Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28405 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28405 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MILANO il 24/11/1996
avverso l’ordinanza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/sefitite le conclusioni del PG GLYPH CA GLYPH C-AZA–;· C=3e GLYPH ‘ kc.e ha.o GLYPH e; tre: (A
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello presentato in data 5 ottobre 2023 dalla difesa di NOME COGNOME COGNOME avverso la sentenza, emessa nei confronti del medesimo e in assenza dello stesso, in data 5 giugno 2023 dal Tribunale di Milano, di condanna per il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159. Ha, invero, rilevato che, unitamente all’atto di appello, non sono stati depositati specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, come previsto dal disposto dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., e atto di dichiarazione o elezione di domicilio, come previsto dal disposto dell’art. 581, comma 1-ter, stesso codice.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME deducendo vizio di motivazione.
Osserva che, nel caso di specie, non avrebbe dovuto essere dichiarata l’inammissibilità, considerato che il processo risulta iniziato prima dell’entrata in vigore del d. Igs. n.150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia) e prima di detta entrata in vigore è stata depositata nomina con elezione di domicilio e procura comprensiva anche di legittimazione alle impugnazioni.
Rileva che non può sacrificarsi, rispetto ad un paventato disagio degli Uffici giudiziari, il diritto ad impugnare una sentenza ingiusta, peraltro a fronte di un domicilio per le notifiche che non è mai cambiato, in ossequio alla ratio della riforma.
Aggiunge che le criticità della prevista inammissibilità sono talmente evidenti che potrebbe sollevarsi incidente di incostituzionalità.
Insiste, quindi, sull’annullamento dell’ordinanza impugnata, previa eventuale valutazione di illegittimità costituzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
La sentenza appellata è stata emessa in data 5 giugno 2023, successivamente all’entrata in vigore del d. Igs. 10 ottobre 2022 (30 dicembre 2022), per cui all’appello proposto avverso la stessa si applicano, a norma dell’art. 89, comma 3, del medesimo decreto, le
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disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., inserite dall’art. 33 sempre di detto decreto, che prevedono rispettivamente che con l’impugnazione sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio e che, nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Correttamente, quindi, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello.
E ciò non senza rilevare, quanto alla necessità di deposito della dichiarazione o elezione di domicilio, che la ratio di tale novità legislativa è evidente, volendosi mettere l’ufficio nelle condizione di effettuare correttamente la notifica del decreto di citazione a giudizio per l’appello, senza defatiganti attività di controllo spesso vanificate dai frequenti cambi di residenze o atti di elezione o dichiarazione; e richiamando il riferimento all’atto del deposito e non della semplice indicazione non proveniente dal diretto interessato la necessità della certezza della provenienza della dichiarazione stessa.
Se a ciò si aggiunge che, secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di impugnazione di sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, lo specifico mandato a impugnare e la dichiarazione o elezione di domicilio in esso contenute devono essere successivi alla sentenza e contestuali all’impugnazione in quanto espressione della necessaria e consapevole volontà dell’imputato all’impugnazione (si veda, per tutte, Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Pasquale, Rv. 286088: in motivazione, la Corte ha precisato che può essere considerata la precedente elezione di domicilio solo se essa sia stata rinnovata dall’imputato nei modi previsti dall’art. 581, commi 1-ter e 1-quater cod. proc. pen.) è evidente la manifesta infondatezza delle censure difensive facenti leva su pregresse elezione di domicilio e procura comprensiva anche di legittimazione alle impugnazioni, e su un domicilio per le notifiche mai cambiato.
Va, in ultimo, osservato che questa Corte si è già pronunciai:a sulla questione di legittimità costituzionale di dette disposizioni normative, su cui insiste il ricorso.
A tale riguardo si è osservato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi
1 -ter e 1 -quater
dell’art.
581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni,
laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’ele2:ione di
domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non
comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di
esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità
del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le
sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep.2024, COGNOME, Rv. 285900).
All’inammissibilità consegue la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria, che pare c:ongruo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024.