Inammissibilità Appello Penale: Quando un Formalismo Diventa Sostanza
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9574 del 2024, riaccende i riflettori su un tema cruciale della procedura penale: l’inammissibilità appello penale. La vicenda analizzata offre uno spunto fondamentale per comprendere come le nuove norme introdotte nel codice di procedura penale possano avere un impatto decisivo sull’esito di un giudizio, ancor prima di entrare nel merito della questione. Il caso in esame riguarda un appello dichiarato inammissibile per la mancata osservanza di un requisito formale: la dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputato.
Il Caso: Un Appello Fermato in Partenza
La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza della Corte d’Appello di Bologna, che dichiarava inammissibile l’appello proposto da un imputato. Il motivo? La violazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta da recenti riforme, stabilisce che, a pena di inammissibilità, l’imputato che non abbia partecipato al giudizio di primo grado debba depositare, unitamente all’atto di impugnazione, una dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando un’unica, ma fondamentale, doglianza: l’illegittimità costituzionale della norma in questione per violazione dell’articolo 24 della Costituzione, che tutela il diritto di difesa e l’effettività della tutela giurisdizionale.
La Questione di Legittimità sull’Inammissibilità Appello Penale
Il cuore del ricorso si concentrava sulla presunta irragionevolezza del requisito formale imposto dalla legge. Secondo la tesi difensiva, condizionare l’accesso al secondo grado di giudizio a un adempimento burocratico come l’elezione di domicilio limiterebbe in modo sproporzionato il diritto di difesa. Si sosteneva che tale onere, soprattutto per l’imputato assente, rappresentasse un ostacolo eccessivo, rendendo di fatto più difficile l’esercizio del diritto di impugnazione.
La difesa ha quindi chiesto alla Suprema Corte di valutare se questa previsione normativa, che sancisce una grave conseguenza come l’inammissibilità appello penale, fosse compatibile con i principi fondamentali di uguaglianza e di effettività della tutela giurisdizionale sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile e ritenendo la questione di legittimità costituzionale “manifestamente infondata”. Il ragionamento dei giudici di legittimità si articola su un punto centrale: la norma contestata è il risultato di una scelta legislativa non manifestamente irragionevole.
Secondo la Corte, l’obiettivo del legislatore è quello di arginare il fenomeno delle impugnazioni meramente dilatorie o non volute personalmente dall’imputato. Richiedere una dichiarazione di domicilio e uno specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la sentenza, serve a garantire che l’appello sia espressione di una “opzione ponderata e personale della parte”. Si vuole cioè assicurare che l’imputato sia pienamente consapevole e intenzionato a proseguire il percorso giudiziario.
Inoltre, la Corte sottolinea come il sistema preveda già dei correttivi per bilanciare questo rigore formale. Vengono citati l’ampliamento dei termini per impugnare e l’istituto della restituzione nel termine, meccanismi che possono tutelare l’imputato in situazioni particolari. Pertanto, la richiesta formale non è vista come un ostacolo ingiustificato, ma come un onere procedurale bilanciato e finalizzato a una maggiore responsabilizzazione delle parti nel processo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
La decisione in commento consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: i requisiti formali per l’ammissibilità dell’appello penale, introdotti dalle recenti riforme, sono pienamente legittimi e devono essere scrupolosamente osservati. Per gli avvocati e i loro assistiti, questo significa prestare la massima attenzione agli adempimenti procedurali, in particolare quando l’imputato è stato assente nel primo grado di giudizio. La mancata elezione di domicilio non è una mera irregolarità, ma un vizio insanabile che preclude l’esame nel merito dell’impugnazione. Questa ordinanza ribadisce che il diritto di difesa si esercita nel rispetto delle regole processuali, e che la loro osservanza è condizione imprescindibile per accedere alla tutela giurisdizionale.
Perché un appello penale può essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 581 c.p.p.?
Un appello può essere dichiarato inammissibile se, unitamente all’atto di impugnazione, non viene depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio da parte dell’imputato, specialmente nel caso in cui si sia proceduto in sua assenza nel precedente grado di giudizio. Questo requisito è previsto a pena di inammissibilità.
La norma che prevede l’inammissibilità dell’appello per mancata elezione di domicilio è contraria alla Costituzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa norma non è manifestamente infondata sotto il profilo costituzionale. È considerata una scelta legislativa non irragionevole, finalizzata a limitare le impugnazioni che non derivano da una decisione ponderata e personale della parte, garantendo così la serietà dell’atto di appello.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Cassazione?
Comporta la conferma della decisione impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, viene disposta la condanna al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9574 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9574 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a PENNABILLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto, a mezzo del difensore, da COGNOME NOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, che ha dichiarato inammissibile l’appello proposto ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., per mancanza della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato.
Rilevato che la difesa deduce, con il motivo unico di ricorso, l’illegittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter ed 1-quater cod. proc. pen. per violazione dell’art. 24 Cost.
Considerato che la questione, agitata nel ricorso, di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. per violazione dei principi di uguaglianza ed effettività della tutela giurisdizionale, di cui all’art. 24 de Costituzione è manifestamente infondata posto che la richiesta contenuta nelle norme richiamate secondo cui, a pena di inammissibilità dell’appello, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini dell notificazione dell’atto di citazione, nonché lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, è frutto di una scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivino da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi in limine impugnationis ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine (si vedano Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, NOME COGNOME, Rv. 285324; Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore