Inammissibilità appello: la stretta della Cassazione dopo la Riforma Cartabia
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11243 del 2024, ha ribadito la rigorosa applicazione delle nuove norme procedurali introdotte dalla Riforma Cartabia, confermando una pronuncia di inammissibilità appello per vizi formali. Questa decisione sottolinea l’importanza per i difensori di adeguarsi scrupolosamente ai nuovi oneri previsti per l’impugnazione, specialmente nei casi in cui l’imputato sia rimasto assente durante il processo. L’ordinanza offre chiarimenti cruciali sulla ratio della normativa e sulla sua compatibilità con i principi costituzionali.
I Fatti del Caso
Un imputato, giudicato in sua assenza, proponeva appello avverso una decisione della Corte d’Appello di Torino. Tuttavia, l’impugnazione veniva presentata senza due documenti che la Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha reso obbligatori: la dichiarazione o elezione di domicilio per le notificazioni e, soprattutto, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dall’assistito successivamente alla pronuncia della sentenza. Di conseguenza, la Corte territoriale dichiarava l’appello inammissibile. Contro questa decisione, la difesa ricorreva in Cassazione, sollevando anche dubbi sulla legittimità costituzionale della nuova normativa, lamentando una presunta violazione del diritto di difesa.
La Decisione e l’Inammissibilità Appello secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato in toto la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che la causa di inammissibilità appello prevista dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, era stata correttamente applicata. Secondo la Cassazione, la mancanza del mandato specifico e della dichiarazione di domicilio costituisce un vizio insanabile che osta all’esame del merito dell’impugnazione.
Le Motivazioni della Corte
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha giustificato la sua posizione. Innanzitutto, i giudici hanno respinto la questione di legittimità costituzionale, richiamando un precedente specifico (Cass. n. 43718/2023). La Corte ha spiegato che l’introduzione di questi nuovi requisiti formali non è una scelta irragionevole del legislatore, ma risponde a una precisa finalità: quella di assicurare che l’impugnazione non sia un atto meramente formale o dilatorio, ma derivi da una scelta “ponderata e personale” dell’imputato.
Questa esigenza è particolarmente sentita nei confronti di chi non ha partecipato al processo. Il legislatore ha voluto garantire che l’imputato assente sia effettivamente a conoscenza della sentenza e manifesti una volontà concreta e attuale di contestarla. Il mandato, che deve essere rilasciato dopo la decisione, e l’elezione di domicilio servono proprio a certificare questo contatto e questa consapevolezza.
La Corte ha inoltre sottolineato che il sistema prevede dei correttivi a tutela del diritto di difesa, come l’ampliamento dei termini per impugnare e l’istituto della restituzione nel termine, che può essere invocato in casi specifici. Pertanto, la nuova disciplina realizza un bilanciamento non irragionevole tra l’efficienza del processo e la garanzia dei diritti dell’imputato.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. La Riforma Cartabia ha introdotto una significativa stretta sui requisiti formali dell’appello penale, e la giurisprudenza ne sta confermando l’applicazione rigorosa. Per i difensori, diventa fondamentale acquisire dal proprio assistito, specialmente se assente, il mandato specifico e l’elezione di domicilio dopo la pubblicazione della sentenza. Omettere questi adempimenti comporta la conseguenza drastica dell’inammissibilità appello, precludendo ogni possibilità di discutere il merito della causa nel grado successivo. Questa decisione consolida un orientamento che mira a responsabilizzare le parti e a filtrare le impugnazioni, ammettendo solo quelle che riflettono una reale e consapevole volontà difensiva.
Quali sono i requisiti essenziali per presentare un appello penale dopo la Riforma Cartabia, se l’imputato era assente?
È necessario depositare, unitamente all’atto di appello, una dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione e uno specifico mandato a impugnare, rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza. La mancanza di questi documenti causa l’inammissibilità dell’appello.
Le nuove norme sull’inammissibilità dell’appello sono state considerate incostituzionali dalla Cassazione?
No, secondo l’ordinanza, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater c.p.p., è stata ritenuta manifestamente infondata. La Corte ha stabilito che si tratta di una scelta legislativa non irragionevole volta a garantire la consapevolezza dell’impugnazione.
Perché il legislatore ha introdotto questi nuovi requisiti formali per l’appello?
L’obiettivo è quello di limitare le impugnazioni che non derivano da una scelta ponderata e personale dell’imputato. Si vuole garantire che l’atto di appello rifletta una volontà effettiva e consapevole della parte di contestare la sentenza, specialmente quando non ha partecipato al processo di primo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11243 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11243 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo unico dedotto dall’a ricorrente è manifestamente infondato, atteso che correttamente è stata ravvisata dalla Corte di appello di Bologna la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per il caso di carente mandato conferito da parte dell’imputato appellante che sia rimasto assente nel corso dell’intero giudizio, nonché per carenza della dichiarazione o dell’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (vedi Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, NOME COGNOME, Rv. 285324, con la quale è stata anche ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost. e art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’appello, che, anche nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell’atto di citazione, e lo specific mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi “in limine impugnationis” ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ·la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deci o il 16 febbraio 2024