo (art. 111 Cost.). Si sosteneva che la norma creasse una preclusione ingiustificata e sproporzionata al diritto di appellare una sentenza di condanna.

Inammissibilità appello penale: le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito in modo inequivocabile la portata della nuova normativa. L’interpretazione letterale e la ratio dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non lasciano spazio a dubbi: la dichiarazione o elezione di domicilio è un requisito di ammissibilità specifico per il giudizio di appello e deve essere depositata con l’atto di impugnazione.

La Corte ha spiegato che la volontà del legislatore è stata quella di superare la precedente previsione per cui l’elezione di domicilio valeva “per ogni stato e grado del procedimento”. La nuova regola risponde a una duplice finalità:
Agevolare l’attività di notificazione, garantendo che l’indirizzo per il giudizio di appello sia attuale e certo.
Responsabilizzare l’imputato, assicurando la sua piena consapevolezza riguardo alla scelta di proporre appello e alle sue conseguenze processuali. Si vuole evitare che l’impugnazione sia un “automatismo difensivo” di cui l’interessato non è pienamente conscio.

Di conseguenza, un’elezione di domicilio effettuata nella fase precedente non è più sufficiente a soddisfare il requisito di legge.

La Questione di Costituzionalità

Anche la questione di legittimità costituzionale è stata ritenuta “manifestamente infondata”. La Cassazione ha ribadito, richiamando la giurisprudenza della Corte Costituzionale, che il diritto al doppio grado di giurisdizione non è assoluto e può essere regolamentato dal legislatore. L’onere di rinnovare l’elezione di domicilio non è visto come un irragionevole ostacolo al diritto di difesa, ma come un requisito procedurale ragionevole e proporzionato.

L’esigenza di garantire la certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e la possibilità per l’imputato di parteciparvi consapevolmente giustifica pienamente questo adempimento. La Corte ha definito l’onere come un atto di “diligenza, di natura collaborativa”, necessario data la complessità dei giudizi di impugnazione e nell’interesse stesso dell’appellante.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: per presentare un appello penale, non basta più fare affidamento su una precedente elezione di domicilio. È tassativamente richiesto, a pena di inammissibilità dell’appello penale, che l’imputato o il suo difensore depositino, insieme all’atto di impugnazione, una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio valida per il secondo grado di giudizio. Questa pronuncia serve da monito per gli operatori del diritto, sottolineando la necessità di una scrupolosa attenzione agli adempimenti formali per non compromettere il diritto del proprio assistito a un riesame della sentenza di condanna.

È ancora valida l’elezione di domicilio fatta nel primo grado di giudizio per la notifica degli atti dell’appello?
No. Secondo la nuova normativa (art. 581, comma 1-ter c.p.p.), come interpretata dalla Cassazione, la determinazione del domicilio valida per il primo grado non ha più effetto per il giudizio di appello. È necessario un nuovo e specifico atto di elezione o dichiarazione di domicilio.

Qual è la conseguenza se non si deposita una nuova dichiarazione o elezione di domicilio con l’atto di appello?
La conseguenza è l’inammissibilità dell’appello. L’atto di impugnazione non potrà essere esaminato nel merito, come previsto dall’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale.

La norma che impone una nuova elezione di domicilio per l’appello è stata considerata incostituzionale?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. Ha stabilito che l’onere imposto all’appellante è un requisito procedurale ragionevole e proporzionato, finalizzato a garantire la consapevolezza e la corretta instaurazione del contraddittorio nel processo d’appello, senza violare il diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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