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Inammissibilità appello: il termine è perentorio

La Corte di Cassazione conferma la inammissibilità di un appello presentato oltre i termini di legge. La Corte ha stabilito che la tardività dell’impugnazione è un vizio insanabile che non può essere superato dalla successiva richiesta di un termine a difesa da parte del nuovo legale. Questa sentenza ribadisce il principio della perentorietà dei termini processuali e l’onere di specificità dei motivi di ricorso, confermando la declaratoria di inammissibilità appello.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello: Quando un Vizio Procedurale Non Può Salvare un Ricorso Tardivo

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: la tardività di un’impugnazione è un vizio fatale e insanabile. Il caso in esame ha portato alla dichiarazione di inammissibilità appello proposto da un imputato, chiarendo che le successive vicende processuali, come la richiesta di un termine a difesa da parte di un nuovo legale, non possono rimediare al mancato rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Dichiarazione di Inammissibilità Appello

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Cassino nei confronti di un imputato per una violazione del Codice della Strada. La sentenza di primo grado, emessa con motivazione contestuale, veniva impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Roma.

La Corte territoriale, tuttavia, non è mai entrata nel merito della questione. Con un’analisi preliminare, ha rilevato che l’appello era stato depositato oltre il termine di legge. Tenendo conto anche della proroga di quindici giorni prevista per gli imputati giudicati in assenza, il termine ultimo per impugnare scadeva il 30 marzo 2023. L’atto di appello, invece, era stato presentato solo il 5 aprile 2023, risultando irrimediabilmente tardivo. Di conseguenza, la Corte d’appello ha dichiarato l’impugnazione inammissibile.

Il Ricorso in Cassazione: Il Tentativo di Far Valere il Diritto di Difesa

Contro la decisione della Corte d’appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo. La difesa ha sostenuto che la Corte territoriale avrebbe commesso un errore procedurale. Nello specifico, il nuovo difensore dell’imputato, nominato a ridosso dell’udienza, aveva presentato un’istanza per la concessione di un “termine a difesa” ai sensi dell’art. 108 del codice di procedura penale. Secondo il ricorrente, la Corte d’appello non si era nemmeno pronunciata su tale richiesta, impedendo di fatto alla difesa di prendere piena cognizione degli atti e di argomentare adeguatamente contro la causa di inammissibilità.

La Decisione della Cassazione sulla inammissibilità appello

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo a sua volta inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto il motivo di ricorso affetto da “aspecificità intrinseca”, ovvero formulato in modo generico e non pertinente rispetto alla questione centrale.

Le Motivazioni: Irrilevanza del “Termine a Difesa”

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella netta separazione tra due profili procedurali distinti. Da un lato, vi è la causa originaria di inammissibilità appello, ovvero la sua presentazione tardiva. Questo è un vizio che si cristallizza nel momento in cui scade il termine per impugnare e non può essere sanato successivamente.

Dall’altro lato, vi è la richiesta di un termine a difesa, finalizzata a garantire al nuovo avvocato il tempo per prepararsi. Secondo la Corte, la concessione o meno di questo termine è una questione procedurale che non ha alcuna attinenza con la tardività originaria dell’impugnazione. Anche se il termine fosse stato concesso, non avrebbe in alcun modo potuto rendere ammissibile un appello già depositato fuori tempo massimo. Inoltre, la difesa non ha saputo specificare quali concrete facoltà difensive sarebbero state precluse dalla mancata concessione del termine, rendendo il motivo di ricorso astratto e privo di effettiva rilevanza.

Le Conclusioni: La Perentorietà dei Termini e la Specificità dei Motivi

La sentenza consolida due principi cardine del diritto processuale penale. In primo luogo, i termini per le impugnazioni sono perentori: il loro mancato rispetto determina in via definitiva l’inammissibilità dell’atto, senza possibilità di rimedi successivi. In secondo luogo, i motivi di ricorso per cassazione devono essere specifici e pertinenti. Non è sufficiente lamentare una generica violazione del diritto di difesa; è necessario dimostrare come l’errore procedurale abbia concretamente inciso sull’esito del giudizio. In questo caso, la richiesta di un termine a difesa era del tutto ininfluente rispetto a una causa di inammissibilità già conclamata, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Presentare un appello dopo la scadenza del termine è un errore sanabile?
No, secondo la sentenza, la presentazione tardiva dell’appello (tardività) è un vizio insanabile che porta alla dichiarazione di inammissibilità. Nessun atto o richiesta successiva può rimediare a questo errore iniziale.

La nomina di un nuovo avvocato poco prima di un’udienza dà automaticamente diritto a un rinvio per preparare la difesa sull’ammissibilità dell’appello?
No. La Corte ha stabilito che la richiesta di un “termine a difesa” è una questione procedurale separata e ininfluente rispetto a una causa di inammissibilità già esistente, come la tardività. La sua eventuale concessione non potrebbe comunque rendere ammissibile un appello depositato fuori termine.

Cosa succede se i motivi di un ricorso in Cassazione sono considerati generici o non pertinenti?
Se i motivi del ricorso sono ritenuti affetti da “aspecificità intrinseca”, cioè non indicano chiaramente e pertinentemente l’errore di diritto della decisione impugnata, il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte non esamina il merito della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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