LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità appello: la Cassazione sulla Cartabia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20372/2024, ha confermato la decisione di inammissibilità appello per la mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. introdotto dalla Riforma Cartabia. La Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, specificando che la norma non limita il diritto di difesa dell’imputato, ma regola le modalità di esercizio del potere del difensore, assicurando che l’impugnazione derivi da una scelta consapevole e personale dell’assistito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità appello: la Riforma Cartabia sotto la lente della Cassazione

La recente Riforma Cartabia ha introdotto nuove e stringenti formalità nel processo penale, una delle quali riguarda le modalità di presentazione dell’atto di appello. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20372/2024) ha affrontato un caso di inammissibilità appello dovuto proprio alla mancata osservanza di queste nuove regole, confermando la legittimità costituzionale della normativa. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche per imputati e difensori.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’impugnazione presentata avverso una sentenza di condanna emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Bologna per un reato legato agli stupefacenti. La Corte d’appello di Bologna, tuttavia, non è mai entrata nel merito della questione, dichiarando l’appello inammissibile.

Il motivo? Con l’atto di impugnazione non era stata depositata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, un adempimento richiesto a pena di inammissibilità dal nuovo art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia.

Il difensore dell’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sollevando una questione di legittimità costituzionale della nuova norma, sostenendo che essa violasse il diritto di difesa, creasse una disparità di trattamento e fosse irragionevole.

La questione dell’inammissibilità appello e la valutazione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione della questione di costituzionalità. Secondo i giudici supremi, la questione è da ritenersi manifestamente infondata.

La Corte ha ribadito un principio già espresso in precedenti pronunce: la norma introdotta dalla Riforma Cartabia non costituisce una limitazione al diritto di impugnazione dell’imputato, ma si limita a regolare le modalità con cui il difensore può esercitare la sua facoltà, concorrente e accessoria, di presentare appello.

In sostanza, il legislatore ha operato una scelta, non manifestamente irragionevole, volta a garantire che l’impugnazione sia il frutto di una “opzione ponderata e personale della parte”.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su una chiara distinzione tra il diritto personale dell’imputato a impugnare e la facoltà accessoria del suo difensore. La nuova norma, richiedendo un’elezione di domicilio contestuale all’appello (e, nel caso di imputato assente, uno specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la sentenza), mira a rafforzare il legame tra l’imputato e il procedimento, assicurando che egli sia a conoscenza della pendenza del giudizio di secondo grado e abbia espresso una volontà attuale e concreta in tal senso.

La Corte ha sottolineato come questa scelta legislativa non collida né con il principio di inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza. Si tratta, semplicemente, di una regolamentazione delle modalità di esercizio di un potere processuale. Di conseguenza, essendo il primo motivo (quello sulla costituzionalità) infondato, anche il secondo motivo, che atteneva al merito della responsabilità penale, è stato dichiarato inammissibile, poiché l’impugnazione originaria non ha mai validamente instaurato il rapporto processuale d’appello.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida l’orientamento della giurisprudenza sulla legittimità delle nuove formalità introdotte dalla Riforma Cartabia per la presentazione dell’appello penale. La decisione chiarisce che l’obbligo di depositare l’elezione di domicilio insieme all’atto di impugnazione è un requisito di ammissibilità non derogabile, la cui mancanza comporta la preclusione all’esame del merito. Per i difensori, ciò significa prestare la massima attenzione a questi nuovi adempimenti formali, al fine di evitare che una difesa potenzialmente fondata venga vanificata da una declaratoria di inammissibilità appello per motivi procedurali.

Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile in primo luogo?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché non è stata depositata, contestualmente all’atto di impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, un requisito richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia.

La norma che prevede questo nuovo adempimento è incostituzionale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma non è incostituzionale. Essa non limita il diritto personale dell’imputato di impugnare, ma regola le modalità di esercizio del potere del difensore, con una scelta legislativa ritenuta non manifestamente irragionevole.

Qual è lo scopo di richiedere una nuova elezione di domicilio con l’atto di appello?
Lo scopo è assicurare che l’impugnazione derivi da una scelta ponderata e personale dell’imputato, che deve essere rinnovata all’inizio della fase di impugnazione. Questo garantisce che l’imputato sia consapevole e coinvolto attivamente anche nel secondo grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati