Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20372 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20372 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/11/2023 della Corte d’appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, letta la memoria del difensore del ricorrente che ha insistito nell’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bologna, con l’ordinanza impugnata, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da NOME COGNOME, avverso la sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Bologna che lo aveva condannato, in relazione al reato di cui all’art. 110 cod.pen. art. 73 d.P.R. 9 otl:obre 1990, n. 309 ai sensi dell’art. 581 comma 1 ter cod.proc.pen., per mancato deposito, con l’atto d’appello, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione de decreto di citazione a giudizio.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato e ha chiesto, con il primo motivo, di sollevare la questione di legittimit costituzionale dell’art. 581 comma 1 ter e quater cod.proc.pen. che impone a pena di inammissibilità dell’impugnazione, il deposito dello specifico mandato ad impugnare e l’elezione di domicilio, per contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., art. 14 par.1 del Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New Yo 16 dicembre 1996.
In sintesi, la prevista limitazione della autonoma facoltà di appello del difensore dell’imputato assente, secondo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, che dovrebbe ora sollecitare il suo assistito al rilascio di uno specifico “mandato ad impugnare e relativa dichiarazione/elezione di domicilio” nei ristretti termini previst per l’impugnazione, determina, innanzitutto, una evidente lesione del diritto dii difesa in quanto la facoltà di appellare le sentenze di condanna a pena detentiva senza limiti e preclusioni ingiustificate rappresenterebbe un profilo assolutamente insopprimibile del diritto di difesa dell’imputato come concretamente strutturato nell’assetto costituzionale vigente come del resto anche confermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 34 del 2020. Inoltre, vi sarebbe una irragionevole asimmetria con il potere che resta riconosciuto al Pubblico Ministero in caso di assoluzione e con il potere di impugnazione. In secondo luogo, la modifica normativa attuerebbe una irragionevole differenziazione di accesso all’impugnazione dell’imputato assente rispetto a quello presente.
La disciplina introdotta dalla riforma Cartabia sarebbe anche irragionevole per la introduzione, a pena di inammissibilità, del deposito della elezione di domicilio, tenuto conto che l’art. 164 cod. proc. pen. chiarisce che la dichiarazione e l’elezione di domicilio già effettuate avranno effetto anche per l’atto di citazione ai sensi dell’ar 601 cod. proc. pen. La disposizione sarebbe incostituzionale laddove “punisce” con la sanzione della inammissibilità la mancata rinnovazione dell’atto di domiciliazione anche se presente in atti e valido.
Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e il vizio di motivazione.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che deve ritenersi ammissibile il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME con cui si deduce l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE
disposizioni applicate dal giudice di merito, e dunque si censura una violazione di legge riferita alla sentenza impugnata con riferimento a questioni rilevati, nel senso che dall’accoglimento di esse ben potrebbe, in astratto, conseguire un effetto favorevole per il ricorrente, in termini di annullamento, anche parziale, del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 37796 del 08/04/2020, Romano, Rv. 280961).
Il ricorso è, tuttavia, inammissibile perché la questione posta è stata già ritenuta manifestamente infondata da Questa corte di legittimità con una pluralità di decisioni che il Collegio condivide.
L’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 150 del 2022, ha inserito nell’art. 581 cod. proc. pen. i predetti commi 1-ter e 1-quater a norma dei quali: a) «Con l’atto d’impugnazione RAGIONE_SOCIALE parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione d decreto di citazione a giudizio» (comma 1-ter); b) «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» (comma 1-quater).
Nel caso in esame, viene in rilievo – unicamente – il comma 1 ter dell’art. 581 cod.proc.pen., applicabile a norma dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, trattandosi di impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale di Bologna pronunciata in data successiva a quella di entrata in vigore dello stesso decreto (30 dicembre 2022).
Ciò posto, la questione di legittimità costituzionale sollevata con il primo motivo deve ritenersi manifestamente infondata.
La questione è già stato affrontato dalla giurisprudenza di legittimità che si è già espressa nel senso della manifesta infondatezza della « questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pe .n., introdotti dagli artt. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e dell’art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell’atto di citazi e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi
dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, NOME COGNOME, Rv. 285324 – 01). A questa decisione hanno fatto seguito anche altre pronunce: Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, COGNOME, che ha, nel dichiarare la manifestamente infondatezza della questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 1 per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, ha affermato che non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge. E ancora, Sez. 4, n. 12462 del 2024, Palermo, non mass., che richiama, con riguardo alla questione della validità dell’elezione di domicilio, come delineata nel nuovo assetto normativo, e Sez. 4 n. 6303 del 24 ottobre 2023, Farina n.m., e Sez. 5, n. 10170/2024, non mass.
Nella condivisione dell’affermazione secondo cui la disciplina introdotta dall’art. 581 comma 1 ter e quater cod.proc.pen. non comporta alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collide né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, anche secondo la prospettiva della Convenzione di New York, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge, il primo motivo di ricorso risul inammissibile.
Dalla inammissibilità dell’impugnazione, che non consente l’istaurazione del rapporto processuale, consegue anche l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso che censura il merito dell’affermazione della responsabilità penale.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 18/04/2024