Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17462 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17462 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il 28/11/1959
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Messina ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal difensore di COGNOME NOME avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto lo aveva dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 73 comma 5, d.P.R. n. 309/1990 (in Castroreale, il 09/07/2018), GLYPH per rilevata, GLYPH mancata allegazione al gravame della dichiarazione o elezione di domicilio prescritta dall’art. 581, co. 1 -ter, cod. proc. pen., ritenendo altresì tardiva l’integrazione pervenuta oltre il termine per proporre impugnazione.
2. La difesa del COGNOME ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e inosservanza di norme processuali, con riferimento agli artt. 125 e 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen. e 24, 27 e 111, Cost.: la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato la norma di legge che prevede il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio per la notifica del decreto di citazione a giudizio, invero già depositata nel fascicolo, giusto verbale di identificazione ed elezione di domicilio redatto dalla PG nel verbale di notifica del decreto di perquisizione del 22/02/2022, non potendosi l’art. 581 co. 1 -ter, cod. proc. pen. interpretare nel senso del materiale deposito di una nuova elezione o dichiarazione di domicilio con l’atto d’impugnazione.
Sotto altro profilo, la difesa ha contestato la tardività dell’integrazione (nuovo mandato a impugnare con elezione di domicilio presso il difensore), la norma non disponendo che essa debba essere contestuale all’impugnazione, trattandosi di documento accessorio che va pertanto considerato come depositato nel medesimo termine per proporre impugnazione.
Con il secondo motivo, ha invitato questa Corte a sollevare incidente di incostituzionalità della norma, in relazione ai parametri di cui agli artt. 3, 24, 27 111 Cost, essendo irragionevole la disposizione che giustificherebbe un sacrificio della posizione del condannato rispetto a quella della pubblica accusa, determinando così una vera e propria asimmetria, nonché una “censura” nel percorso della difesa tecnica che dovrebbe operare senza soluzione di continuità, essendo rimasta inalterata la facoltà di autonoma impugnazione in capo al difensore, essendo vieppiù irragionevole la sanzione di inammissibilità dell’impugnazione, avendo potuto il legislatore prevedere, per esempio, una domiciliazione legale presso il difensore.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso va rigettato.
2. Il primo motivo è infondato.
In via preliminare, tenuto conto dell’intervenuta abrogazione della norma di cui all’art. 581, co. 1-ter, cod. proc. pen., a opera della legge n. 114/2024, in vigore dal 25 agosto dello stesso anno, deve valutarsi quale sia la disciplina applicabile al caso in esame, nel quale la sentenza appellata è stata resa 16/06/2023. Sul punto, va rilevato che il Supremo organo della nomofilachia, investito della questione «Se ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell’art. 581, comma iter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell’impugnazione», ha ritenuto che tale disciplina continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024. In quella sede, peraltro, è stata devoluta anche l’ulteriore questione, in questa rilevante, vale a dire «Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 58 comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo». A tale specifico proposito, il Supremo collegio della nomofilachia, ha affermato che la previsione ai sensi dell’art. 581, co. 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione (Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, De Felice). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A tal proposito, il Supremo organo di nomofilachia, ha ritenuto che, mentre un onere aggiuntivo quale quello che imporrebbe l’allegazione di una dichiarazione/elezione di domicilio successiva alla sentenza da appellare si risolverebbe in un vulnus al diritto dell’imputato all’accesso al giudizio di impugnazione, come presidiato dall’art. 6, par. 1, CEDU (Corte EDU 28/10/2021 Succi e altri c. Italia), al pari dell’onere di allegazione materiale del dichiarazione/elezione all’atto d’impugnazione, risolvendosi entrambi in una interpretazione della norma di cui all’art. 581 co. 1-ter lesiva del diritto nella sua sostanza, viceversa, l’onere del richiamo dell’atto, chiaro, specifico e inequivoco, tale da consentire senza difficoltà o necessità di indagini, di individuare l’atto stesso nel fascicolo processuale, consentendo la rapida e certa notificazione del decreto di
citazione per il giudizio di appello, non costituisce un inutile aggravio per l’imputato, permettendo la salvaguardia delle esigenze di celerità e certezza sottese alla norma.
Pertanto, il ricorso va scrutinato tenendo conto della relativa cornice normativa che è quella antecedente la riforma, correttamente richiamata dal giudice
territoriale nel provvedimento impugnato, avendo la parte depositato l’appello in data 31/10/2023. E, nella specie, nell’appello non vi sono indicazioni quanto all’atto
contenente una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, né alla sua ubicazione nel fascicolo processuale, la difesa essendosi, peraltro, limitata in ricorso,
a contestare un altro aspetto, quello cioè della contestualità dell’allegazione o indicazione rispetto alla presentazione dell’impugnazione, operando, pertanto, una
interpretazione della legge che non trova alcun riscontro testuale e neppure ermeneutico, alla stregua dei principi ormai affermati dal diritto vivente.
4. È, invece, manifestamente infondata, oltre che generica, la prospettata questione di incostituzionalità. Essa è già stata più volte negativamente scrutinata,
alla stregua dei medesimi parametri, affermandosi che si tratta di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitare le impugnazioni che non derivano
da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi in limine
impugnationis, in presenza della previsione di correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324 – 01), non comportando alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, in quanto disposizione che regola le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché non collide né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01).
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deciso il 16 aprile 2025