Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6303 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6303 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a TORINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/05/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 26 maggio 2023, la Corte di appello di Torino ha dichiarato l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello proposto dai difensori di fiducia di NOME COGNOME avverso la sentenza di condanna emessa il 19 gennaio 2023 dal Tribunale di Torino. L’inammissibilità è stata dichiarata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen., perché, diversamente da quanto previsto da questa norma, all’atto di impugnazione non era allegata la dichiarazione o elezione di domicilio necessaria per poter procedere alla notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto introduttivo del processo di appello. In ragione RAGIONE_SOCIALEa inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello, la Corte territoriale ha dichiarato esecutiva la sentenza di primo grado con la quale NOME è stata ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2 bis d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
Contro l’ordinanza che ha dichiarato l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello e l’esecutività RAGIONE_SOCIALEa sentenza appellata, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per mezzo RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, difensore di fiducia al quale, in data 27 giugno 2022, aveva conferito procura speciale a proporre ricorso per cassazione.
Premesso che, nel corso del procedimento, l’imputata aveva eletto domicilio presso l’altro difensore di fiducia – AVV_NOTAIO del foro di Torino – e che nell’atto di gravame (tempestivamente depositato) tale elezione di domicilio è stata richiamata, la difesa censura la decisione RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello articolando due motivi di ricorso.
2.1. Col primo motivo, chiede a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 89 d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150 per contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 111 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione.
Secondo i difensori, pur non essendo esplicitamente riconosciuta nella Carta costituzionale (che richiama espressamente il solo ricorso per cassazione), la facoltà di appellare le sentenze di condanna a pena detentiva senza limiti e preclusioni ingiustificate «rappresenta un profilo insopprimibile del diritto di difesa RAGIONE_SOCIALE‘imputato». A sostegno di tale conclusione il ricorso cita la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte cost. n. 34 del 26 febbraio 2020, secondo la quale «il potere di impugnazione RAGIONE_SOCIALE‘imputato si correla al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24 Cost.), che ne accresce la forza di resistenza al cospetto di sollecitazioni di segno inverso». Ricorda, inoltre, che (come la Corte costituzionale ha sottolineato) l’art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e poli (adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881) e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la
salvaguardia dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali (adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98) prevedono, «a favore RAGIONE_SOCIALEa persona dichiarata colpevole o condannata per un reato», «il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore o di seconda istanza».
Nel ricorso si sostiene che l’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. crea una «evidente asimmetria» tra accusa e difesa. In caso di assoluzione, infatti, il Pubblico ministero può esercitare il proprio potere di impugnazione «senza alcun ulteriore passaggio», mentre la norma in esame impone al difensore che intenda proporre impugnazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 571, comma 3, cod. proc. pen. (oppure ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 571, comma 1, quale procuratore speciale) di chiedere all’imputato una dichiarazione o elezione di domicilio nei ristretti termini previsti dall’art. 585 cod. proc. pen.
Secondo la difesa, tale ingiustificata disparità di trattamento emerge anche nel raffronto tra l’imputato e la parte civile. Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen., infatti, il difensore RAGIONE_SOCIALE‘imputato assente deve munirsi di apposito mandato ad impugnare, mentre il difensore RAGIONE_SOCIALEa parte civile conserva il diritto all’impugnazione sulla base di una procura rilasciata prima RAGIONE_SOCIALEa sentenza da impugnare e, secondo la giurisprudenza di legittimità, anche in presenza di una procura alle liti non contenente l’espresso richiamo al potere d’impugnazione.
A tali argomentazioni se ne aggiungono altre.
La difesa RAGIONE_SOCIALEa ricorrente sostiene che, mentre l’art. 571, comma 3, cod. proc. pen. mantiene inalterata la facoltà di impugnazione sia per chi difende l’imputato al momento del deposito del provvedimento sia per il difensore nominato a tal fine, i commi 1 ter e 1 quater RAGIONE_SOCIALE‘art. 581 cod. proc. pen. impongono una «cesura» nel percorso RAGIONE_SOCIALEa difesa tecnica, che, invece, deve essere posta in grado di operare con continuità e senza inutili ostacoli lungo l’intero iter processuale. Osserva, inoltre, che l’aver previsto il deposito, contestualmente all’atto di appello, RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione o elezione di domicilio è del tutto irragionevole (e perciò in contrasto con le invocate norme costituzionali) se si considera: in primo luogo, che, di regola, l’imputato dichiara o elegge domicilio per l’intero procedimento ben prima RAGIONE_SOCIALEa presentazione RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello e, in quella sede, viene avvertito che deve comunicare l’eventuale modifica del domicilio dichiarato o eletto; in secondo luogo, che, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 164 cod. proc. pen., «la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni RAGIONE_SOCIALE‘avviso di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza preliminare, degli atti di citazione a giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1».
Secondo la difesa, tale assetto normativo rende superfluo ogni ulteriore adempimento in sede di impugnazione sicché è irragionevole che sia stato previsto, a pena di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello, il contestuale deposito RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione o elezione di domicilio ai fini RAGIONE_SOCIALEa notificazione del decreto di citazione a giudizio. Altrettanto irragionevole – si sostiene – è la sanzione RAGIONE_SOCIALE‘inammissibilità, essendo in tal modo valorizzata un’esigenza, quella di semplificare la notifica RAGIONE_SOCIALEa citazione al giudizio conseguente all’impugnazione, che potrebbe essere soddisfatta prevedendo la domiciliazione ex lege RAGIONE_SOCIALE‘imputato presso il difensore.
Nel caso di specie, osservano i difensori, la notificazione era comunque possibile sulla base RAGIONE_SOCIALE‘elezione di domicilio presente in atti, alla quale, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, si sarebbe dovuto fare riferimento.
2.2. Col secondo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Osserva che, nel caso di specie, nell’atto di impugnazione era presente l’indicazione che l’imputata era «domiciliata presso lo studio del difensore AVV_NOTAIO» sicché nell’atto era «incorporata» l’elezione di domicilio richiesta a pena di inammissibilità dal citato art. 581, comma 1 ter.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Per ragioni di logica espositiva deve essere preliminarmente esaminato il secondo motivo di ricorso, col quale la difesa sostiene che, nel caso di specie, la disposizione prevista dall’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. è stata rispettata essendo stato specificato nell’atto di appello che l’imputata aveva eletto domicilio presso il difensore AVV_NOTAIO. Secondo l’impostazione difensiva, la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe viziata perché non avrebbe tenuto conto di tale dato obiettivo ritenendo necessaria ai fini RAGIONE_SOCIALE‘ammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello un’apposita dichiarazione o elezione di domicilio allegata all’atto di gravame.
Dall’esame degli atti – necessario e possibile in ragione del vizio dedotto emerge che l’AVV_NOTAIO del foro di Perugia, difensore di fiducia RAGIONE_SOCIALE‘imputata (cui era stata conferita procura ad impugnare in data anteriore alla pronuncia RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado), propose appello contro la sentenza di
condanna pronunciata in primo grado «congiuntamente» all’altro difensore di fiducia AVV_NOTAIO del foro di Torino. L’appello fu proposto dunque: da entrambi i difensori, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 571, comma 3, cod. proc. pen.; dal solo AVV_NOTAIO, anche ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 571, comma 1, cod. proc. pen.
Nel corpo RAGIONE_SOCIALE‘atto (non sottoscritto dall’imputata), i difensori scrissero che la COGNOME era domiciliata presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO così facendo riferimento ad una elezione di domicilio che reca la data del 21 giugno 2022 e testualmente recita: «ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 161 cod. proc. pen. elegge domicilio in INDIRIZZO» (indirizzo corrispondente a quello RAGIONE_SOCIALEo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO).
Questa elezione di domicilio fu compiuta ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 161 cod. proc. pen. nel testo all’epoca vigente. Se non revocata, dunque, era destinata a produrre effetti per tutta la durata del giudizio, ivi compreso il giudizio di appello. L’art. 1 cod. proc. pen. nel testo previgente stabiliva infatti: «la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per ogni stato e grado del procedimento, salvo quanto è previsto dagli artt. 156 e 613, comma 2».
Tale assetto normativo è stato modificato dal d.lgs. n. 150/2022. In particolare, sono state modificate le disposizioni che riguardano la notificazione all’imputato non detenuto degli atti introduttivi del giudizio di primo grado e di quello di appello.
Per quanto rileva in questa sede, devono essere prese in considerazione le seguenti norme:
l’art. 157 bis (Notifiche all’imputato non detenuto successive alla prima), che, al primo comma, recita: «In ogni stato e grado del procedimento, le notificazioni all’imputato non detenuto successive alla prima, diverse dalla notificazione RAGIONE_SOCIALE‘avviso di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza preliminare, RAGIONE_SOCIALEa citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna, sono eseguite mediante consegna al difensore di fiducia o di ufficio»;
l’ art. 157 ter cod. proc. pen. (Notifiche degli atti introduttivi del giudizio), il cui terzo comma stabilisce che «In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 581, commi 1 ter e 1 quater»;
l’art. 164 cod. proc. pen. in base al quale «La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni RAGIONE_SOCIALE‘avviso di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1.».
Dal combinato disposto di queste norme si desume che la dichiarazione o elezione di domicilio non è più «valida per ogni stato e grado del procedimento», ma, quando l’impugnazione è proposta dall’imputato o nel suo interesse, ai fini RAGIONE_SOCIALEa notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione nel giudizio di appello, è necessaria una apposita dichiarazione o elezione di domicilio ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 581, commi 1 ter e 1 quater cod. proc. pen.
L’art. 89 del d.lgs. n. 150/2022 ha dettato una disciplina transitoria in questa materia e ha stabilito che le disposizioni degli artt. 157 ter, comma 3, 581, commi 1 ter e 1 quater, e 585, comma 1 bis, cod. proc. pen. si applichino «per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva all’entrata in vigore» del decreto stesso. Il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 – convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 – ha fissato tale entrata in vigore al 30 dicembre 2022. La disposizione transitoria stabilisce dunque, in termini espliciti, che le disposizioni previgenti possano continuare ad operare per l’impugnazione RAGIONE_SOCIALEe sentenze pronunciate fino al 30 dicembre 2022, ma ne esclude l’operatività con riferimento alle sentenze successive a quella data.
Nel caso di specie, la sentenza di condanna nei confronti di NOME COGNOME è stata pronunciata dal Tribunale di Torino il 19 gennaio 2023 e l’atto di appello è stato depositato il 4 marzo 2023, sicché non v’è dubbio che l’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. debba trovare applicazione.
L’insieme RAGIONE_SOCIALEe disposizioni processuali sopra indicate, inoltre, rende evidente che l’elezione di domicilio eseguita il 21 giugno 2022, ancorché inizialmente idonea a produrre effetti «per ogni stato e grado del giudizio», non è più tale e non ha valore ai fini del giudizio di impugnazione. Per poter validamente impugnare nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘imputato le sentenze pronunciate in epoca successiva al 30 dicembre 2022, infatti, è necessario depositare una dichiarazione o elezione di domicilio finalizzata alla notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione nel giudizio di impugnazione.
2.1. Per quanto esposto, la motivazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata non può ritenersi carente. Se è vero, infatti, che nell’atto di appello si faceva riferimento a una elezione di domicilio preesistente, è pur vero che, sulla base RAGIONE_SOCIALEe norme vigenti, unitamente all’impugnazione avrebbe dovuto essere depositata, a pena di inammissibilità, una dichiarazione o elezione di domicilio finalizzata alla notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto introduttivo del giudizio.
In sintesi: l’esistenza di un’elezione di domicilio anteriore alla presentazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione, pur trascurata dalla ordinanza impugnata, è circostanza dì fatto inidonea a incidere sulle ragioni di diritto in forza RAGIONE_SOCIALEe quali è stata dichiarata l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello.
Deve ora essere esaminata l’eccezione d’incostituzionalità sollevata dalla difesa. Tale esame dev’essere condotto con esclusivo riferimento alla previsione RAGIONE_SOCIALE‘art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. Nel caso in esame, infatti, l’art. 581, comma 1 quater, che riguarda l’impugnazione proposta dal difensore RAGIONE_SOCIALE‘imputato nei cui confronti si sia proceduto in assenza, non trova applicazione perché – come emerge dalla lettura RAGIONE_SOCIALEa sentenza del Tribunale di Torino – nel corso del giudizio di primo grado la COGNOME è comparsa e si è sottoposta ad esame.
Come noto, il d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 è stato adottato sulla base RAGIONE_SOCIALEa delega conferita dalla legge 27 settembre 2021, n.134 («Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari»).
Nell’introdurre l’art. 581, comma 1 ter, il legislatore delegato ha riprodotto pedissequamente il contenuto RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 13, lett. a) RAGIONE_SOCIALEa legge delega, che così recitava: «prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini RAGIONE_SOCIALEa notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto introduttivo del giudizio di impugnazione». Il legislatore delegato si è attenuto, inoltre, ai principi contenuti nell’art. 1, comma 6 lett. f), RAGIONE_SOCIALEa legge delega in base al quale, in caso «di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse», si doveva prevedere che la notificazione RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione RAGIONE_SOCIALE‘imputato nel giudizio di impugnazione fosse compiuta «presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi RAGIONE_SOCIALEa lettera a) del comma 13».
Come anche la difesa ricorda, la disposizione in esame è volta ad assicurare l’agevole esecuzione RAGIONE_SOCIALEe notifiche del decreto di citazione nel giudizio di impugnazione e quindi la speditezza e la celerità di questo giudizio. Tale esigenza è stata coordinata con la necessità di garantire all’imputato l’effettiva conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza del processo (che presuppone la conoscenza RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione).
Secondo la difesa, introducendo l’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen., il legislatore ha «surrettiziamente stravolto» il regime RAGIONE_SOCIALEe impugnazioni. Ha previsto, infatti, un nuovo requisito di ammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello e ha imposto al difensore (che pure conserva un autonomo diritto ad impugnare ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 571, comma 3, cod. proc. pen.) di depositare, unitamente all’atto di impugnazione, anche la dichiarazione o elezione di domicilio RAGIONE_SOCIALE‘imputato nel cui interesse ha operato. Analogo onere – si osserva – è imposto al difensore che sia stato nominato al fine di proporre impugnazione e anche al difensore al quale (prima o dopo la pronuncia del provvedimento) sia stata conferita una procura speciale ad impugnare.
L’argomento è sviluppato richiamando la giurisprudenza costituzionale sul diritto di impugnazione, ma il ricorso non spiega perché il sistema RAGIONE_SOCIALEe
impugnazioni sarebbe “stravolto” da una scelta legislativa con la quale si chiede all’imputato nel cui interesse sia stata proposta una impugnazione di attualizzare l’informazione relativa al luogo in cui l’atto introduttivo del giudizio deve essergli notificato. In particolare, il ricorso non chiarisce perché questa scelta limiterebbe l’autonoma facoltà di appello del difensore e per quale motivo sarebbe una scelta irragionevole, confliggente con i principi in materia di «giusto processo».
5. La previsione secondo la quale l’atto di impugnazione deve essere accompagnato dall’indicazione del luogo in cui l’imputato vuole che gli sia notificata la citazione a giudizio non è certamente idonea a limitare il diritto ad impugnare se l’imputato agisce personalmente o nomina un difensore proprio a tal fine. Nel ricorso, infatti, si sostiene che tale previsione limiterebbe il diritto ad impugnare del difensore che assiste l’imputato al momento del deposito del provvedimento e del procuratore speciale nominato prima RAGIONE_SOCIALE‘emissione del provvedimento stesso. Che una tale limitazione sia conseguenza RAGIONE_SOCIALEa norma in esame, però, è apoditticamente affermato e non dimostrato: il ricorso non spiega perché un imputato che sa RAGIONE_SOCIALEa celebrazione del processo di primo grado ed è stato presente in giudizio, non dovrebbe aver manutenuto contatti col proprio difensore al fine di conoscere l’esito di quel processo, né chiarisce perché, in questa situazione, l’imputato non sarebbe in grado di fornire al proprio difensore una dichiarazione o elezione di domicilio. Trascura, inoltre, che la dichiarazione o elezione di domicilio è prevista proprio a tutela RAGIONE_SOCIALE‘imputato, cui l’ordinamento deve assicurare la conoscenza effettiva RAGIONE_SOCIALEa pendenza del processo.
Si deve ricordare, allora, che, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 175 cod. proc. pen., l’imputato può essere restituito nel termine per impugnare se prova che, per caso fortuito o forza maggiore, non ha potuto proporre una tempestiva impugnazione e ciò comporta che egli potrebbe essere restituito nel termine qualora provasse che, per le stesse ragioni, non ha potuto fornire per tempo al proprio difensore l’elezione o dichiarazione di domicilio da allegare all’impugnazione.
Va ribadito, inoltre, che l’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen., riguarda imputati che hanno partecipato al giudizio e, di conseguenza, hanno potuto instaurare un rapporto con i difensori che li hanno assistiti: situazioni nelle quali non si giustifica l’affermazione (contenuta a pag. 6 del ricorso) secondo la quale la necessità per il difensore di mettersi in contatto con l’imputato determinerebbe una «”cesura” nella continuità del rapporto defensionale» tale da incrinare «la stessa logica di una “difesa tecnica” posta in grado di operare con continuità e senza inutili ostacoli lungo l’intero percorso processuale». Non si vede, infatti, in che modo l’adempimento richiesto dall’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. possa limitare la continuità RAGIONE_SOCIALE‘operato del difensore e certamente tale
adempimento non è “inutile”, atteso che l’esercizio del diritto di difesa presuppone la consapevole partecipazione RAGIONE_SOCIALE‘imputato alla celebrazione di un processo del quale deve essere personalmente informato.
Come si è detto, oltre a garantire l’effettiva conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza del processo, la disposizione in esame mira ad evitare che possano esservi difficoltà nella notifica e che il doveroso rispetto RAGIONE_SOCIALEe garanzie RAGIONE_SOCIALE‘imputato possa incidere negativamente sui tempi del giudizio conseguente all’impugnazione.
La scelta compiuta dal legislatore, dunque, contempera due tra i più importanti principi in materia di giusto processo: da un lato, il principio RAGIONE_SOCIALEa ragionevole durata, oggetto di esplicita previsione costituzionale (artt.111, comma 2, Cost); dall’altro, il principio per cui deve essere garantita all’imputato l conoscenza effettiva RAGIONE_SOCIALEa celebrazione del processo, affermato dalla Corte Europea dei Diritti RAGIONE_SOCIALE‘Uomo con le sentenze Somogy c. Italia del 18 maggio 2004 e COGNOME c. Italia del 10 novembre 2004, quest’ultima confermata dalla Grande Camera con sentenza del 1 Marzo 2006 (sull’argomento, Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 279420).
Un tale contemperamento non sarebbe realizzato se – come suggerito de iure condendo nell’atto di ricorso – fosse prevista la domiciliazione ex lege RAGIONE_SOCIALE‘imputato appellante presso il difensore. Questa soluzione, infatti, non potrebbe garantire, oltre alla celerità RAGIONE_SOCIALEa notifica, anche la conoscenza effettiva RAGIONE_SOCIALEa pendenza del processo da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputato.
Alla luce RAGIONE_SOCIALEe considerazioni svolte, il Collegio ritiene che la norma RAGIONE_SOCIALEa cui costituzionalità si dubita abbia introdotto un requisito di ammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione afferente alla forma RAGIONE_SOCIALE‘atto, ma non abbia introdotto limiti alla facoltà di impugnare. La previsione di tale requisito di ammissibilità non è irragionevole perché impone un adempimento non particolarmente oneroso e, soprattutto, perché persegue finalità coerenti con i principi del giusto processo: favorisce la celerità del giudizio e fa sì che l’impugnazione sia espressione di un effettivo interesse RAGIONE_SOCIALE‘imputato, consapevole RAGIONE_SOCIALEa pendenza del processo, e quindi anche RAGIONE_SOCIALEa presentazione RAGIONE_SOCIALE‘atto di impugnazione e RAGIONE_SOCIALEa effettiva celebrazione di un ulteriore grado di giudizio (in tal senso: Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324; Sez. 4, n. 44376/23 del 19/10/2023, Marino, non massimata).
Poiché non restringe la facoltà di impugnare, ma individua – in termini per nulla irragionevoli – un requisito necessario RAGIONE_SOCIALE‘atto di impugnazione, la disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non si pone in contrasto con i principi costituzionali richiamati dalla ricorrente. È utile ricordare
tuttavia che – come la Corte costituzionale ha affermato nella motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 34 del 26 febbraio 2020 – «la garanzia del doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscimento costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 274 e n. 242 del 2009, n. 298 del 2008, n. 26 del 2007, n. 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n. 316 del 2002 e n. 421 del 2001)», sicché limitazioni a tale diritto possono essere previste, purché giustificate, in termini di adeguatezza e proporzionalità, rispetto all’obiettivo perseguito.
Secondo la difesa, la disposizione di cui all’art. 581, comma 1 ter, e quella (non rilevante nel presente giudizio) di cui all’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. determinano una «asimmetria» tra il potere di impugnazione riconosciuto al difensore e quello riconosciuto al Pubblico ministero in caso di assoluzione. Si legge nel ricorso (pag. 5) che: «all’esito di eventuali condanne ingiuste, il difensore dovrebbe attivarsi, proprio al cospetto di un imputato assente, e per questo non facilmente raggiungibile, o di un imputato presente che ha già dichiarato l’elezione di domicilio presso lo studio del difensore, per sollecitarlo a valutare l’opportunità di assumere – suo tramite – una specifica iniziativa processuale a tutela dei suoi diritti, mentre il rappresentante RAGIONE_SOCIALEa pubblica accusa, impegnato nello stesso giudizio in qualità di semplice Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALEa Repubblica, manterrebbe intatto il suo potere di appellare la sentenza di assoluzione senza alcun ulteriore passaggio».
Alla luce RAGIONE_SOCIALEe argomentazioni sin qui sviluppate la tesi non ha pregio: mentre il difensore agisce nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘imputato e per questo può essere onerato del compito di acquisire da lui una elezione di domicilio, la stessa cosa non può dirsi per il Pubblico ministero e per la parte civile che intendano impugnare una sentenza di assoluzione. È ragionevole, dunque, che il legislatore non abbia imposto loro l’onere di contattare l’imputato per ottenere da lui un’elezione di domicilio e la lamentata «asimmetria» discende dalla concreta diversità RAGIONE_SOCIALEa posizione del difensore rispetto a quella dei rappresentanti RAGIONE_SOCIALE‘accusa pubblica e privata.
È appena il caso di rilevare, poi, che la necessità di garantire la conoscenza RAGIONE_SOCIALEa celebrazione del processo riguarda le parti private e non certo la pubblica accusa – che è impersonalmente rappresentata in giudizio dagli uffici RAGIONE_SOCIALEa Procura e RAGIONE_SOCIALEa Procura generale RAGIONE_SOCIALEa Repubblica – sicché non v’è ragione di chiedere al Pubblico ministero appellante dì dichiarare o eleggere domicilio ai fini RAGIONE_SOCIALEa notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Nel ricorso si sostiene che la norma in esame determina una ingiustificata disparità di trattamento tra l’imputato e la parte civile. A sostegno di tale
affermazione, si sottolinea che il difensore RAGIONE_SOCIALE‘imputato assente deve munirsi di apposito mandato ad impugnare, mentre il difensore RAGIONE_SOCIALEa parte civile conserva il diritto all’impugnazione sulla base di una procura rilasciata prima RAGIONE_SOCIALEa sentenza da impugnare. L’argomentazione così sviluppata riguarda la disposizione di cui all’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. ed è irrilevante in questa sede, sicché non v’è ragione di esaminarla.
Con riferimento alla disposizione prevista dall’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen., nessuna disparità di trattamento tra imputato e parte civile può essere neppure ipotizzata.
In tal senso è sufficiente rilevare:
che questa disposizione impone, a pena di inammissibilità, alla parte che impugna l’onere di allegare all’atto di impugnazione la dichiarazione o elezione di domicilio e non modifica le regole che disciplinano il diritto di nomina del difensore;
che tale onere grava, per espressa previsione di legge, sulle «parti private» e sui loro difensori;
che, pertanto, anche il difensore RAGIONE_SOCIALEe parti civili, esattamente come il difensore RAGIONE_SOCIALE‘imputato, deve depositare a pena di inammissibilità, insieme all’atto di impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio dei propri assistiti.
Per quanto esposto, gli argomenti con i quali la questione di legittimità costituzionale è stata prospettata sono irrilevanti con riferimento alla disposizione di cui all’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. e manifestamente infondati con riferimento alla disposizione di cui all’art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perché – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 581, comma 1 ter, cod. proc. pen. – l’esistenza di una elezione di domicilio anteriore alla presentazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione, ancorché richiamata nell’atto di gravame, non rende ammissibile l’appello.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna RAGIONE_SOCIALEa ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe ammende, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALEe ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe
spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 24 ottobre 2023
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