Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35129 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 35129  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a LENTINI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 25/02/2025 della CORTE di APPELLO di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la memoria del Sostituto Procuratore generale, COGNOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte d appello di Catania per il giudizio; ricorso trattato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
 L’impugNOME provvedimento, pronunciato a seguito di pubblica udienza, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l sentenza del giudice di primo grado che aveva condanNOME l’imputato alla pena d giustizia avendolo ritenuto responsabile del reato di truffa aggravata.
Si legge nella ordinanza di inammissibilità che essendo stata pronunciata sentenza nel 2023 nei confronti di imputato giudicato con rito ordinario ed assent il difensore avrebbe dovuto allegare all’appello dichiarazione o elezione di domici ai fini della notificazione del decreto di citazione in appello.
 Presentando ricorso per Cassazione, la difesa dell’imputato ha formulato i seguenti motivi:
-inosservanza o erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione (art. 606, lett. b ed e cod. proc. pen., nonché 101 e 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen.) in relazione alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello: la motivazione della sentenza non specifica in alcun modo il motivo o la norma la cui inosservanza ha comportato la dichiarazione di inammissibilità dell’atto di impugnazione (pg. 3);
inosservanza o erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b, art. 591, comma 1, lett. c, ed art, 581, 1-quater cod. proc. pen.): l’atto d’appello, redatto su 25 pagine, recava, nell’ultima, la procura speciale sottoscritta personalmente dall’imputato in data 10 ottobre 2023 e, nell’intestazione, l’indicazione dell’elezione di domicilio da parte dell’imputato presso lo studio del difensore ai fini del presente procedimento.
Non vi era pertanto alcuna carenza né si può ipotizzare che l’imputato fosse all’oscuro della pendenza del processo di primo grado, della pronuncia della sentenza o della presentazione dell’atto di appello, ovvero che vi potesse essere un qualche dubbio sul luogo di notificazione del decreto di citazione in appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso merita accoglimento, con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catania.
L’accesso agli atti, consentito dalla natura in procedendo della questione dedotta (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220092 nonché, da ultimo, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, non mass. sul punto), consente innanzitutto di rilevare che l’imputato, assente in primo grado, assistito da difensore di fiducia, regolarmente incaricato della redazione e presentazione dell’atto di appello a mezzo di procura speciale, ebbe a ricevere la notifica del decreto di citazione in appello presso l’indirizzo dichiarato in primo grado, in INDIRIZZO, sebbene si trattasse – come pure evidenziato nella sentenza della Corte di appello, pg. 2 – di luogo diverso dallo studio professionale del difensore di fiducia, erroneamente indicato quale domicilio eletto nell’atto di appello. È opportuno evidenziare che la notifica è stata ivi ricevuta personalmente dall’imputato, la cui sottoscrizione appare nel punto desigNOME della ‘cartolina verde’ allegata alla copia del decreto di citazione in appello.
Non vi possono essere quindi dubbi né (i) in ordine alla volontarietà dell’appello in capo all’imputato, né (ii) dell’avvenuta notifica all’imputato dell
citazione in appello e quindi della consapevolezza, in capo a costui, della data di svolgimento dell’udienza del giudizio di appello.
Sulla base dell’accertamento appena condotto, è ora possibile affrontare il tema centrale del ricorso.
Occorre partire, come premessa generale, dai principi enunciati nella sentenza Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024 dep. 2025, COGNOME Rv. 287855, ed in primo luogo dalla regola per cui (Rv. 287855 – 02) le disposizioni contenute nell’art. 581, commi 1- ter e 1- quater, cod. proc. pen., rispettivamente abrogato e modificato dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024, continuino ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.
Essendo l’appello stato presentato in epoca anteriore a tale soglia temporale, vi è, quindi, perpetuati° legislationis, dovendosi quindi far riferimento alla disciplina all’epoca vigente.
Ebbene, con riferimento alla questione devoluta con il ricorso, la Corte, nella medesima pronuncia, ha ricordato che con il sistema introdotto dalla c.d. ‘Riforma Cartaba’ il legislatore delegato ha provveduto, in attuazione della delega, a varare un complesso di norme che delineano un modello di “imputato consapevole”, ossia un imputato che, una volta che sia venuto correttamente a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale avviato nei suoi confronti, instauri un rapporto con il proprio difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, al fine di poter difendere e che in linea con tale finalità si è previsto che in caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater cod. proc. pen..
Nel procedere alla lettura delle previsioni di cui all’art. 581, commi 1-ter e 1quater, cod. proc. pen., la Corte ha però precisato che, nel caso di imputato presente in primo grado si è ritenuta sufficiente – senza che ciò si risolva in una ingiustificata disparità di trattamento – una specifica dichiarazione o elezione di domicilio per ottemperare all’esigenza di celerità e al contempo di certezza della notificazione, mentre nel caso dell’imputato rimasto assente in primo grado, con il comma 1-quater si è ritenuta necessaria anche la sua partecipazione diretta all’impugnazione mediante il rilascio di un mandato specifico a impugnare.
Nel citato precedente si è quindi rimarcata la differenza, sul piano testuale, tra le due previsioni per concludere nel senso che per l’imputato che sia stato presente nel giudizio di primo grado non è necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio da depositare a pena d’inammissibilità unitamente all’atto d’impugnazione sia “nuova”, ossia formata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata ed in funzione della proposizione dell’impugnazione, in quanto
tale ulteriore condizione è richiesta soltanto e in modo espresso per l’imputato giudicato in assenza (Sez. 2, n. 8014 dell’11/01/2024, El .lanati, Rv. 285936 – 01, cit. e, nel medesimo senso, Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, COGNOME NOME, Rv. 286269 – 01, cit.).
Nel caso che ci occupa, pertanto, essendo stato l’imputato assente in primo grado, la presenza di una dichiarazione di domicilio anteriore, anche solo opportunamente richiamata nell’atto di appello, come pure ritenuto sufficiente dalle Sezioni Unite nel caso di imputato presente, non sarebbe stata idonea a soddisfare la condizione di legge, tanto più alla luce del fatto che, nel caso concreto, il richiamo al domicilio eletto che si rinviene nell’impugnazione presentata dalla difesa dell’imputato si è rivelata erronea, avendo lo COGNOME, all’epoca del giudizio di primo grado, eletto il domicilio in luogo diverso dallo studio professionale del proprio difensore di fiducia, come indicato nell’incipit dell’atto.
4. Ragionando su questo assetto interpretativo, questo Collegio osserva che nel caso concreto, non vi può essere dubbio alcuno che l’imputato sia stato un ‘imputato consapevole’, e ciò sia con riferimento al dato della proposizione di una impugnazione ‘intenzionale’ e ‘partecipata’ (avendo egli conferito mandato speciale ad impugnare), quanto in relazione allo svolgimento dello specifico giudizio di appello in una certa data, avendo personalmente ricevuto la notifica del decreto di citazione per l’udienza d’appello, come risulta dalla relata di notifica dallo stesso sottoscritta per ricevuta.
Ciò consente di affermare, con assoluta certezza, che è stata soddisfatta la finalità a presidio della quale erano state poste le citate disposizioni dell’art. 581 cod. proc. pen..
5. A fronte di tale conclusione, il Collegio ritiene che la sentenza della Corte d’appello di Catania che ha sancito l’inammissibilità dell’appello proposto da COGNOME, nonostante la notifica personale del decreto di citazione in appello e l’instaurazione del dibattimento in appello, debba essere annullata, risolvendosi nella (non consentita) sanzione della violazione di una formalità priva oramai della sua originaria funzione.
In proposito, altra Sezione di questa Corte, in un recente caso (Sez. 5, n. 21005 del 08/03/2024, C., Rv. 286391 – 01), ha affermato che “non può ritenersi ininfluente che l’inammissibilità sia stata rilevata solo all’esito del giudizio d’appel o, meglio, che questo sia stato ritualmente celebrato con la presenza dell’imputato o in assenza del medesimo, ma a seguito della sua rituale citazione. Non è infatti possibile promuovere una lettura eccessivamente formalistica dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (e lo stesso vale, in parte qua, in relazione al
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disposto del seguente comma 1 -quater, n.d.r.), che non tenga conto della ratio che l’ha ispirata e, dunque, della funzione assegnata dal legislatore all’adempimento imposto alle parti private ossia quello di agevolare la vocatio in iudicium ed acquisire prova ragionevolmente certa della conoscenza da parte dell’imputato della celebrazione del giudizio di impugnazione. In tal senso deve dunque ritenersi che qualora il giudice dell’appello non rilevi la specifica causa di inammissibilità prima della celebrazione del giudizio, quale ne sia la ragione, ma fissi l’udienza per la sua trattazione e provveda con successo alla notifica del decreto di citazione personalmente all’imputato, venga meno la stessa ragione per cui la sanzione processuale viene comminata dalla legge processuale, essendo per l’appunto certo che in tal caso egli ha avuto conoscenza dell’udienza fissata per la trattazione della sua impugnazione”.
È appena il caso di evidenziare come, a dispetto della diversa struttura delle due disposizioni (art. 581, commi 1 -ter e 1 -quater), il principio ora richiamato sia da applicarsi tanto nell’eventualità della presenza, come dell’assenza, dell’imputato nel giudizio di primo grado, per identità di ratio decidendi, basata in entrambi i casi sulla effettività e personalità della notifica della citazione in appell piuttosto che sulla presenza dell’imputato in primo grado.
E se è vero che l’art. 591, comma 4, cod. proc. pen., espressamente prevede che l’inammissibilità dell’impugnazione non rilevata ai sensi del comma 2 dello stesso articolo (dichiarazione preliminare) possa essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento, non potendosi dedurre dalla mancata dichiarazione preliminare un implicito vaglio positivo sull’ammissibilità dell’impugnazione (ex multis Sez. 6, n. 2888 del 13/11/2002, dep. 2003, Nasta, Rv. 223300; Sez. 4, n. 2041 del 03/03/2000, COGNOME, Rv. 217427; Sez. 1, n. 11027 del 13/07/1998, Aleo, Rv. 211608), occorre altresì sottolineare che l’uso del verbo servile (“può”) nell’art. 591, comma 4, cod. proc. pen., sta ad indicare la possibilità dell’applicazione della sanzione, e non la sua necessità, usualmente associata, nella semantica legislativa, all’uso di altro verbo servile (“deve”) o del verbo all’indicativo, come appena due commi prima (“il giudice … dichiara”). Con un ulteriore, e decisivo, corollario: poiché la discrezionalità del giudice non può trascendere nell’arbitrio, ma deve trovare una giustificazione razionale, è inevitabile osservare che, se la notificazione del decreto di citazione a giudizio è comunque avvenuta personalmente, e se il processo sia giunto all’udienza di discussione, l’esercizio della discrezionalità, con la pronuncia della inammissibilità sarebbe un atto postumo, e quindi non giustificabile razionalmente, perché la finalità enunciata nel disposto dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen. (“ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”) è stata comunque soddisfatta.
In conclusione, dall’accoglimento del motivo di ricorso, deriva l’annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catania.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catania.
Così deciso il 17 settembre 2025
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Il C nsigliere relatore
La Presidente