Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19406 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19406 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato il 22/03/1999
NOME COGNOME nato il 10/09/1994
avverso l’ordinanza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate per iscritto in data 14/07/2025 dal Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Catania ha dichiarato inammissibili, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’appello proposto in data 8 gennaio 2024 nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa in data 22 novembre 2023, che aveva condannato gli imputati alla pena di giustizia per i delitti di evasione (entrambi) e di false dichiarazioni un pubblico ufficiale sulla propria identità personale (il solo NOME COGNOME).
La Corte distrettuale ha argomentato a sostegno rilevando come, assieme all’atto di appello, non fossero stati depositati: quanto a NOME COGNOME nei confronti del quale si era proceduto in assenza, lo specifico mandato ad impugnare corredato dalla dichiarazione o elezione di domicilio; quanto ad NOME COGNOME l’atto di dichiarazione o di elezione di domicilio.
Avverso l’indicata ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, tramite il difensore, articolando tre motivi.
Con il primo motivo hanno denunciato l’erronea applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., sul rilievo che «il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale già nel frontespizio della sentenza impugnata, atto da considerare un unicum con l’impugnazione, era tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione»; donde, l’appello nell’interesse di COGNOME COGNOME che era stato presente nel giudizio di primo grado, era evidentemente ammissibile e la suddetta ammissibilità era da estendersi, in forza del principio di cui all’art. 587, comma 2, cod. proc. pen., anche all’appello nell’interesse di NOME COGNOME assente in primo grado, essendosi dubitato nell’interesse di entrambi, con il comune primo motivo di gravame, della legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen..
Con il secondo motivo hanno dedotto il vizio di motivazione per omessa considerazione da parte del giudice d’appello della questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., sollevata con apposito motivo di gravame e in questa sede riproposta.
Con il terzo motivo hanno denunciato l’erronea applicazione dell’art. 2, comma 4, cod. pen. e del principio di necessaria retroattività della disposizione più favorevole, avendo la legge n. 114 del 2024 abrogato la disciplina introdotta dalla cd. ‘Riforma Cartabia’ sul mandato ad impugnare e sulla contestuale elezione di domicilio, venendo in rilievo una disposizione che «seppure formalmente processuale, non comporta una mera modifica delle modalità di presentazione dell’atto di gravame, ma ha una concreta incidenza sulla libertà personale e sul diritto di difesa dell’imputato».
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Va preliminarmente ribadito e condiviso, anche per disattendere il secondo motivo di impugnazione, quanto già stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte in ordine alla questione di legittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.: ossia, che «E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né c la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con
il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge» (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben, Rv. 285324 – 01); risultando, pertanto, la disposizione censurata espressione di una «scelta legislativa non manifestamente irragionevole essendo stati comunque previsti correttivi» adeguati.
2. Ciò posto, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, COGNOME, pronunciandosi sulla questione dell’applicazione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., prima della sua abrogazione da parte della legge n. 114 del 2024, hanno affermato che «L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione».
2.1. Il tenore del principio di diritto enunciato dà conto della manifesta infondatezza dei ricorsi all’esame e, dunque, della correttezza della pronuncia impugnata, atteso che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., così come interpretato dalle Sezioni Unite, in sede di deposito dell’appello, la difesa degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbe dovuto adempiere ai doveri di allegazione previsti dalla disposizione evocata nei termini, non equivocabili, affermati dalla decisione richiamata: ossia, avrebbe dovuto depositare, contestualmente all’impugnazione, l’elezione o la dichiarazione di domicilio, ovvero, in alternativa, avrebbe dovuto richiamarle espressamente nell’atto di appello, laddove precedentemente depositate, e indicarne la collocazione nel fascicolo processuale, onde consentirne l’immediata individuazione, non essendo, di certo, sufficiente che il frontespizio della sentenza appellata recasse l’indicazione dell’elezione di domicilio effettuata dagli imputati «presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME». Giova, al riguardo, riportare il passaggio della sentenza COGNOME in cui si legge che: «Non può ritenersi sufficiente il generico richiamo a una dichiarazione o elezione di domicilio che non consenta la sua immediata individuazione nel fascicolo processuale e non permetta di cogliere con certezza il luogo presso il quale eseguire la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, in funzione della sollecita e regolare citazion dell’imputato per tale giudizio».
Ne discende che, non avendo adempiuto a tali oneri di allegazione l’impugnazione presentata presso la Corte di appello di Catania, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Ragusa in data 22 novembre 2023, non poteva che essere dichiarata inammissibile per l’inosservanza delle modalità di deposito dell’appello, prescritte, a pena di inammissibilità, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
2.2. Deve, inoltre, evidenziarsi che la Corte territoriale, limitatamente alla posizione dell’imputato NOME COGNOME ha ritenuto che si fosse concretizzata l’ulteriore violazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., atteso che l’appellante, risultando assente, avrebbe dovuto conferire al suo difensore una procura speciale a impugnare, che, invece, non era stata allegata all’atto di gravame.
Si tratta di rilievo ineccepibile, giacché la disposizione dell’art. 581, comma 1- quater,
cod. proc. pen., anche nella formulazione vigente, mira a promuovere impugnazioni consapevoli, tenuto conto delle conseguenze che dalle stesse possono
derivare per l’imputato, la cui assenza impone un elevato grado di consapevolezza.
Proprio per tali ragioni, nel «caso dell’imputato rimasto assente in primo grado, con il comma
1
– quater si è ritenuta necessaria anche la sua partecipazione diretta
all’impugnazione mediante il rilascio di un mandato specifico a impugnare» (Sez. U, n.
13808 del 24 ottobre 2024, dep. 2025, COGNOME, cit.).
3. Destituita di fondamento è pure la censura di cui al terzo motivo.
Le Sezioni Unite COGNOME hanno giustificato l’enunciazione dell’ulteriore principio di diritto secondo cui «La disciplina contenuta nell’art. 581, comma
1 -ter, cod. proc. pen. –
abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024», argomentando nel senso
che, poiché si tratta della disciplina delle modalità di compimento dell’atto d’impugnazione, «considerato isolatamente e nel suo aspetto formale» (non, dunque,
nella prospettiva del diritto di proporre l’impugnazione e della legge a esso applicabile), che, come tale, ha «effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale
compimento», deve, in applicazione del principio di cui all’art. 11 delle preleggi, aversi riguardo alla disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso. Enunciazione direttiva, questa, cui non si può non prestare osservanza.
Discende la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, cui consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/05/2025