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Inammissibilità appello: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha rigettato un ricorso contro una declaratoria di inammissibilità appello. La Corte ha chiarito che le nuove norme più favorevoli sull’impugnazione, che eliminano l’obbligo del mandato specifico, non si applicano retroattivamente. Per gli appelli depositati prima del 25 agosto 2024, vige la vecchia e più stringente disciplina, secondo il principio tempus regit actum.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello: la Cassazione Conferma il Principio Tempus Regit Actum

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 36020 del 2025, affronta un’importante questione di diritto intertemporale in materia processuale penale. Il caso riguarda la declaratoria di inammissibilità appello per il mancato rispetto delle formalità introdotte dalla Riforma Cartabia, successivamente abrogate. La Suprema Corte ha chiarito che le nuove e più favorevoli disposizioni non hanno effetto retroattivo, consolidando il principio del tempus regit actum.

Il Fatto: un Appello Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine da un provvedimento della Corte di Appello di Venezia, che aveva dichiarato inammissibile un atto di appello contro una sentenza del Tribunale di Treviso. La ragione dell’inammissibilità risiedeva nella violazione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, nella sua formulazione post-Riforma Cartabia. Tale norma imponeva al difensore di depositare, insieme all’atto di impugnazione, uno specifico mandato rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza, a pena di inammissibilità.

Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte di Appello avesse errato. L’argomentazione difensiva si basava sull’entrata in vigore della legge n. 114 del 9 agosto 2024, che aveva abrogato l’onere del mandato specifico. Secondo il ricorrente, tale norma, essendo più favorevole, avrebbe dovuto applicarsi retroattivamente, sanando il vizio formale dell’appello, sebbene questo fosse stato presentato prima della sua entrata in vigore.

La Questione Giuridica e l’inammissibilità dell’appello

Il nodo centrale della questione era stabilire quale norma dovesse regolare gli appelli depositati a cavallo del cambiamento legislativo. Da un lato, il principio tempus regit actum, secondo cui gli atti processuali sono disciplinati dalla legge in vigore al momento del loro compimento. Dall’altro, l’invocato principio di retroattività della legge più favorevole, tipico del diritto penale sostanziale.

L’atto di appello in questione era stato depositato prima del 25 agosto 2024, data di entrata in vigore della legge n. 114/2024. Al momento del deposito, quindi, vigeva la stringente disciplina della Riforma Cartabia. La difesa sosteneva che la natura sostanziale degli effetti dell’inammissibilità dovesse far prevalere il principio del favor rei.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito in modo definitivo che la disciplina delle impugnazioni è di natura processuale e, come tale, soggetta al principio tempus regit actum.

La Corte ha specificato che la nuova e più snella procedura introdotta dalla legge n. 114/2024 si applica esclusivamente alle impugnazioni proposte a partire dal 25 agosto 2024. Per tutti gli atti depositati fino al 24 agosto 2024, continua a valere la normativa precedente. A sostegno di questa interpretazione, la sentenza richiama un precedente delle Sezioni Unite (n. 13808 del 24/10/2024), che aveva già risolto il contrasto giurisprudenziale in materia, confermando la natura istantanea dell’atto di impugnazione e la conseguente applicazione della legge vigente in quel momento.

Nel caso specifico, il difensore si era limitato a richiamare la ‘nomina in atti’, un adempimento ritenuto insufficiente dalla normativa allora in vigore, che richiedeva un mandato specifico e successivo alla sentenza. La Corte di Appello, pertanto, aveva correttamente applicato la legge e dichiarato l’inammissibilità appello.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: le norme che regolano la forma e i termini degli atti processuali non sono retroattive. Gli operatori del diritto devono prestare massima attenzione alla normativa in vigore al momento del compimento di un atto, poiché le modifiche legislative successive, anche se più favorevoli, non possono sanare vizi pregressi. Questa decisione offre certezza giuridica e sottolinea l’importanza del rigore formale nel deposito degli atti di impugnazione, confermando che l’atto di appello si perfeziona istantaneamente al momento del suo deposito e a quella data deve essere valutata la sua ammissibilità.

La nuova legge che semplifica la presentazione dell’appello penale è retroattiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la nuova disciplina, in vigore dal 25 agosto 2024, non si applica retroattivamente agli appelli proposti prima di tale data, in base al principio tempus regit actum.

Quale legge si applica a un appello depositato prima del 25 agosto 2024?
Si applica la disciplina precedente, introdotta dalla Riforma Cartabia, che richiedeva, a pena di inammissibilità, il deposito di uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza.

Perché la Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello in questo caso?
Perché l’appello era stato depositato prima del 25 agosto 2024 senza il mandato specifico richiesto dalla legge allora in vigore, e il semplice richiamo alla ‘nomina in atti’ non era considerato un adempimento sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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