Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6025 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 6025  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a VENEZIA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 19/09/2023 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che concludeva per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOMECOGNOME per mancato deposito di dichiarazione o elezione di domicilio e mandato ad impugnare, in violazione dell’art. 581, comma 1-ter e quater del codice di rito.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva che le norme che prevedevano l’inammissibilità violerebbero il diritto all’impugnazione e, dunque, il diritto di difesa tutelato dagli artt. 24, 27, e 111 de Costituzione.
Con il secondo dei ricorsi depositati, si invocava, pertanto, sia l’annullamento del provvedimento impugnato, che la sospensione del processo, con rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la valutazione della compatibilità costituzionale dell’art. 581 come novellato dal d. Igs n. 150 del 2022 con la Carta fondamentale; si rimarcava, peraltro, che la novella non consentiva di valutare eventuali cause di forza maggiore o caso fortuito che avrebbero potrebbero ostacolare l’adempimento degli oneri di legge. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1.11 collegio condivide quanto già affermato dalla giurisprudenza secondo cui è’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi Iter e 1-quater, cod. proc. pen., introdotti dagli artt. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell’art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini della notificaz dell’atto di citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi in limine impugnationis ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324).
1.2. Il collegio rimarca inoltre, con specifico riferimento all’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen. che, essendo la norma contestata di recente introduzione, per interpretarla, non è privo di rilevo considerare il contenuto della relazione dell Commissione di studio per la elaborazione di proposte di riforma del processo penale, istituita con D.M. 16 Marzo 2021, che, per la parte di interesse, così si è espressa: “….ne contesto delle innovazioni proposte, va rimarcato che l’intervento sulla legittimazione del difensore ad impugnare costituisce uno snodo essenziale, sia in chiave di effettiva garanzia dell’imputato, sia in chiave di razionale e utile impiego delle risorse giudiziarie: la misu infatti, è volta ad assicurare la celebrazione delle impugnazioni solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato giudicato in assenza e ad evitare – senza alcun pregiudizio del diritto di difesa dell’interessat tutelato dai rimedi “restitutori” contestualmente assicurati – l’inutile celebrazione di gr di giudizio destinati ad essere travolti dalla rescissione del giudicato. A tutela delle esigen di pieno e impregiudicato esercizio del diritto di difesa, la modifica è accompagnata dall’allungamento dei termini per impugnare a favore del difensore e dalla rivisitazione
dell’istituto di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., che oggi limita la rescissione del giudi ai soli casi in cui tutto il processo si sia svolto in assenza dell’imputato. L’istituto di re introduzione verrebbe così ad operare per le ipotesi di sentenza di condanna in absentia non impugnata (data la effettiva mancata conoscenza da parte dell’imputato e, dunque, la . mancata predisposizione del mandato specifico ad impugnare) e, quindi, passata in giudicato. Per tutti gli altri casi, la previsione del mandato specifico attesterebbe l’effet conoscenza del processo e, dunque, eliminerebbe il presupposto del rimedio restitutorio per la mancata conoscenza (salvi, ovviamente, casi limite). Nel pieno rispetto anche della direttiva 2016/343 UE – nei suoi profili cruciali già implementata, per quel che riguarda il giudizio in absentia -si dovrebbe intervenire sulla disciplina della rescissione del giudicato, rendendo l’istituto idoneo a risolvere tutti i casi in cui emerga l’effettiva manca conoscenza del processo, anche nei confronti degli imputati latitanti…”.
Il comma 1 -quater dell’art. 581 cod. proc. pen. integra, dunque lo “statuto” del processo in absentia, dato che è funzionale a garantire, in modo incontrovertibile, che . l’impugnante “conosce e vuole” la progressione del procedimento. E produce una significativa contrazione dell’area di operatività della rescissione, che nel nuovo progetto normativo è, di fatto, limitata ai soli casi in cui l’assente non abbia proposto impugnazione (art. 629-bis cod. proc. pen.).
1.3. Tale ratio informa – seppur parzialmente – anche l’art. 581, comma 1 -ter, cod.. proc. pen. secondo cui l’atto di impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, al fine di consentire la notifica del decreto di citazio giudizio.
Si tratta di un onere che non grava solo sull’imputato assente, come quello previsto dall’art. 581, comma 1 -quater cod. pen., ma su ogni “parte privata”, o “difensore”, che proponga una impugnazione che generi la necessità di notificare il decreto di citazione a giudizio.
La regola è diretta non solo ad accelerare gli adempimenti di cancelleria, ma anche – come quella contenuta nel comma successivo – a garantire la sicura conoscenza in capo all’imputato dell’incedere della progressione processuale ed a garantire il suo diritto a “partecipare” effettivamente ad un giudizio che si svolga in tempi ragionevoli.
Si ritiene che, sebbene tale disposizione faccia genericamente riferimento all’ “atto di impugnazione”, la stessa abbia un’operatività limitata al “solo atto di appello”, tenuto conto che è testualmente indicato che l’onere di eleggere o dichiarare il domicilio è funzionale a consentire la notifica del “decreto di citazione a giudizio”, adempimento previsto solo per il giudizio di appello.
Peraltro, poiché la disposizione prevede che l’impugnazione sia inammissibile se l’onere è inadempiuto, la stessa non può che essere di stretta interpretazione, dato che il superamento del dato testuale creerebbe un ostacolo ad accedere al giudizio di legittimità
non previsto dalla legge con grave lesione del diritto di difesa (in tal senso: S 22140 del 03/05/2023, COGNOME, e Sez. 1, n. 29321 del 07/06/2023, Pacifico, non mass.), sicché la stessa è operativa solo per l’atto di appello.
Si ritiene, cioè, che il richiamo al decreto di citazione a giudizio effettuato dal cod. proc. pen. commi 1 -ter ed 1 -quater non sia “atecnico” (contra sez. 5, n. 39166 del 4 luglio 2023, ric. Nappi.), ma sia invece specificamente diretto ad accelerare la notif decreto di citazione in appello garantendo l’effettiva conoscenza del passaggio di fase diritto a partecipare ad un giudizio che si concluda in tempi ragionevoli.
1.4. In conclusione: il collegio ritiene che il comma 1 -quater dell’art. 581 cod. proc. pen. disciplini, in via generale, “l’impugnazione dell’assente” e contribuisca a str lo statuto del processo in absentia progettato dalla riforma c.d “Cartabia”. Si tratta di un adempimento informato dalla necessità di proteggere il processo dalla rescissi coerente con le convergenti indicazioni che provengono dal diritto convenzionale ed e unitario: il mandato consente, infatti, di ritenere provato, in modo incontrovertibi l’assente “conosce e vuole”, non solo l’esistenza del processo, ma anche l progressione.
Tale inquadramento consente di ritenere che il “mandato ad impugnare” debba essere rilasciato, a pena di inammissibilità, non solo in occasione della proposizione dell’a ma anche in occasione della presentazione del ricorso per cassazione (per l’esclusione operatività della norma nel giudizio cautelare: Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, El Rv. 284645). L’elezione o la dichiarazione di domicilio devono essere, invece, alle anch’esse a pena di inammissibilità, solo quando l’impugnazione generi la necessit notificare il decreto di citazione a giudizio: dunque solo quando si propone un a appello, nulla rilevando che l’impugnante sia stato, o meno, dichiarato assent precedente grado di giudizio.
2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 61 proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonch versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 9 gennaio 2024
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L’estensore