Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27382 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27382 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a PRATO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME in Cina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/01/2024 della CORT)APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto che i ricorsi vengano rigettati;
lette le conclusioni del difensore dei ricorrenti AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con ordinanza del 18/01/2024, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del 17/05/2023 n. 1163 del Tribunale di Pavia, evidenziando che la sentenza era stata pronunciata nei confronti dello NOME, quale imputato libero presente, e nei confronti della COGNOME quale libera assente, in relazione ai quali non solo mancava la dichiarazione ed elezione di domicilio degli imputati, ma anche era da rilevare la assenza della sottoscrizione della impugnazione, sottoscritta esclusivamente dal difensore nell’impossibilità di ricondurla in alcun modo alla imputata COGNOME.
Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, con argomentazioni sovrapponibili, COGNOME e COGNOME, con motivi che si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 delle disp. att. cod. proc. pen. La difesa ha dedotto l’illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., attesa l’irragionevolezza della disposizione sotto il profilo del principio di parità delle parti ai fini dell’impugnazione, attesa l’imposizione al difensore di sollecitare al suo assistito al rilascio della dichiarazione o elezione di domicilio nei ristretti termini previsti per l’impugnazione, nonostante possa essere presente e rilevante una elezione o dichiarazione di domicilio già acquisita agli atti, senza realizzare una irragionevole cesura nel percorso della difesa tecnica e nonostante l’evidente portata del combiNOME disposto dell’art. 164 e dell’art. 601 cod. proc. pen., anche considerato che altrimenti la diversa disciplina di cui all’art. 581, comma 1-quater, non avrebbe alcun senso e non si differenzierebbe realmente da quella del comma precedente.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché proposti con motivi generici e manifestamente infondati.
In via preliminare si deve osservare come questa Corte abbia già evidenziato, con decisione che qui si intende ribadire, come non risulti alcun profilo di illegittimità costituzionale nell’ambito della disciplina genericamente criticata dai ricorrenti nella parte iniziale del loro motivo di ricorso. Si è in ta senso affermato che è manifestamente infondata la questione
di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep.2024, Terrasi, Rv. 28590001).
3 . Nel resto poi i motivi di ricorso si appalesano del tutto generici ed aspecifici, non avendo la difesa esplicitato le proprie difese in relazione alla diversa posizione dei ricorrenti nel corso del giudizio (uno presente e l’altra assente), non ha in alcun modo allegato elementi quanto alla ricorrenza ed avvenuto deposito di una valida elezione o dichiarazione di domicilio, non ha richiamato l’intervenuto conferimento di un mandato ad impugnare, senza poi confrontarsi quanto alla COGNOME con la ratio decidendi che ha evidenziato l’omessa sottoscrizione da parte della stessa dell’atto di appello, appunto sottoscritto dal solo difensore, e in alcun modo riconducibile alla stessa. Quanto invece allo COGNOME occorre osservare che questa Corte ha già affermato, con principio che qui si intende ribadire, che in caso di imputato non processato in absentia la dichiarazione o l’elezione di domicilio richieste ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. possono essere effettuate anche nel corso del procedimento di primo grado, e non necessariamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che siano depositate unitamente all’atto di appello (Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, COGNOME, Rv.285936-01) o quanto meno compiutamente e precisamente allegate nella intestazione dell’atto di appello dal difensore del ricorrente (Sez. 2, n. del 29/02/2024, COGNOME). Nel caso concreto è tuttavia lo stesso ricorrente ad avere evidenziato che la richiamata elezione di domicilio non solo non è stata allegata all’atto di appello, ma neanche richiamata nella intestazione dell’atto stesso, così come correttamente
evidenziato dalla Corte di appello e riscontrabile dagli atti in relazione al tipo di vizio dedotto.
l i. In conclusione, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30 aprile 2024.