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Inammissibilità appello: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso contro una condanna per furto aggravato. La decisione si fonda sul principio della cosiddetta ‘inammissibilità derivata’: poiché il motivo di appello presentato in secondo grado era generico e non contestava specificamente le ragioni della sentenza di primo grado (basate sui precedenti dell’imputato), anche il successivo ricorso in Cassazione è risultato inammissibile. La Corte ha ribadito che l’inammissibilità dell’appello può essere rilevata in ogni fase del processo.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità dell’Appello: quando un motivo generico chiude le porte della Cassazione

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sul tema dell’inammissibilità dell’appello nel processo penale. La Corte di Cassazione ha confermato un principio fondamentale: un ricorso basato su motivi di appello generici e non specifici è destinato a essere dichiarato inammissibile, anche se il giudice di secondo grado non lo aveva rilevato. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale della redazione accurata e puntuale degli atti di impugnazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato emessa in primo grado. L’imputato, tramite il suo difensore, presentava appello, lamentando, tra le altre cose, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte d’Appello di Perugia confermava la sentenza di primo grado. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, insistendo sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti.

La Regola sull’Inammissibilità dell’Appello per Genericità

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nella valutazione del motivo di appello originario. I giudici di legittimità hanno osservato che il motivo presentato alla Corte d’Appello era inammissibile perché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza di primo grado. Il primo giudice aveva negato le attenuanti basandosi su elementi concreti: i precedenti penali e le segnalazioni di polizia a carico dell’imputato. L’appello, invece, si era limitato a una doglianza generica, senza contestare specificamente questi elementi negativi. Questa mancanza di specificità viola l’art. 581 del codice di procedura penale, che impone di indicare chiaramente le ragioni di fatto e di diritto a sostegno dell’impugnazione.

Il Principio dell’Inammissibilità Derivata

La Corte di Cassazione ha applicato il principio secondo cui l’inammissibilità di un’impugnazione, se non rilevata dal giudice competente (in questo caso, la Corte d’Appello), deve essere dichiarata in qualsiasi stato e grado successivo del procedimento. Le cause di inammissibilità, infatti, non sono soggette a sanatoria. Di conseguenza, se il motivo d’appello era originariamente inammissibile, anche il ricorso per Cassazione che si fonda su di esso è, a sua volta, inammissibile. La Corte Suprema può quindi rilevare l’invalidità ‘ora per allora’, a prescindere dalle decisioni del giudice precedente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su un solido orientamento giurisprudenziale, richiamando in particolare le Sezioni Unite (sent. Galtelli, n. 8825/2017). Secondo questo principio consolidato, il dovere di specificità dei motivi di appello non è un mero formalismo, ma una garanzia di serietà dell’impugnazione. L’appellante deve instaurare un vero e proprio contraddittorio con la sentenza impugnata, criticandone punto per punto le argomentazioni. Una critica generica o astratta non è sufficiente e conduce inevitabilmente all’inammissibilità.

Nel caso specifico, l’appellante avrebbe dovuto spiegare perché i precedenti penali, evidenziati dal primo giudice, non fossero ostativi alla concessione delle attenuanti. Non avendolo fatto, il suo motivo di appello è risultato privo della specificità richiesta, rendendo inammissibile l’intera doglianza. La Cassazione non ha fatto altro che prendere atto di questo vizio originario, dichiarando l’inammissibilità del ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per ogni avvocato penalista: la redazione dell’atto di appello è un momento cruciale che richiede massima attenzione e precisione. Ignorare o trattare superficialmente le motivazioni del giudice di primo grado equivale a presentare un’impugnazione inefficace. È necessario analizzare in profondità la sentenza e costruire argomentazioni specifiche che ne mettano in luce le eventuali criticità. In mancanza di questo confronto diretto, il rischio di una declaratoria di inammissibilità dell’appello è altissimo, con la conseguenza di precludere ogni ulteriore esame del merito della questione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo di appello presentato in secondo grado era a sua volta inammissibile. Esso era generico e non contestava specificamente le ragioni della sentenza di primo grado, che aveva negato le attenuanti sulla base dei precedenti dell’imputato.

Cosa significa che un motivo di appello non è ‘specifico’?
Significa che l’atto di impugnazione si limita a una critica generica e astratta della sentenza, senza confrontarsi in modo puntuale con le argomentazioni del giudice e senza indicare le ragioni precise per cui la decisione sarebbe errata, come richiesto dall’art. 581 del codice di procedura penale.

Può la Cassazione dichiarare un’inammissibilità che il giudice d’appello non aveva rilevato?
Sì. Secondo quanto affermato nell’ordinanza, le cause di inammissibilità non sono sanabili e devono essere rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Pertanto, la Corte di Cassazione ha il potere e il dovere di dichiarare l’inammissibilità originaria dell’appello anche se il giudice precedente non l’aveva fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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